Real Estate Horror

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La maggior parte delle banche italiane non ritiene più strategico finanziare mediante erogazione di mutuo le giovani coppie che si sposano: è una questione di rischio connaturato alle mutate condizioni culturali della società. Un matrimonio su due va in default entro il terzo anno nel 60% dei casi e le conseguenze burocratico-legali impediscono la vendita dell’immobile in tempi brevi .

Se ci soffermiamo ad ascoltare le agenzia di stampa dell’industria bancaria e dell’industria legata all’intermediazione immobiliare, il numero dei mutui erogati in Italia durante il 2014 segnala un significativo aumento rispetto all’anno precedente, indice questo che, secondo loro, ormai abbiamo raggiunto e superato la fase di bottom e da questi livelli i prezzi possono iniziare a risalire. Se uno crede ancora alle favole, penso che oggi viva molto più serenamente il cambiamento epocale che contraddistingue tutta l’economia planetaria. Iniziamo con il ricordare che il numero delle compravendite ormai si è dimezzato in dieci anni, passando dalle 870.000 del 2004 al conteggio stimato di 420.000 per la fine del 2014. Il prezzo medio di mercato per le abitazioni residenziali è passato dai 2.100 euro di picco nel 2007 agli attuali 1500 euro, con una contrazione complessiva quindi del 30%. Questo dato comunque è naturalmente destinato a peggiorare. Hanno contribuito a rinvigorire le erogazioni di mutui le operazioni di surroga che da questo punto di vista non possono essere considerate come nuove operazioni di prestito al mercato immobiliare, quanto eventualmente di ristrutturazione e ottimizzazione del rischio tassi implicito. Recentemente ho avuto modo di confrontarmi con un noto esponente dell’industria bancaria sullo scenario immobiliare, italiano e non solo.

 

Sostanzialmente la maggior parte delle banche italiane non ritiene più strategico finanziare mediante erogazione di mutuo le giovani coppie che si sposano: è una questione di rischio connaturato alle mutate condizioni culturali della società. Un matrimonio su due va in default entro il terzo anno nel 60% dei casi. Questo mette in difficoltà l’istituto finanziario in quanto come è risaputo la conflittualità tra i due ex coniugi produce faide legali oltre ogni ragionevole buon senso. L’exit strategy in questo caso infatti porta a due possibili soluzioni: la prima presuppone che di comune accordo si decida di vendere l’immobile gravato di ipoteca in modo da estinguere il mutuo e consentire ad ogni ex coniuge di ripartire con una nuova esperienza coniugale (sempre che se ne abbia ancora il coraggio). La seconda strada (quella più intrapresa) presuppone che uno dei due coniugi – solitamente il partner femminile – per fare un dispetto all’altro, intraprenda azioni legali e qualsivoglia disposto al fine di congelare de facto lo status quo impendendo la vendita dell’immobile e mettendo in questo modo in difficoltà la banca con il rientro del mutuo. Da sapere che sempre più spesso anche per mutui di recente erogazione, in caso di prima ipotesi sopra menzionata, gli ex coniugi rischiano di trovarsi in equity negativa.

 

Questo significa che anche ammesso di riuscire a vendere in poco tempo l’immobile in questione, il ricavato ottenuto dal prezzo di cessione non è sufficiente a coprire interamente il saldo residuo ad estinzione del mutuo. Le banche italiane per questo preferiscono prestare denaro ai soggetti single, se e soltanto se sono presenti garanzie accessorie (firma della nonna o simili) a cui possono aggrapparsi in caso di ritardo nel pagamento delle rate. Dieci anni fa o più accadeva esattamente il contrario, inoltre sempre dieci anni fa gli affidi più rischiosi potevano essere cartolarizzati consentendo di spalmare il rischio di insolvenza sul mercato e non sul soggeto erogatore. Il mercato immobiliare perchè possa rinvigorirsi avrebbe la necessità di poter contare su flussi in ingresso nel nostro paese di persone giovani con necessità di abitazione e a lato risorse individuali (capitali, titolo di studio, ambizione ed intraprendenza giovanile) che consenta loro di potersi con il tempo permettere l’acquisto di una propria abitazione. Pensate da questo punto di vista a chi è entrato in Italia in questi ultimi dodici mesi da clandestino e invece chi in parallelo vi è dovuto fuggire. Sono appena rientrato da Londra, una città metropolitana in cui i prezzi delle abitazioni residenziali, tra i più alti al mondo, si sono riprese e sono state caratterizzate da una fase di lento recovery.

 

Certamente sono ancora distanti dal picco che le ha contraddistinte durante il 2007 – sotto di oltre un 15% sui massimi storici – tuttavia secondo commentatori ed osservatori del mercato immobiliare londinese vi possono essere delle potenzialità nei prossimi anni rese disponibli grazie ad operazioni di bonifica e riqualificazione di quartieri residenziali un tempo degradati o colonie di low class people (fatalità di etnia sempre extracomunitaria). La ratio londinese parte da una constatazione pacifica, per smuovere il mercato immobiliare si deve creare appeal ed interesse su qualcosa che oggi costa poco, pertanto si devono attuare tutte le possibili varianti urbanistiche in grado di modificare il landscape e la percezione di prestigio del territorio post intervento, ad esempio radendo al suolo vecchie case di edilizia popolare o aree artigianali/industriali dismesse per sostituirle con spazi residenziali più avvenieristici e funzionali alla vita ed interazione odierna. In questo modo investendo “in advance” durante la fase di lancio del progetto è possibile ottenere dei ritorni significativi sul capitale conferito. Lo stesso modus operandi si potrebbe implementare anche in Italia in particolar modo in quelle aree residenziali che in poco tempo si sono trasformate in quartieri di extracomunitari, compromettendo di non poco il valore stesso degli immobili. Questo tipo di interventi presupporrebbe comunque una regia delle istituzioni che è assente persino nel cuore della politica nazionale.

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