Chi guardasse la cronaca politica post elettorale da una posizione distaccata e non fagocitata dal susseguirsi compulsivo dei notiziari quotidiani, scoprirebbe come siano stati cinquanta giorni di nulla, inutili.
Scrivo queste righe prima di conoscere i risultati del Molise perché non voglio esserne influenzato; se davvero, come sembra, bisognasse aspettarne i risultati per avere conferme o nuove prospettive della forza di ogni partito, potevamo evitarci le consultazioni fatte e rimandare a domani ogni mossa.
Se invece si poteva procedere comunque, bastava occupare per un giorno un palazzo, infilarvi dentro le delegazioni, come si faceva al Gallia con il calciomercato e dare il via libera alle trattative, nel più assoluto silenzio stampa fino a quando diventasse possibile annunciare la trovata maggioranza.
Dovremmo instaurare una specie di conclave laico: tutti dentro sprangati; fateci sapere quando avere finito e, in ogni caso, entro una settimana decidete perché altrimenti si indicono nuove elezioni.
Invece due giorni ci pensa Mattarella, poi due giorni per ascoltare le delegazioni, due giorni per riascoltarle, quindi sosta di riflessione, mandato esplorativo, giorni per ottemperarle ecc. ecc. fino a ieri, praticamente di nuovo al via come al 5 marzo. Ogni attimo un passo avanti e uno indietro, una tela di Penelope fatta soltanto di parole. Di convenienza, non di verità.
E’ un rito senza senso, una partita a briscola bloccata se non si pescano carte nuove dal mazzo, fatta per tentare di nascondere le carte possedute, quando invece è una briscola scoperta.
Dalle urne sono uscite due forze ‘nuove’ (la Lega, in realtà, restaurata), ma finora non hanno espresso niente di nuovo; sembrano anzi a proprio agio nel dribblare e fare giochetti verbali ad uso degli elettori, dove la verità è ciò che conviene, dal programma alle forze da coinvolgere. Tutto quanto dichiarato in un mese e mezzo potrà essere da domani annullato, modificato, corretto, attenuato, nascosto, come già è stato fatto con quanto ha preceduto il 4 marzo. La liquidità dei partiti, detti infatti movimenti, rischia di tradursi in una totale liquidità dei programmi.
Le domande rimaste senza risposta in queste settimane, sono sempre le stesse: può o vuole Salvini staccarsi da Berlusconi? Può o vuole il M5S essere disponibile a riconoscere un ruolo a Forza Italia? Può o vuole il Pd essere l’altro forno del M5S?
Non essendoci stati nel frattempo congressi, consultazioni della base o altre forme di ‘democrazia’ partecipativa, tutto poteva essere deciso all’inizio.
E forse, se al centro dei pensieri di tutti, ci fossero i cittadini e non i propri gruppi di potere, la soluzione sarebbe già stata trovata.
Adesso, guardando ai voti del Molise, ho un’ulteriore conferma; sono stati giorni di nulla.