Salari da morire

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La fine ingloriosa del Prodi Romano: così la vede il commentatoreNicola Currò

Per il governo Prodi al peggio non sembra esserci fine. Più si va avanti e più si fanno evidenti e numerosi gli insuccessi da questo accumulati. Gli ultimi due, in ordine di tempo, sono le statistiche sui salari percepiti dagli italiani e quelle sugli incidenti mortali sul lavoro. Le prime indicano l’Italia posizionata al 23° posto tra i paesi dell’area Ocse, con una media di 19.962 dollari, mentre le seconde registrano una impressionante impennata.

Niente di cui meravigliarsi, comunque, se si pensa alle ultime finanziarie e alla recente approvazione dei decreti attuativi sulla Sicurezza sul Lavoro. Con le prime il centrosinistra ha definitivamente dato prova della sua disastrosa politica economica, con i secondi ha creduto che in un minuto e con dei semplici decreti si potessero cancellare anni di dimenticanze e disinteresse.         

L’ideologica visione della realtà e l’ostinata volontà controriformatrice, contenute nelle ultime due leggi finanziarie, hanno costretto gli italiani a colmare di tasca propria l’ingente fabbisogno economico creato dal cambio di rotta sulle pensioni e dagli incredibili aumenti contrattuali accordati all’Amministrazione Pubblica. Scelte che hanno spinto il trio Prodi – Schioppa – Visco ad aumentare in modo indiscriminato le tasse – anche per i redditi attorno ai 30.000 euro lordi l’anno – mettendo in seria difficoltà l’equilibrio finanziario di molte famiglie che, proprio per questo, faticano ad arrivare a fine mese.

Per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, invece, anche qui il drammatico numero di morti, registrato negli ultimi tempi, non lascia scampo al governo uscente. Le statistiche riportate dai vari quotidiani al riguardo sono chiare: nel periodo compreso tra il 2001 e il 2006 gli incedenti mortali hanno avuto una flessione del 20% (circa 300 morti in meno), mentre dal 2007 a oggi c’è stata una netta inversione di tendenza dell’ordine di circa cento unità in più all’anno. Evidentemente le misure di sorveglianza e prevenzione imposte dal governo di centrodestra sono risultate più efficaci di quelle adottate dal centrosinistra. C’è da dire inoltre che per il futuro su tale fronte c’è da aspettarsi numeri ancor peggiori, visto il contenuto dei recenti decreti attuativi sulla Sicurezza sul Lavoro concepiti e varati al solo scopo di punire le imprese.

Affrontare una questione di così delicata importanza incentrandola tutta sulla repressione e l’enfatizzazione delle colpe e dei mancati adempimenti è davvero diabolico. Prima di prendere qualsiasi decisione molto meglio sarebbe stato riflettere su come è possibile premiare e monetizzare il rischio e se e come tutti coloro coinvolti nei processi produttivi aziendali mettono in pratica o meno le norme previste dalle leggi sulla sicurezza. Con le idee chiare su tali questioni poi ci si poteva chiedere: quali strategie è possibile adottare affinché nelle aziende da una cultura dell’imposizione si possa passare ad una cultura della prevenzione e dell’opportunità? Procedere in questo modo avrebbe sicuramente favorito l’ideazione di meccanismi utili a premiare le aziende virtuose sul piano dell’antinfortunistica, della prevenzione e della formazione dei propri dipendenti e a sanzionare tutte le altre. Ma a sinistra, come giustamente hanno sottolineato i confindustriali, ancora si fatica a comprendere come la repressione finora non abbia mai funzionato.

Sulle tematiche richiamate, salari bassi e sicurezza sul lavoro, sarebbe opportuno un approccio diverso. Come ha ricordato il card. Bagnasco, nell’ultima prolusione del consiglio permanente della Cei, è “necessario uscire dall’individualismo, dal pensare egoisticamente solo a se stessi e alla propria categoria nella dimenticanza di tutti gli altri […], abbandonando una politica troppo politicizzata, per restituire alla stessa uno spessore etico” che facendo da collante per l’intera società l’aiuti ad affrontare e risolvere le questioni che l’affliggono.

Il problema della “spesa” e della sicurezza dei lavoratori sono strettamente connessi l’uno all’altro ed entrambi attengono all’ontologia e alla dignità umana: lavorare senza poter usufruire appieno dei frutti del proprio lavoro o morire proprio mentre si compie il gesto che più accomuna l’uomo al Creatore è quanto di più squalificante l’umano possa esserci e certamente non è degno di un paese che si reputa civile.

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