Quote latte: «Ed io pago»

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Sono state scritte diverse inesattezze, che in qualità di legale di alcuni allevatori modenesi che tutelo in questa materia da oltre quindici anni, meritano di essere chiarite.

Su diversi quotidiani ho letto in modo distorto il recente esito di una indagine che interessa tutti gli italiani, dato che sono stati costretti a versare – indebitamente – somme alla CE imputandole a “multe quote latte” quando in realtà molte di queste multe o erano inesistenti o erano frutto di errori di calcolo

Veniamo però alla notizia d’attualità.

Sono state scritte diverse inesattezze, che in qualità di legale di alcuni allevatori modenesi che tutelo in questa materia da oltre quindici anni, meritano di essere chiarite.

Da parte di alcuni allevatori padani è stata fatta una querela per truffa contro AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) sostenendo che i dati comunicati in relazione al problema “quote latte” contenesse degli elementi di truffa.

L’indagine si è conclusa con una archiviazione.

Interessante però appare quanto contenuto nella ordinanza di archiviazione e che ha fatto scrivere che la Procura “ha negato l’archiviazione di una denuncia di alcuni allevatori di mucche di Milano nei confronti di Agea, l’agenzia ministeriale per le erogazioni in agricoltura”

In realtà il il Tribunale Ordinario di Roma, Sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari il 13 novembre 2013 nella persona del GIP (Giudice per le indagini preliminari) Dott.ssa Giulia Proto, ha emesso un’ordinanza di archiviazione per il reato di truffa, ma ha restituito gli atti al P.M, affinchè valuti in merito ad una eventuale nuova iscrizione a carico dei funzionari dell’AGEA, previa identificazione, per il reato cui all’art. 479 c.p.

Quello che emerge da questa sentenza, quindi non è l’esito di un procedimento penale che tutt’al più avrebbe condannato qualche funzionario di AGEA per aver falsificato dei numeri, quello che qui rileva è che i funzionari di AGEA hanno artatamente modificato i sistemi di calcolo (algoritmo)

Dice espressamente l’ordinanza: “ciò che non convince è che merita approfondimento, è la condotta tenuta successivamente dai funzionari di AGEA che, per giustificare l’errore commesso e quindi evitare responsabilità contabili hanno chiesto la modifica dell’algoritmo, ossi a dei criteri di calcolo del numero dei capi potenzialmente da latte”.

Con questo sistema “modificato” si giustificavano i conti, per così dire “gonfiati”, per dirlo con le parole della Dott.ssa Proto “con l’evidente fine di giustificare il dato in eccesso che aveva determinato le sanzioni”

In effetti continua il GIP “portando al limite massimo da 120 mesi a 999 mesi (si parla della vita di una vacca in lattazione: da 10 anni a 83 anni) si ha una differenza in aumento di 300 mila capi: Scrivono i carabinieri delle Politiche Agricole e Alimentari che in considerazioni di semplici ed elementari nozioni riportate alla pagina 130 della Informativa già citata «si deduce come la vita media – per lattazione – di un capo bovino non possa andare oltre gli 8 anni, quindi non si spiega come possa essere stato elaborato ed imposto un algoritmo che prenda in considerazione un limite di età superiore ai 100 mesi». E’ evidente che ciò determina significative differenze nel calcolo della produzione nazionale di latte sulla scorta di tali criteri rispetto ai criteri che tengano conto del reale potenziale di produttività di latte dell’animale. Tale dato non rispondente alla realtà.”

Ebbene, questo è il dato, così come, sempre usando le parole della Dott.ssa Proto “il problema delle quote latte non revocate, con debita percezione dei contributi, da parte di terzi l’indagine ha evidenziato, che le quote latte da revocare per la mancata produzione di latte ovvero, per le produzioni inferiori al 70% della quota latte assegnata erano certamente superiori rispetto a quelle effettivamente revocate; tale omissione è certamente ascrivibile ai funzionari AGEA, organo competente in materia, con conseguente danno ai produttori”

Questo altro elemento ascrivibile ai funzionari AGEA mette in luce come le quote disponibili per essere prodotte a livello nazionale erano molte di più di quelle calcolate dal AGEA.

Infatti la normativa in materia prevede che se una quota latte di proprietà di un allevatore, che per qualche annata agraria non venga prodotta o lo venga con quantità inferiori al 70%, dovrebbe essere revocata e il quantitativo di quote latte revocate non utilizzate – revocate, vengano ridistribuite gratuitamente fra gli allevatori che hanno prodotto in eccedenza rispetto alla quota latte di loro proprietà.

È di tutta evidenza che non operando questa revoca, lo sforamento del latte rispetto alla quota nazionale risulta essere molto più alto con un calcolo di “multa” da versare all’Europa che in realtà – se avesse tenuto conto delle quote da revocare e fossero state regolarmente ridistribuite – sarebbe stato certamente più corrispondente al vero.

Altro elemento che emerge da questa ordinanza è che “Tale dato non rispondente alla realtà, il cui inserimento è stato fortemente voluto dai funzionari di AGEA, che non potevano certo ignorare la sua inverosimiglianza, comporta calcoli non rispondenti al vero, calcoli che vengono inseriti in atti il cui contenuto deve pertanto ritenersi ideologicamente falso”

I documenti di cui parla il GIP dott.ssa Proto sono le multe che ora sono state trasformate in cartelle Equitalia, che gli allevatori hanno ricevuto da AGEA.

Sono anni che cerchiamo di far capire, non solo all’opinione pubblica, le ragioni di questi produttori di latte, che come dice la Procura di Roma, hanno sempre ricevuto atti il cui contenuto era ideologicamente falso.

Solo per fare un esempio, vorrei portare l’attenzione di chi ci legge alla campagna agraria 2000/2001 di cui dispongo i dati relativi alla produzione, al quantitativo di quota nazionale disponibile e delle sanzioni che AGEA ha preteso dagli allevatori, secondo cui senza che vi sia stato uno “splafonamento” di produzione, AGEA ha preteso dagli allevatori, dopo vari controlli e verifiche,  oltre 282 miliardi di lire.

Ci sarebbe da chiedersi se queste somme siano state veramente versate in Europa, perché in questo caso si dovrebbero chiedere indietro, e se non fossero state versate, ci sarebbe da domandarsi dove siano andate a finire…..

Come dicevo, dispongo dei dati del 2000/2001, ma sarebbe interessante conoscere anche quelli delle altre annate!

Ora che anche la Procura di Roma ha dichiarato che gli atti inviati da AGEA sono da considerarsi ideologicamente falsi, ci si aspetta che i Tribunali ordinari ed amministrativi finiscano il lavoro iniziato in sede penale e chiedano ad AGEA di fare chiarezza, e che i politici, i rappresentanti della varie organizzazioni agricole e l’opinione pubblica la smetta di tacciare questi allevatori come ladri e truffatori, quando per lo più sono persone serie che fanno un duro lavoro e rischiano sulla propria pelle, portando le conseguenze dell’operato di qualche funzionario che con “colpa grave” pone in essere modifiche al sistema di calcolo “con l’evidente fine di giustificare il dato in eccesso che aveva determinato le sanzioni”

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