“Salviamo l’Italia” è lo slogan scelto dal PD per la manifestazione che si è svolta a Roma. Una manifestazione il cui scopo non a tutti è stato chiaro, soprattutto se si considera che la sinistra, sino a poco tempo fa, non mancava di ripetere che l’opposizione si fa in Parlamento. Questioni di coerenza a parte, da cosa e da chi bisogna salvare l’Italia? Da Berlusconi? Dalla destra? Domande retoriche alle quali nessuno dà più risposte scontate, poiché ciò che alla gente veramente importa è cambiare, migliorandole possibilmente, le tante cose che nel nostro paese non funzionano.
Nei giorni scorsi il direttore Antonio Polito, su Il Riformista, ha scritto: “Oggi l’Italia, che resta da salvare, combatte contro nemici ben più pericolosi del governo: la crisi finanziaria globale, l’imminente recessione, e il suo inarrestabile declino. La verità è che sabato più che salvare l’Italia, il Pd chiama i suoi militanti in piazza per salvare se stesso”. Forse sarebbe meglio dire “salvarlo da se stesso” e da chi preferisce girare lo sguardo altrove anziché affrontare i problemi. Già perché al realismo di Polito si contrappone, purtroppo, la fumosità di personaggi come Goffredo Bettini, coordinatore politico del partito guidato da Walter Veltroni, il quale, disquisendo sulla manifestazione di sabato, sull’Unità ha dichiarato che per il PD sta «arrivando il momento nel quale una nuova generazione di quadri – tanti segretari regionali in gamba e tanti giovani parlamentari da Colaninno a Madia a Calearo a Bocuzzi -, che vuole costruire un partito pluralista ma unitario, dirà basta con le vecchie cordate e prenderà intorno a Veltroni in mano le redini del partito. Il PD ha un futuro se prevarrà questo stile». Belle parole che dovrebbero far vibrare di gioia il cuore di tanti che hanno impegnato non poche energie per la buona riuscita del PD. Peccato, però, che la realtà spesso è diversa dai propri desideri e per rendersene conto basta trasporre il pensiero di Bettini alle tante realtà locali del PD. Tranne che nelle proprie roccaforti la batosta elettorale rimediata dalla sinistra è stata davvero pesante, forse la più pesante di tutta la sua storia. Una situazione tale da spingere molti ad abbandonare il PD perché convinti che senza democrazia non vi può essere libertà e senza libertà non c’è spazio per chi vuole lavorare per il bene comune.
C’è ancora tempo per cambiare, ma ci vuole tanto coraggio. Soprattutto bisogna essere consapevoli, come ha notato Giampaolo Pansa su Il Riformista, “che questa sinistra, così come la conosciamo oggi, è già defunta. Per vecchiaia, cupezza, impotenza a rinnovarsi”. E’ stata una pia illusione credere che una semplice operazione di restyling potesse far dimenticare agli italiani i disastri compiuti dall’Unione prodiana. Da una scatola vuota, per giunta attrezzata in fretta e furia, era impossibile cavare qualcosa di buono per il paese. Quella scatola bisogna riempirla di contenuti e ieri l’attuale dirigenza ha dimostrato di non essere assolutamente in grado di farlo. Come uomini di governo i maggiorenti del Pd hanno fallito, ora stanno dimostrando la loro incapacità a fare una seria opposizione. E’ ora che si facciano da parte. Per il bene di tutti.