Di Vladimir Bukowski ricordo quando venne scambiato a Berlino sul ponte sulla Sprea con l’esponente comunista cileno Corvalan, scambio con il quale l’URSS confessava al mondo di avere dei detenuti politici, cosa che aveva sempre negato. Qualche tempo dopo lo scambio ebbi modo di seguire su una televisione francese la conversazione fra lui e un gruppo di squittenti radical-shick che cercavano di opporgli luoghi comuni sull’URSS cui lui, che aveva provato le gioie del Gulag, ribatteva sorridendo con calma.
Adesso Bukowski ha scritto un libro in cui chiama l’Unione Europea EURSS e sostiene che si va avvicinando, in tema di libertà personali, a quanto succedeva nella defunta URSS. Non è l’unico a notarlo, sebbene sia il più qualificato avendo goduto i piaceri del paradiso comunista.
Sull’inglese The Telegraph del 5 aprile David Green scrive un articolo intitolato L’Unione Europea e la morte di uno stato libero. In esso esamina la deriva autoritaria dell’UE con la smania di normare anche i più minuti dettagli della vita dei cittadini, siano essi la lunghezza delle banane, il numero di piselli in un baccello o la lunghezza dei preservativi e dice che è in pericolo molto di più della nostra prosperità, ma la capacità di mantenere il nostro contributo distintivo alla civiltà occidentale.
“Una nazione-afferma – non è solo un gruppo di persone con un sistema di governo, non più di quanto sia solo un’economia: è un completo modo di vita; una civiltà. Con la gente di molti altri Paesi abbiamo sviluppato quello che risultò essere il modo di vita di maggior successo che sia stato scoperto fino ad oggi: la civiltà liberale. La sua conservazione è la grande sfida del nostro tempo. (…). La libertà chiesta dagli individui era non solo di essere liberi da vincoli, ma di avere la possibilità di assumere la responsabilità delle nostre proprie vite.(…) Una società civile vigorosa che accoglie le associazioni indipendenti di successo è il segno di una forte comunità, non di una che sia sospettosa delle organizzazioni private come potenziali rivali per il potere. (…) Lo stile di governo favorito dall’UE è molto differente dal libero Stato per sviluppare il quale i nostri antenati combatterono per molti secoli. La UE è un male per la democrazia, è un male per la libertà personale, è un male per una società civile pluralistica.
È un male per la democrazia perché ha afferrato un potere che cerca di togliere il potere di controllo da nazioni che sono state e rimangono la migliore salvaguardia contro l’abuso del potere politico. (…) L’unica base legittima dell’uso della forza da parte di un governo è che abbia avuto consenso popolare, ma i legislatori di Bruxelles sono sciolti dal tale responsabilità (…) La UE è male per la libertà personale e per la società civile in quanto si oppone al libero Stato, in cui il governo crea un campo protetto in cui i suoi popoli possono sviluppare al massimo le loro capacità positive.(…) “
Mi sento di sottoscriver quanto l’articolista (che è anche autore di un libro La fine del libero stato ) afferma per l’Inghilterra. Non c’è dubbio che la UE assieme a qualche vantaggio, come la mancanza di conflittualità bellica tra gli Stati (ma si sta combattendo una guerra economica non meno perniciosa) o la possibilità di libera circolazione (fino a che l’eccesso di immigrati richiederà la chiusura delle frontiere) abbia portato ad una compressione delle libertà individuali, accresciuta ancora in Italia da tutta una serie di leggi liberticide imposte dai governi di sinistra.
I giovani non se ne accorgono perché in tempo di regime gli si può far credere qualsiasi cosa. Come accadeva in URSS quando facevano credere che era in Occidente che si moriva di fame!