La notizia è ormai vecchia di qualche settimana. La professoressa Elsa Fornero va in pensione. Non è dato sapere quanta sarà la cifra, ma sicuramente fra cattedre, diritti d’autore, seminari e consulenze varie, non se la passerà male. Anche tutta la famiglia, nipoti compresi. Non è invidia, non fa parte del mio essere, è semplicemente una questione lapalissiana che, se vogliamo, riguarda tutto il Governo di Mario Monti. Al Ministero del Lavoro e politiche sociali poteva esserci un altro elemento dell’allegra brigata che ha scaldato le poltrone a Palazzo Chigi dal 16 novembre 2011 al 21 dicembre 2012: sarebbe cambiato solo il nome del prescelto a essere il più insultato e maledetto d’Italia. In fondo, la riforma delle pensioni non è solo colpa loro: – Ce l’ha chiesta, l’Europa -. Professoressa Fornero, quando guarderà l’importo dell’assegno della sua pensione, pensi alla persona cui ha rovinato la vita. Senza lavoro, ancora lontano dall’età per percepire la giusta pensione accumulata con i versamenti del proprio lavoro. Se va bene, si sta mangiando i sudati risparmi accumulati prima in lire e poi in euro. Risparmi che avrebbero consentito di togliersi qualche piccolo desiderio, o di aiutare il figlio nell’acquisto, caso mai, della prima casa. A chi invece va male, può guardare i 20 o i 50 euro, che il figlio gli mette in mano mentre gli dice: – Papà, non posso fare di più -. A chi va peggio, non rimane che fare un giro nei cassonetti dei mercati per razzolare una banana o una mela ammaccata, o sperare in un piatto di minestra offerto da qualche associazione di volontariato. Professoressa, però, c’è un aspetto da non sottovalutare. Ha la più vaga idea, aldilà del danno economico, del dramma umano di queste persone che hanno lavorato per mantenere la famiglia per tutta una vita e quando speravano, salute permettendo, di godersi un po’ della vita che gli rimane, sono costretti ad accettare quei soldi che il figlio toglie al suo sicuramente non aurifero bilancio familiare. Moralmente credo che tali persone si sentano dei falliti (il termine sarebbe un altro). E questo, giorno dopo giorno, fino alla nuova scadenza, sempre che non si cambino ancora una volta le carte in tavola. Giorni lunghi come una Quaresima a rimuginare sull’amaro destino. Lo stato d’animo varia da località a località. Peggiore stanno chi vede i migranti (turisti) di altre nazioni europee scesi nel Bel Paese a godersi le sue bellezze. E allora, viene da dire: – Ma cosa abbiamo fatto di male per avere una classe politica che ci ha portato in questa cloaca-. Forse, la risposta l’avremo più avanti e non sarà certo piacevole leggerla.
In questa situazione s’innesta la guerra fra i nuovi poveri che arrivano con i gommoni o con qualsiasi altro mezzo dall’Africa. Le proposte per fermarla o limitarla si sprecano nonostante continuino le morti in mare o la permanenza in strutture in Libia che non sono certo le migliori. La soluzione ci sarebbe, poco costosa dal punto visto finanziario, più onerosa dal punto di vista umano. Mandare in Libia un contingente militare composto da tutte quante le nazioni europee per creare una grande zona in cui raccogliere chi veramente ha necessità di essere accolto. Naturalmente, se ci scappa il morto tra i trafficanti di vite umane, lasciamo pure che i buonisti si strappino i capelli.
Termino con una notizia che sta fra la verità e l’urban legend. Fra le cause di questa migrazione ci sarebbe quella che a chi guarda la televisione nella bidonville africana, arrivi un messaggio distorto. Cioè, per chiunque arrivi per motivi politici, o per lavorare, o solo per ciondolare ai giardinetti o, peggio ancora, per delinquere, la sostanza non cambia. Li prendiamo tutti. Come già ebbi a scrivere in tempi non sospetti, facevo notare che i continui e incontrollati sbarchi avrebbero portato un degrado nel nostro paese, e a mancanze di risorse, per il benessere degli italiani, scopo principale di uno Stato degno del suo nome. Orbene, si è scatenata una campagna contro alcune nazioni cui non passa nemmeno nell’anticamera del cervello di prendersi in casa tutte queste persona. Bhe, visto le immagini televisive di come sono ridotte certe nostre città, unitamente ai racconti dei turisti in visita nel Bel Paese (una volta), capisco che vogliano blindare le frontiere e mi pongo la domanda, che giro anche ai lettori: siamo noi che sbagliamo o gli altri?
Attendo una risposta.