Avvocato Gian Carla Moscattini nel campo della politica cosa o chi oggi le fa ricordare “l’ircocervo”?
A mio padre ricorda senz’altro il PD; a mia figlia diciottenne: Modena e i suoi partiti, a me: alcuni partiti dell’opposizione a Modena
Eppure ci risulta che in diversi la sollecitino ad entrare in politica: cosa risponde a tal proposito?
Uno slogan elettorale divenuto molto popolare prima negli Stati Uniti e poi anche in Italia, in questi, mesi recita “Si può fare”
Oggi, vista la situazione preoccupante nella quale versa la politica nostrana, sostengo che la scelta di entrare in politica “si deve fare”.
“Si deve fare” perché il paese lo richiede,
“Si deve fare” come se si trattasse di una scelta obbligata;
“Si deve fare” come mission che dobbiamo al nostro paese specie nei momenti nei quali ha un estremo bisogno dell’apporto positivo della sua gente;
“Si deve fare” perchè si tratta di una straordinaria emergenza.
Mi hanno insegnato che una nazione alla deriva non si salva con l’intervento di corpi specializzati, ma con il contributo determinante della parte migliore del suo popolo. Non dobbiamo dimenticare che noi siamo ammirati nel mondo anche per avere saputo creare il nostro rinascimento. Sono convinta che siamo un popolo ancora in grado di dare vita ad una rinascita e ad un nuovo rinascimento morale, sociale, culturale e politico. Quindi, poiché le cose oggi stanno così, mi sento di affermare che si deve scendere in politica sperando che tutte le persone libere e forti facciano altrettanto !
Secondo Lei, di questa iniezione di questi nuovi soggetti politici, ne ha maggiormente bisogno la maggioranza che sostiene la giunta di governo del Comune di Modena o i partiti schierati alla opposizione?
Modena durante i suoi 60 anni ininterrotti di governo guidato dai partiti della sinistra, alla luce dei fatti, ha poi dimostrato una guida caratterizzata da scelte a volte riformiste a volte degne di un governo conservatore. Ad onor del vero questa guida a sinistra non ha mai ecceduto in scelte rivoluzionarie, ma al di là delle buone intenzione, 60 anni vissuti in assenza di alternanza politica finiscono poi, volenti o nolenti, per nuocere gravemente all’umore della città.
E’ fuori di dubbio che, a prescindere dallo spessore e dai meriti di chi l’ha amministrata, a Modena necessiterebbe “un nuovo governo” che rompa questa anomala assenza di alternanza democratica. Insomma si avverte l’esigenza di una nobile politica che sia in grado di superare e vincere la sclerosi da routine che sta paralizzando la normale prassi democratica. Un obbiettivo ambizioso, una meta impegnativa, ma bisogna farlo. Di certo non si può pretendere che la coalizione di centro sinistra che ancora oggi raccoglie quella così alta percentuale di consensi elettorali, dichiari di non volere più governare perché altrimenti non c’è alternanza di governo. Nemmeno dall’opposizione, che riesce a raccogliere solo minoranza, non si può pretendere che diventi maggioritaria per incanto.
Eppure sarebbe salutare per tutti un complessivo rimescolamento delle carte che vivacizzi ex novo tutta la partita politica.
Così per realizzare questo progetto secondo lei con chi bisogna schierarsi o a chi occorre guardare?
Innanzi tutto si tratta di decidere se si deve rimanere ancorati ad un modello di sviluppo che sta divenendo contemporaneamente causa ed effetto di questa nostra società, oggi in profonda crisi e orfana di punti di riferimento condivisi, oppure valutare se sia giunto il momento di dare vita e dare voce a nuove priorità o ancora di indicare nuovi percorsi e nuove mete in grado di assicurare un futuro meno incerto alla città
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Questa nostra società è malata e priva di solidi valori di riferimento, ma ad oggi non si intravedono coraggiose proposte culturali e politiche idonee a farci uscire da questa situazione. Il leghismo, che è in crescita nel modenese, appare il sintomo, il risultato della diffusa incapacità della politica dei partiti di sapere governare il nuovo, infatti diventare leghisti non credo sia la soluzione dei problemi.
Secondo me c’è una carenza, c’è una difficoltà nel riuscire a mettere a disposizione del progetto di rinascita morale, culturale e civile di cui ha bisogno la città, le energie e i valori che sono radicati tra pieghe importanti della società civile. Eppure questa è una nuova strada da percorrere. E’ la scelta obbligata di persone che non hanno paura, dei liberi e dei forti, dei coraggiosi e dei volonterosi che rimangono tali pure se provenienti da diverse matrici culturali. E’ una scelta che dovrebbe coinvolgere principalmente quelle realtà con una indubbia memoria storica, ma che vogliono guardare molto di più al futuro piuttosto che riproporre quello che hanno rappresentato nel nostro paese, in un Italia che non c’è più.
La cultura laica, sia liberale che socialdemocratica, come quella legata alla tradizione dei cattolici democratici, non sono un handicap per ridisegnare un assetto di città più vivibile e sostenibile fondata su rinnovati capisaldi e presupposti valoriali. E poiché ci troviamo in una situazione di straordinaria emergenza, non troverei disdicevole questo apporto di culture solitamente contrapposte. Anzi ritengo necessario che si pervenisse ad una sintesi, ai livelli più alti. Sintesi possibile grazie ai valori di riferimento dei cattolici democratici, meno sottoposti alle convenienze, al relativismo etico, al pragmatismo e al trasformismo di comodo, che ha poi permesso alla “casta“ di trasformare in privilegio la scelta personale di dedicarsi alla vita politica, intesa in origine, come strumento per servire il cittadino.
Quindi in base a quanto accenna, lei dunque concorda con le critiche mosse da Famiglia Cristiana ai cattolici che militano del PD?
Credo che, in tutta onestà, in questa fase storica, si debba prendere atto di un’ansia che non lascia tranquilli alcuni esponenti del PD provenienti dal cattolicesimo democratico. A volte alcuni di questi ultimi hanno la sensazione, ed io sono fra questi, che si sia inventato un nuovo partito a giustificazione di un accordo di potere contratto tra ex comunisti ed ex D.C.
Mi sfugge spesso e volentieri, perché non l’avverto, la spinta propulsiva che dovrebbe scaturire dalla sintesi tra queste due culture, ieri così fieramente contrapposte. Non intravedo, dico questo non per fare polemica, per esempio la spinta propulsiva di un DS che veniva da un PDS che a sua volta era il frutto della volontà e della necessità di lasciarsi alle spalle l’esperienza del PCI dopo il crollo del muro di Berlino.
Tuttavia tornando ai cattolici nel PD, sono invece più propensa a vedere in alcuni di questi, l’esigenza di una necessaria pausa di riflessione che in questo periodo può solo portare beneficio alla contrapposta sbrigativa semplificazione con la quale si tenta di mascherare crisi molto serie che attraversano i partiti in generale. Una pausa di riflessione che potrebbe innestare o favorire conseguenze politiche molto interessanti.
Traduca con esempio questo suo pensiero finale che lasciato così, può suggerire tutto e nulla
Voglio significare questo: fra un anno a Modena si vota per il rinnovo del governo della città.
Saremo chiamati alle urne per rimodellare o svecchiare o ridefinire o per confermare o per rompere un sistema di governo della città che per sessant’anni ininterrotti è stato guidato da Sindaci provenienti tutti dall’area della sinistra storica.
Sessanta anni nei quali nel mondo si è modificato di tutto in modo tumultuoso e con una velocità superiore alle nostre previsioni o aspettative. Sessant’anni senza alternanza come pochissimi esempi nel mondo. Un governo della città monocorde che, a suo tempo, ha assorbito anche la novità rappresentata dall’ingresso in giunta dei popolari ex DC
Certamente, la prima cosa da chiarire con la città, con molta chiarezza, è che cosa si debba intendere oggi per opposizione e cosa per minoranza in consiglio comunale.
L’Opposizione è tale quando sa proporre un altro tipo di città, per alcuni aspetti una città diversa e non riconoscibile rispetto all’attuale. La critica invece serve per ricordare all’elettorato che la stessa identica cosa, la minoranza sarebbe capace di farla meglio.
Quello che sicuramente non esiste oggi è una città che riesca e voglia interagire con la sua università, con le categorie, con gli ordini professionali e con i gruppi. Del resto si interagisce a condizione che ci siano idee. Modena deve divenire una città che pensa, partecipa, innova, propone per mezzo dei suoi protagonisti nei vari settori riassegnando alle istituzioni sul territorio il ruolo di coordinamento e non certo quello di guardiano o di guida.
Invece di proporre un abito si deve permettere alla città di dotarsi di un guardaroba, le stesse circoscrizioni, strumento di partecipazione della popolazione devono essere dotate di poteri decisionali.
È su questo che abbiamo bisogno di un confronto anche duro ma schietto. Perché – come sappiamo – i fermenti non si inventano. Una città si vivifica con adeguati stimoli vivificanti. In questa ottica parlavo di esigenza di liberi e forti sul territorio.
In effetti un qualsiasi candidato oggi espresso dalla Casa delle Libertà che cosa cambierebbe, cosa porterebbe di realmente e sostanzialmente alternativo al governo Pighi?
Mi scusi, ma allora lo stesso discorso varrebbe anche per Lei.
Se lei diventasse sindaco al posto di Pighi nella sostanza nemmeno lei ci proporrebbe una Modena alternativa a quella di oggi. Sbaglio?
Premessa la mia stima personale per l’avv. Pighi, per me è pure obbligatorio premettere che, anche se stiamo dissertando su ipotesi esclusivamente virtuali, è fuori di dubbio che se fossi demandata a scendere in competizione contro e in alternativa a lui, questo non sarebbe un evento frutto del caso o da una mia follia megalomane, ma da ragioni più profonde e complesse!
Mi ripeto: una cosa è proporsi alla città come “critico” del governo Pighi. Ogni giorno si potrebbe forse compilare una lista lunghissima. Gli estensori potrebbero essere tanti: dal cittadino al politico in cerca di potere personale, di tornaconto o di vanagloria.
Altra cosa, molto più complessa ed impegnativa, è fare una opposizione autorevole, seria, responsabile e credibile, che in italiano vuol dire proporre ai modenesi una città sostanzialmente diversa da quella di oggi.
Dico poco!
Attualmente Pighi guida la città grazie al consenso democraticamente ricevuto da una larga maggioranza di modenesi. Poi si deve aggiungere che, grazie ad una tessitura ed ad un lavoro scientificamente ineccepibile che dura da sessant’anni, è come se a questo elettorato fosse stata cucita su misura questo modo di intendere la città di oggi. Si sa anche che l’esercizio del potere vuol dire saper gratificare parti significative del proprio elettorato, saper sedurre importanti realtà cittadine in toto o in parte proponendo loro anche abiti cuciti addosso
Porsi in alternativa vuol dire al contrario proporre un altro abito, che si mostra, ma che deve essere prima provato, indossato, per vederne i risultati. Si potrebbe fare se la misura fosse colma e la città esausta e stremata, altrimenti si potrebbe fare solo se una elite di coraggiosi, liberi e forti, scendessero in campo per favorire un cambiamento che verrebbe assunto come necessità salutare e non più rinviabile.
Per rispondere alla sua domanda quindi le dico che se io fossi eletta Sindaco di Modena significherebbe, proprio perché politicamente sono una “signora nessuno”, che un vasto movimento si è fatto portavoce e lievito presso abbondanti fasce di elettori, della esigenza, della utilità e della bontà di cambiare i destini e gli obiettivi di Modena da adesso e per almeno nei prossimi vent’anni.
Quando dice questo, ha in mente quale contenitore che accolga queste potenzialità: un nuovo partito, un movimento, una lista civica?
Io ha iniziato col porre l’accento sul “si deve fare politica”.
Del come e con quali strumenti poi si riesca a divenire operativi aspetto le considerazioni, valutazioni ed eventuali critiche da altri con più militanza ed esperienza politica di me.
Aspetto e accetto indicazioni, suggerimenti e proposte in merito