Barbara pars laeva est …[1]
Ci sono gesti che negano l’evidenza concla
Pace e rispetto, affinché non siano parole prive di senso o, peggio, banderuole multicolori, richiedono una componente molto semplice, ma altrettanto irrinunciabile: la reciprocità.
La pace, per non sconfinare in melenso irenismo, va perseguita in ossequio alla giustizia ed alla verità, così come il rispetto deve essere ricambiato: ho rispetto di una o più persone e delle loro idee, anche se non le condivido, ma esigo il medesimo rispetto.
Quanto all’altra parola magica, “integrazione”, la intendo nel solo modo possibile ed accettabile: deve essere ben chiaro chi si deve integrare e secondo quali regole.
Le aperture sconsiderate, la disponibilità al dialogo degenerata in sterile “dialoghismo”[2] e le azioni strumentali rivolte a finalità più o meno latenti, hanno obbligato e obbligano a negare aprioristicamente, acriticamente e puerilmente, la fin troppo evidente realtà che ci circonda.
Proclamare la Parola del Redentore senza rispetto umano è un dovere per i credenti ed è un dovere cogente per gli ecclesiastici. Sottacere e rinunciarvi, qualunque sia la motivazione sociale o politica, somiglia molto ad una colpevole omissione.
Le rettifiche, le smentite, i commenti che inesorabilmente seguono, hanno il gusto rancido della politichetta corretta, molto attenta all’equilibrio delle parole o dei silenzi sulla bilancina, ma molto distratta sui contenuti di ciò che si sta pesando. Su un piattino c’è una pietra preziosa: la conversione al Cristianesimo di un uomo intelligente, preparato, retto, illustre e risoluto. Sull’altro piattino un calcolo, un semplice calcolo di sapore politico, giustificato con il trito ritornello: accoglienza, rispetto, integrazione, multiculturalità, dialogo interreligioso.
Ci sono gesti che confondono.
Quella pietra preziosa ci sta offrendo una testimonianza di Fede di raro valore: si tratta di un uomo che si è convertito ed ha ricevuto il Battesimo cristiano; non in sacrestia alle cinque del mattino, ma alla luce del sole, pubblicamente, dalle mani del Pontefice. L’uomo non ha fatto calcoli. Egli non ha considerato le conseguenze che quel gesto avrebbe potuto e potrebbe generare alla sua persona. Ovvero non ha calcolato il rischio della propria vita. Eppure, nessuno lo avrebbe accusato di meschinità se si fosse fatto battezzare in segreto.
Questa pietra preziosa che ha dimostrato una tale forza d’animo, invece di essere acclamata ed illuminata dalla luce che promana dall’Altare del Duomo, è stata posta in lista d’attesa, quasi ci si vergognasse. Questo è un gesto che confonde e disorienta.
Confonde e disorienta i cattolici, s’intende, non i musulmani.
Per quanto concerne la “visione profetica”, considerato che si scrive: “preme incoraggiare la comunità cristiana modenese a non distogliere lo sguardo dal proprio orizzonte di comunione fraterna e di vita secondo il Vangelo”[3], invece di definire “complicati”[4] i tempi in cui viviamo, varrebbe forse la pena di ricordare un versetto di
“Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”.
Concetti chiari, espressi con semplicità, senza calcoli politici, senza timore di alzare steccati e senza il bilancino della politichetta corretta.
Ci sono gesti che dividono.
Codesti “messaggi di pace, rispetto e tolleranza”, codesti gesti, per come sono stati attuati, oltre che confondere e disorientare, dividono.
Dividono i cattolici: da un lato coloro che si proclamano “cattolici adulti” ed unici buoni detentori dell’ortodossia, dall’altro quelli che adulti forse non sono: fra questi ultimi mi dolgo di appartenere anch’io.
Questi ultimi tuttavia si pongono una semplice domanda:
– A
È triste constatare quanto inequivocabilmente dissonante sia il gesto di “posticipare il suo intervento per evitare strumentalizzazioni ed equivoci”[6] sancito dall’Arcivescovo di
È triste constatare quanto quel gesto attuato a
È triste e duole anche dover constatare che le opinioni di chi non condivide per nulla le giustificazioni addotte in difesa del gesto dell’Arcivescovo di
Repetita iuvant: il rispetto deve essere ricambiato: ho rispetto di una o più persone e delle loro idee, anche se non le condivido, ma esigo il medesimo rispetto.
I bollini colorati
La linea da seguire, per quanto mi concerne, è altrettanto certa ed inequivocabile: innanzitutto conoscere e seguire il Vangelo nella sua integrità, ossia con il rifiuto di letture o interpretazioni ideologiche, settarie, parziali o inclini al tolstoismo.
Se poi fossi costretto a scegliere fra la linea del Pontefice e la linea di un Vescovo, non esiterei un istante. Accadde in passato, un passato ormai remoto e tormentato anche per la Chiesa, che la condivisione da parte mia con la linea di un Vescovo fosse quasi totale e non lo fosse invece per la linea sancita del Papa: ma anche in quelle occasioni seguii il Pontefice in cattedra. Oggi, a maggior ragione, sposo totalmente la linea del Vescovo di Roma, Sua Santità Benedetto XVI, e così sarà anche in futuro.
Forse perché sono un cattolico non sufficientemente adulto.
Tutto ciò senza voler appiccicare bollini colorati, senza voler insegnare nulla a nessuno, senza pretendere di fornire consigli a chicchessia, men che meno ad un Arcivescovo.
Ugolino
[1] Publius Ovidius Naso – Tristia – Liber I, XI , 31 : Barbara pars laeva est avidaeque adsueta rapinae … – Tristezze – Lib. I, XI,
[2] Da Bice si dice – Ugolino – Il dialogo e il dialoghismo – 27.12.2005
[3] Gazzetta di
[4] Da Bice si dice: n° 124 – Che belli i silenzi del Vescovo, che tristezza “”i piu’ realisti del re”.
[5] La domanda se l’è posta anche don Giorgio Bellei, Parroco della Spirito Santo, http://www.spiritosantomodena.it/
[6] Comunicato della Curia arcivescovile di
[7] Forse vale la pena di ricordare che il verbo diab£llein (diabàllein) significa “calunniare, mentire, ingannare”, ma anche “dividere, mettere discordia”. Coloro che conoscono l’etimo di “diavolo” ne tengano conto.
[8] Gazzetta di