Per capire quanto sia importante la salute bisogna star male. Per capire quanto sia importante la sanità ci vuole il coronavirus, altrimenti la politica è distratta e nell’agenda mette la sanità sempre dopo qualcos’altro. Eppure ci sarebbe da lavorarci sopra. La spesa sanitaria è fuori controllo. I costi della diagnostica e della terapia sono sempre più alti. La domanda di salute è aumentata e così la morbilità data dall’invecchiamento della popolazione, per cui o si aumentano le risorse destinate alla salute o si rivede il sistema universalista, che garantisce tutto a tutti.
In un precedente ARTICOLO ci eravamo concentrati su quest’ultima opzione e, preso atto dell’indisponibilità dello stato di dilatare la spesa pubblica per i noti, discutibili vincoli europei, avevamo ipotizzato la necessità di stabilire una franchigia per le fasce di reddito più alte e per le spese più basse. Facendo pagare alcuni farmaci e alcune prestazioni minori si potrebbe mantenere l’assistenza sanitaria basata sul principio universalista che è il migliore dal punto di vista etico.
D’altra parte che cos’altro si può fare se la quota del Pil destinata alla sanità è al 6% , cifra bassissima rispetto agli altri paesi civili. E per star dentro i conti si continua a ridurre il personale, medico e paramedico, con peggioramento del servizio.
Nessuno ne parla, ma il Sistema Sanitario Nazionale è al capolinea. Per erogare un livello di cure al passo coi tempi ci vogliono sempre più soldi, ma se ne destinano sempre meno. E’ il bilancio, prima che la salute, il primo obiettivo. A livello nazionale come a livello locale. E l’aziendalizzazione ha avuto il risultato di sottrarre le strutture sanitarie al controllo del territorio. La preoccupazione del direttore generale, figura monocratica di ogni azienda, è il bilancio. Se fa bene con i soldi fa carriera, altrimenti no. Non per niente il più delle volte la dirigenza delle aziende sanitarie/ospedaliere proviene da altre zone, in modo da svincolarla dalla pressione ambientale,
Se invece oltre che al bilancio dovesse tener d’occhio anche il consenso della gente, cioè degli utenti, forse ci sarebbe una maggior attenzione a come viene erogato il servizio. Perciò sarebbe il caso di rivedere l’organizzazione delle aziende sanitarie mettendo al vertice, col direttore generale, un consiglio d’amministrazione espressione del territorio, così da garantire il controllo anche dal basso dell’operato di quello che il più delle volte è un autocrate avulso dal contesto sociale.