Gli esseri umani hanno fatto di un gesto istintivo, indispensabile, ma in un certo senso sgradevole, come l’imbottirsi di cibo, qualcosa di elevato, che riunisce, esalta e cementa i legami familiari, l’amicizia, la collaborazione.
Quando accogliamo qualcuno alla nostra tavola, quando mangiamo con le persone che amiamo, con amici o con persone a noi vicine nell’attività lavorativa, è come se idealmente iniziassimo a camminare insieme.
Dopo non saremo più degli estranei gli uni per gli altri, perché abbiamo condiviso il primario bisogno, quello di nutrirci, sublimato e reso nobile con la conversazione, con lo scambio delle idee e delle emozioni, con il brindisi, a volte solenne, a volte scherzoso, che i commensali si concedono, con il sorriso sulle labbra e i bicchieri sollevati. Perché il vino, che è a sua volta prezioso alimento, è allo stesso tempo anche “sfizio” , è un premio, è un gradito pretesto, è occasione di convivialità, suggello di patti amicali, risalto per le occasioni festose.
Occasioni nelle quali, ad un amico caro, a chi vogliamo bene, ad una persona che rispettiamo e ammiriamo, facciamo onore, stappando una bottiglia speciale, che contenga un vino pregiato e buono, per il rito del brindisi a cui nemmeno le persone astemie si sottraggono mai, perché è un gesto carico di significati positivi e benauguranti, negli affetti, nella salute, negli affari.
Non si mangia alla stessa tavola, né si alza il calice, con un nemico.
“Grande è la fortuna di colui che possiede un buon libro, un buon amico e una buona bottiglia di vino”
Potrebbe essere la ricetta della felicità, o della buona fortuna, e non solo per Molière, al quale queste parole sono attribuite.
Il vino fa parte della nostra civiltà e della nostra cultura, così profondamente che, per la ricchezza di vigneti, l’ Italia era anticamente chiamata Enotria.
Proprio la profonda e antica cultura del vino, radicata in ogni regione d’Italia, è una delle nostre prerogative e l’eccellenza, con una tale ricchezza di risorse, naturali e umane, per il vino italiano è una meta raggiunta.
E davvero pochi alimenti sono, come il vino, legati agli eventi grandiosi della vita e insieme alla normalità, alla quotidianità degli esseri umani.
Conoscerlo, saperlo abbinare, sorseggiarlo con moderazione e rispetto è segno di civiltà… Conoscerne l’origine geografica e storica, la lavorazione, le persone che lo producono, che “stanno dietro” a tutto questo è, invece, un privilegio.
Nelle nostre giornate, costellate di impegni familiari e di lavoro, dove ogni cosa è all’insegna della fretta, acquisti alimentari compresi, abbiamo perduto, o meglio smarrito, il piacere di conoscere ciò che mangiamo, beviamo, ciò che diamo ai nostri figli.
Nella globalizzazione esasperata è grande il rischio di perdere la nostra identità, le nostre radici, le nostre tradizioni, come pure le nostre abitudini alimentari. Ogni iniziativa che ne promuova la conoscenza è perciò
E, così come i restauratori con la loro maestria restituiscono al nostro sguardo ammirato l’abbacinante bellezza dei dipinti, o la maestosità di antiche dimore, con la stessa passione, con lo stesso amore, con la stessa dedizione, c’è chi riporta a nuova vita antichi sapori, antichi cibi, antichi vini. Talvolta proseguendo un’attività di famiglia, mai interrotta, come accade per il produttore del famoso formaggio “erborinato Blu del Montefeltro”[1] o per l’inventore del “cheese-party” all’italiana,[2]. Oppure tradizione ripresa, come per chi, folgorato e misteriosamente attratto dal paesaggio che, da Firenze, lo portava a Torino, a studiare Filologia romanza, ha ripreso le antiche tradizioni di famiglia, tornando a produrre il superbo Lessona.[3]
All’uomo, soprattutto negli ultimi decenni, viene imputato il degrado del Pianeta, lo sconvolgimento del clima, l’umiliazione della Natura, sfruttata ma non rispettata. Tornare a produrre, secondo antiche regole, darà prodotti migliori, per la nostra sopravvivenza, per la nostra salute, per il nostro buon umore, per la nostra vita.
Il cibo, genuino, gustoso, sano, semplice o elaborato con cura… il vino, altrettanto genuino, gustoso, sano, semplice o elaborato con cura.
Il produttore che ha una così ricca tradizione alle spalle non ambisce soltanto a vendere… desidera farlo rispettando i destinatari di questi prodotti, rendendoli partecipi del lavoro, della cura e della sapienza che sta dietro ognuno di essi.
Quando si è anonimamente serviti da chi sta dietro un banco e che talvolta nemmeno sa ciò che sta vendendo, conoscere tutto questo non è possibile e non è possibile neppure trovarlo sempre nella quantità sterminata di proposte di vendita sul Web. Anche qui, come in ogni settore, è saggio operare una scelta. La tecnologia, che è al servizio dell’uomo, ci consente di essere più informati, perché l’esigenza primaria è quella di essere non semplici acquirenti, ma consumatori, da tutelare e servire, persone alle quali trasmettere anche la cultura e la conoscenza, presenti in ogni attività umana.
Cito e consiglio, a questo proposito, di visitare il sito Il Vinauta,[4] nel quale, alle proposte commerciali, ai tour enogastronomici, si fondono armoniosamente la ricchezza di contenuti, la professionalità e l’entusiasmo, cosa rara, in questi tempi in cui è più facile essere pessimisti.
Mi piace, infine, riprendere un concetto che cito a memoria, quindi non con le esatte parole, di Andrea Sinigaglia[5] che esalta il rapporto tra l’Uomo e la Vite…una pianta strisciante, che l’uomo con la coltivazione, ha innalzato, facendola diventare pianta aerea, nobilitandola.
Il vino è la sua ricompensa.
Ago D’Alessandro Zecchin
[2] Gabriele Invernizzi ha inventato un nuovo modo per degustare i suoi formaggi, piccoli bocconcini di taleggio, latteria, caprini e altri di sua produzione, abbinati a frutta, verdura e spezie.
[4] Organizzatore dell’evento
[5] Responsabile Alma Wine Academy