(Mi riferisco all’articolo “Adesso basta su Eluana” ed al commento “realtà terrificante” firmato Rivarol.)
Appartengo alla schiera di sprovveduti che ritengono che Eluana fosse viva (senza virgolette che gradirei sapere che cosa sottintendono) prima di essere amorevolmente uccisa da una nutrita equipe di professionisti e di funzionari.
Visto che siamo in tema, gradirei anche chiedere a chi insinua dubbi sul fatto che fosse viva o afferma con sicumera che non lo fosse: se non era viva, Eluana chi o che cosa era?
Dopo questo breve preambolo vorrei sommessamente far notare che Eluana, diciassette anni or sono, altri non era se non una di quelle persone che si esige di voler salvare dalla “macelleria, dalla speculazione inumana e dalle operazioni nazi-bestiali”. (Le virgolette non sottintendono una volontà di attribuzione di significato diverso alle parole, ma semplicemente indicare che sono tratte da un altro commento).
Eccepisco che la legge in questione preveda l’espianto di organi quando la persona ancora vivente sia ancora “magari in stato cosciente” (con le virgolette per i motivi di cui sopra).
Per quanto mi risulta, la famigerata legge impone alcune condizioni, troppo lunghe da elencare per esteso in questa sede, fra cui questa:
Art. 2 comma 2: “La morte nei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie si intende avvenuta quando si verifica la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo ed è accertata con le modalità clinico-strumentali definite con decreto emanato dal Ministro della sanità.”
Le modalità clinico-strumentali di cui si fa cenno, impongono al medico della struttura sanitaria di dare immediata comunicazione alla Direzione sanitaria dell’esistenza di un caso di morte per cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo, nei casi di contemporanea e persistente:
a) assenza dello stato di vigilanza e di coscienza, dei riflessi del tronco encefalico e del respiro spontaneo;
b) assenza di attività elettrica cerebrale;
c) assenza di flusso ematico encefalico, nelle situazioni particolari previste al comma 2.
Tutto ciò viene comunemente riassunto nella locuzione “EEG piatto”.
“Il 18 gennaio 1992 si verificò un incidente stradale a seguito del quale fu diagnosticato ad Eluana Englaro, un gravissimo trauma cranio-encefalico con lesione di alcuni tessuti cerebrali corticali e subcorticali, da cui derivò prima una condizione di coma profondo, e poi, in progresso di tempo, un persistente Stato Vegetativo con tetraparesi spastica e perdita di ogni facoltà psichica superiore, quindi di ogni funzione percettiva e cognitiva e della capacità di avere contatti con l’ambiente esterno.”
Così recita il decreto della corte d’appello di Milano del 9 luglio 2008.
Il coma profondo è una condizione ben diversa dalla “morte cerebrale”; ovvero, riassumendo molto:
il coma non è indice di cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello: può accadere che un paziente in coma profondo sia in grado di respirare da solo e di risvegliarsi.
Per questo condivido appieno il pensiero espresso nell’articolo “Adesso ancora su Eluana” di Ugolino, ove questi richiede implicitamente la radiazione dall’Albo dell’Ordine dei medici di chi ha fatto affermazioni che denotano un’ingiustificabile incompetenza professionale e una grave compromissione deontologica.
Ne consegue che Eluana, ben lungi dall’essere morta, non poté subire il 18 gennaio 1992, e neppure in seguito, alcun espianto di organi poiché non è mai stata in condizioni di “morte cerebrale”.
E allora, di grazia, per quale motivo appellarsi ad un presunto “sacrosanto diritto a rifiutare l’alimentazione e l’idratazione forzata, come qualsiasi altro trattamento/tortura imposto ad oltranza e non richiesto”?
Quale differenza si ravvisa fra Eluana e tanti giovani, dopo poche ore dagli incidenti, vengono smembrati?
Anch’essi, sono curati, accuditi, alimentati, idratati, sottoposti a interventi chirurgici, a terapie intensive. Anche in questi casi, secondo questa logica un po’ troppo traballante, si tratterebbe di “trattamenti/torture imposti ad oltranza e non richiesti”, o sbaglio? Oppure si vuol sostenere che la discriminante è il tempo trascorso? E quanto deve essere il tempo per trasformare ciò che è dovuto, che si attua in terapia intensiva, in “trattamento/tortura imposto ad oltranza e non richiesto”? Dove possiamo porre questo limite e, soprattutto, chi lo decide? Il Signor Englaro, ad esempio, con una certezza granitica ha stabilito subito che questo tempo fosse nullo. Subito dopo l’incidente infatti, mentre la madre di Eluana, disperata, implorava i medici di salvarla a qualunque costo, egli tentò di imporre ai medici di non intervenire e di lasciare che Eluana morisse subito.
Invece di attribuire la sprezzante definizione di “commentucoli” nei confronti degli scritti di chi, profondamente colpito per l’omicidio premeditato di Eluana, ha espresso con veemenza la propria indignazione, varrebbe la pena di rispettare la coerenza logica di ciò che si scrive, eventualmente documentandosi un po’ meglio su quanto disposto della legge 578/93.
Anche questo per il bene di tutti.
Nei confronti di questa legge, forse non l’ho ancora scritto, nutro un profondo dissenso.
Questa legge ha trasformato un atto di incommensurabile amore qual è la donazione di un organo in un mercimonio scandaloso e aberrante.
Questa legge si presta, come tutte le leggi umane, giuste o sbagliate che siano, ad essere interpretata, distorta, aggirata o deliberatamente violata per soddisfare interessi che sovente nulla hanno a che fare con l’amore vero, con la vita (ancora una volta senza virgolette) e mol
to hanno a che fare invece con la sperimentazione selvaggia, con l’impiego di strumenti e di farmaci sempre più sofisticati e con il fiume di denaro che ne deriva.
Contro questi interessi, ritengo, si scontra la volontà di chi chiede l’abrogazione della legge 578/93. L’indignazione profonda e l’orrore verso le vittime della predazione esistono così come esiste la necessità di abrogarla. La difficoltà apparentemente insormontabile sta nel riuscire a catalizzare questa indignazione in un movimento di opinione che abbia una vasta eco.
Forse occorre una maggiore apertura verso coloro che, seppure con prospettive diverse, difendono da sempre la vita umana dal primo all’ultimo istante: gli errori del passato, se errori vi sono stati, si possono correggere.