“Vincerò . L’ultima partita con Luciano Pavarotti” allo “Spazio Libreria”

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Giovedì 25 agosto 2016, ore 21,30, allo “Spazio Libreria” della “Festa Pd” di Ponte Alto a Modena, presentazione, in anteprima, del libro “Vincerò. L’ultima partita di Luciano Pavarotti”, appena pubblicato dalle “Edizioni Artestampa”. Sono presenti i due “amici della briscola” , Giulio Bonacini (detto Bòla) e Luciano Ghelfi (il Colonnello) che hanno accompagnato il grande tenore  in giro per il mondo,  giocando a carte e concorrendo a distendere Luciano Pavarotti prima delle sue “infinite” esibizioni applaudite nei cinque Continenti. Dalle loro confessioni, dai loro ricordi è nata una “biografia alternativa” ricca di curiosità e aneddoti sull’artista e sull’uomo. Per arricchire l’incontro è prevista la presenza di Edwin Tinoco (Tino) per decenni , il bravissimo, fedele “maggiordomo”  di Luciano Pavarotti (autore, tra l’altro, di un bellissimo, partecipato libro, “Io e il Maestro” che è un atto d’amore e di profonda stima per il grande tenore, libro che, purtroppo, finora non è stato pubblicato, per il divieto di Nicoletta Mantovani.  E’ prevista anche la partecipazione del soprano Joanna Lewinska e della  pianista Donatella Dorsi che eseguono un mini-concerto dedicato a Luciano Pavarotti con brani da Puccini  (dalle’opere “La Rondine”- Chi il bel sogno di Doretta ;   “-   “La Boheme”- Quando me’n vo” e da “Gianni Schicchi” – O mio babbino caro-)   e Verdi (“ dall’opera “La Traviata” – E strano… e strano… Ah, forse è lui. Sempre libera degg’io-)

 L’incontro è introdotto e coordinato dal giornalista Roberto Armenia. La lettura del libro “Vincerò. L’ultima partita di Luciano Pavarotti”  può essere un modo per saperne di più su una delle glorie di Modena ed anche per rendere omaggio all’uomo e all’artista che ha fatto onore alla nostra città, in occasione dei nove anni dalla morte del grande tenore –avvenuta il 6 settembre 2007-.

L’ingresso è libero.  I “due amici della briscola” Giulio Bonacini  (detto Bòla) e Luciano Ghelfi (il Colonnello) sono a disposizione per rispondere a domande e curiosità dei presenti e per dedicare-firmare copie del libro “Vincerò. L’ultima partita con Luciano Pavarotti” (Edizioni Artestampa).

“Vincerò. L’ultima partita con Luciano Pavarotti” è un romanzo appena pubblicato dalle “Edizioni Artestampa” . L’autore si chiama Rocco Mastrobuono, “l’intellettuale della Piana di Gioia Tauro, l’editor fallito –così si presenta- lo scrittore fallito, il plurilaureato fallito” , quarantenne figlio del DAMS (ricordate : è la facoltà dell’Università di Bologna di Umberto Eco, per alcuni anni sinonimo di cultura) , che confessa : “non amo le tecnologie, mi sono formato sui libri. Ebbene, questo strano, misterioso autore in cerca di successo, vuole scrivere una “biografia alternativa”  sul grande tenore Luciano Pavarotti. Ma prima di procedere, un dubbio, una domanda: chi è questo Rocco Mastrobuono ? Esiste ? Oppure è frutto della fantasia dell’editore? . D’altra parte, negli ultimi decenni non sarebbe il primo. Basta pensare al fenomeno “Berlinguer e il professore” – solo dopo anni di successo , si seppe che l’autore era il giornalista Gianfranco Piazzesi-; basta pensare che dietro lo pseudonimo Sveva Casati Modignani  si nasconde  una coppia di giornalisti, la milanese Bice Cairati e suo marito, il modenese Nullo Cantaroni;  basta pensare a quanto avviene, oggi, per la scrittrice di successo Elena Ferrante –autrice di best-seller come  “L’amore molesto”, “I giorni dell’abbandono” e “ Storia delle bambine perdute”- che, però, nessuno ha mai incontrato, nessuno conosce, né sa se esiste veramente.  Dicevamo che questo sedicente intellettuale rassegnato al precariato vuole scrivere una “biografia alternativa” di Luciano Pavarotti. Per farlo, per documentarsi si rivolge ai due “amici della briscola” superstiti . Erano quattro amici al bar, come nei maggiori teatri , nei più lussuosi alberghi di tutti i Continenti: Lucianino alias Luciano Pavarotti, Giurgin  cioè Giorgio Maletti  (era il padre di Francesca Maletti, presidente del Consiglio Comunale di Modena),  il Colonnello cioè Luciano Ghelfi e Bòla cioè Giulio Bonacini (che è anche lo zio di Carlo Bonacini, titolare delle “Edizioni Artestampa”) . Erano quattro amici conosciuti (non solo a Modena) come “il gruppo della briscola” , “ragazzi di parrocchia” di San Faustino, nati tra via della Pace e via Giardini . La loro amicizia è durata per tutta la vita, fino alla morte (di Luciano Pavarotti e di Giorgio Maletti) e li ha visti uniti, in giro per il mondo, per espressa volontà di Luciano Pavarotti, che era “malato di compagnia” e voleva con sé i tre “amici della briscola” (anche nelle ultime tournèe a Tokyo, in Australia, Nuova Zelanda, Cina –Pechino e Shanghai- alle Barbados, negli stati Uniti, a Taiwan, e durante l’ultimo “maxi ciclo di esibizioni organizzato dal manager dei “Beatles” –purtroppo , interrotto per l’aggravarsi del male incurabile – tumore al pancreas-  del Maestro Pavarotti-.  Li voleva con sé  per giocare alle carte, a pinnacolo e briscola, soprattutto. Sempre, rigorosamente su tavolini che Pavarotti faceva costruire a Modena e si faceva spedire nelle diverse città dove si esibiva perché, scrive l‘autore, “ in due secondi passava dalla briscola alla ribalta…lui che non usciva mai di scena”. Ebbene, per poter scrivere questa “biografia alternativa” di Luciano Pavarotti, l’aspirante scrittore di successo Rocco Mastrobuono  frequenta la “Polisportiva Invicta San Faustino” (era quella legata alla parrocchia, in contrapposizione alla “Polisportiva S.Faustino” legata alla sinistra, al partito da 70 anni egemone a Modena). Qui si ritrovano i due amici superstiti del “gruppo della briscola”. Mentre giocano a carte (loro professione esclusiva, oggi, che sono in pensione) e nelle pause di gioco, dopo esserseli “ingraziati “, offrendo loro caffè, Fernet e ammazzacaffè, il nostro autore cerca di intervistarli o meglio cerca di carpire dai due ottuagenari curiosità, aneddoti, “dettagli, note a margine” per scrivere una “storia nostalgico-intimistico-scandalistica” che faccia luce anche sulla vita privata, sulle donne, sul testamento ( i testamenti) e sull’eredità di Luciano Pavarotti. Ma i due “amici della briscola” superstiti non cadono nel tranello. Attraverso il “pozzo della memoria” , ci offrono un affresco di Modena e dei modenesi e, soprattutto, di Luciano Pavarotti, uomo e artista, estremamente generoso, che ha sempre avuto due grandi passioni, i cavalli e la cucina. L’autore cita   : “se proprio devo morire, preferisco morire mentre mangio e si buttò sul piatto” , confessione che Pavarotti ha fatto durante un burrascoso volo aereo per la Romania. Così come cita le salse e le varie specialità alimentari che si faceva inviare da Modena, in ogni parte del mondo.  Modena è sempre presente nel libro . Lo è nei ricordi del grande tenore per Giorgio Fini (ricordo che porta l’autore a giuste ma amare considerazioni sugli imprenditori modenesi e sulla fragilità nelle loro successioni), s
oprattutto lo è per il cibo (dai salami alle fiorentine di manzo, alle galline fatte venire da Modena fino alle Barbados. D’altra parte l’arte culinaria rilassava il nostro protagonista)  e negli affetti.  Per collaboratori fedeli e affidabili come Edwin Tinoco , per tutti Tino, il bravissimo “maggiordomo”  peruviano che lo ha  assistito per decenni , che, tra l’altro, ha scritto una bellissimo, sincero libro “Io e il Maestro” che è un atto d’amore e di stima per Pavarotti, libro che, purtroppo, finora non ha potuto essere pubblicato per il divieto di Nicoletta Mantovani, collaboratori come la massaggiatrice Veronica. Per  gli “amici della briscola” ma anche e, soprattutto, per la sua famiglia, la prima con la “storica fidanzata” e poi moglie e manager , per 36 anni, Adua Veroni con le loro tre figlie, Cristina in primis ,  ed anche  la seconda con Nicoletta Mantovani e la piccola Alice.Presente è anche la vulcanica sorella del Maestro, Gabriella con l’adorato nipote.  Negli ultimi tempi di vita, si dice che Pavarotti si rammaricasse per avere dato l’80% alla musica e solo il 20% alla famiglia, con il pensiero per la “piccolina che è nata quando lui era già anziano, in cattiva  salute ed era destinata a crescere in mezzo ai milioni ma senza padre, senza ricordi che non fossero fotografie o dischi”.  E’ un affresco a tutto tondo di Pavarotti artista  e uomo , con riferimenti anche ai successi  con “Vincerò” a Pechino e, a richiesta generale, dopo dieci anni “che non si attentava”  di cantare,  “Nessun dorma” , dopo i successi con le diverse edizioni  della rassegna benefica  modenese “Pavarotti & Friends” , con “il concentrato di kitscher e vipperia” , rassegna che è stata “galeotta” per la conoscenza di Nicoletta Mantovani, che era, giovanissima segretaria dell’agenzia “Simmetrie” di Bologna, che ha organizzato alcune edizioni della rassegna musicale e mondana.  Il libro scrive sia di Adua (per gli “amici della briscola” , gran donna ) sia di Nicoletta (“bimba vestita da Signora” a Pesaro, poi presentata come “donna dalla volontà metallica e dagli infiniti mezzi” capace di controllare ed autorizzare solo il materiale da lei approvato –gradito. “ E i biografi non autorizzati? Tutti morti o gravemente offesi, invalidi”). A questo punto, parafrasando  Mallarmè, diciamo che non aggiungiamo altro perché non  vogliamo togliere il piacere della lettura . Possiamo e vogliamo soltanto sottolineare che il libro “Vincerò” è ricco di curiosità ed aneddoti su Pavarotti artista e uomo:  da quello sulla “verdùra”  (piatto della cucina tradizionale modenese)  nell’isola di Taiwan , con Pavarotti che fa ripetuti brindisi al Sindaco e alle autorità presenti con rinnovati “cin cin” finchè non gli dicono che “cin cin “ nella loro lingua significa “cazzo”, all’ aneddoto che ci porta a New York: Pavarotti “ha 64 anni, il diabete e un sacco di guai. Va nel Casino di Donald Trump, il Taj Mahal di Atlantic  City”  –monumento al kitsch- . “Pavarotti sta male, ma Trump ha fatto il tutto esaurito. Con biglietti costosissimi”, fino a 800 dollari. “Lo riempiono di cortisone e porta avanti la serata faticosissima e senza bis. Donald Trump rivuole indietro i soldi” oppure deve rifare –gratuitamente- il Concerto. Due mesi dopo, Pavarotti fa un “concerto riparatore” . E Trump fa di nuovo il tutto esaurito. Con un pubblico in gran parte rinnovato  e che ha pagato per intero i costosissimi biglietti (ma anche coloro che avevano partecipato al primo Concerto non hanno ricevuto alcun risarcimento né sconto: hanno dovuto pagare di nuovo i loro biglietti). Un altro aneddoto  ci porta al Teatro  San Carlo di Napoli ( nell’anno 1996) per la rappresentazione dell’”Elisir d’amore” di Donizetti,  con Pavarotti sofferente di gola che fa vestire da contadino  il fedelissimo Tino , per farlo salire sul palcoscenico e, confuso, tra i protagonisti e i coristi  , supportare di continuo il grande tenore con caramelle speciali per la gola e consentirgli , così, di cantare “Una furtiva lacrima” . Oltre alle caramelle, il bravo “maggiordomo peruviano”, ha portato  con sé un piccolo sgabello per consentire a Pavarotti di sedersi per riposare , anche durante la rappresentazione. Un altro aneddoto-curiosità ci viene dalla disputa se Pavarotti ha debuttato prima al Teatro Comunale di Reggio Emilia, con la “Boheme” oppure in casa dell’amico Giorgio Maletti, la cui madre è stata la prima a “a capire che Lucianino ci aveva l’oro in bocca” . Potremmo continuare a lungo ma (come sopra scritto)  è meglio  leggere il libro, che è scritto in modo scorrevole, chiaro e divertente.  Con tanti personaggi e persone più o meno conosciuti e facilmente identificabili : come Franco e Gino , che hanno sostituito Lucianino e Giurgin, defunti, nel “gruppo della briscola”; come il misterioso e interessante –e subdola  “gola profonda”- , Victor; come Gino la rana della “Polisportiva”, come l’affittacamere Lina –la classica “braghera” di casa nostra e la brutta figlia Chiara, segretaria di una maga; come il mago nepalese, tantrico, Phachanda, specializzato in “fatture” contro l’apparato genitale; come la guaritrice di Pesaro che, per lungo tempo, ha “seguito-assistito” Pavarotti; come la maga (o meglio “sensitiva”) di Bomporto; come il Dalai Lama; come il mitico manager di Pavarotti per gli Stati Uniti, Herbert Breslin (che, però, con la giornalista Annette Midgette, ha scritto un libro ingeneroso e fondamentalmente non rispondente alla verità contro Luciano Pavarotti); come Madelly Renè, grande artista con la quale “più che un  volgare flirt, ebbe un sodalizio spirituale” . Sono tutti descritti, cesellati  con i loro caratteri e nelle loro virtù e debolezze.  Quindi il libro ci regala anche una  variegata galleria di persone e personaggi che,  mutuando Leonardo Sciascia de “Il giorno della civetta”,  si possono dividere in “uomini, mezz’uomini, ominicchi  (con rispetto parlando), piglianculo e quaquaraquà”                                                                

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