Referendum basta, per favore!

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Non esiste alcun partito che porta avanti i propri ideali tramutandoli in programma per essere interlocutore e promotore dell’attività istituzionale. Intanto, per favore, su normali temi legislativi, non fateci arrivare ai referendum: ci stiamo facendo del male. 

 


C’era una volta uno strumento chiamato voucher, partorito per fare emergere e regolamentare i piccoli lavoretti domestici e poc’altro. Poi togli uno steccato da una parte e togli uno steccato dall’altra, ogni primo ministro smontandone un pezzo piccolo o grande, il voucher è diventato l’escamotage dei soliti furbetti per ‘non pagare dazio’. 

La Cgil (anche Cisl e Uil) giustamente ha alzato la voce chiedendo di intervenire, ma si sa, nell’era renziana il sindacato rappresenta il vecchiume, il rottamando onde liberare l’Italia protesa verso la nuova età dell’oro. Muro contro muro, contro la Camusso e contro mezza sinistra… e la Cgil, sbagliando, ha chiesto la totale abolizione del voucher affidandosi al referendum, lo strumento più rozzo per una democrazia perché vuole risolvere i problemi complessi  con un sì o con no. Ha proposto anche un altro referendum, quello sugli appalti, assolutamente incomprensibile ai più e infatti nessuno se l’è filato fin dall’inizio. Sembra, pare, che anche questo sia compreso nel decreto governativo (ma non ci voleva una legge per annullare una tornata referendaria?). A sua volta il governo, prima di Renzi e poi di Gentiloni, non sono intervenuti per modificare la legge, richiamandosi al buon senso prima ancora che alla politica. Hanno aspettato l’indizione e, per evitare risse nella maggioranza,  sono stati costretti oppure hanno voluto arrivare all’abolizione finale.

La cosa tragica, anzi grottesca, è che alla fine sono tutti contenti. E’ contenta la Cgil di avere costretto l’esecutivo sulle sue posizioni; è contento il governo perché potrà continuare la sua navigazione; è contento Renzi perché avrebbe preso una seconda sonora legnata. Infatti gli Italiani, nelle urne, avrebbero votato pro o contro lo sfruttamento del lavoro e la precarietà, sapendo già come sarebbe andato a finire. Sono contente tutte le minoranze e parte della maggioranza, ma sono talmente tanti i padri del ‘no’ da non trarne vantaggio.

L’unico gabbato, ancora una volta, è il popolo italiano, al quale nessuno ha pensato nei tanti mesi di viaggio del referendum ed ora ci sono categorie nelle grane su come pagare i propri collaboratori.

Spaventa l’approssimazione, il tenere presente soltanto le logiche di bottega (o di retrobottega), la promulgazione di decreti e leggi pasticciati, anzi impasticcati da quanto risultano ‘allucinogeni’, inverosimili, inefficaci.  Significa che alle spalle dei governi e dei parlamentari non esiste alcuno staff tecnico che lavora sui temi ‘da venire’, predispone programmi, disegna scenari, studia bozze. Non esiste ed è altrettanto deprimente, alcun partito alle spalle che porta avanti i propri ideali tramutandoli in programma per essere interlocutore e promotore dell’attività istituzionale.

Intanto, per favore, su normali temi legislativi, non fateci arrivare ai referendum: ci stiamo facendo del male.

 

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