Leggo sulla stampa una dichiarazione del vicepremier Luigi Di Maio che il reddito di cittadinanza servirà solo per spese essenziali”; le sue parole esatte sono state:
“La card permette di utilizzare questi soldi per la funzione per cui esiste il reddito: assicurare la sopravvivenza minima dell’individuo. È chiaro che per comprare un gratta e vinci, o le sigarette o dei beni non di prima necessità, la card non funziona”.
Come definire l’essenzialità?
Quando nel 1983 la ceramica entrò in crisi e le aziende chiudevano, la gente storceva il naso vedendo bussare ai servizi sociali persone con auto di grossa cilindrata, seppure datate. “E’ l’auto che avevo prima; vendendola, non ricaverei abbastanza per comprarne un’altra più piccola e nel contempo ho bisogno di un’auto per cercare lavoro” e non è forse essenziale, per uno straniero, possedere un buon cellulare in grado di garantire i contatti con la propria famiglia?
Sarà interessante, con tutte le soggettività e le variabilità legate al concetto di prima necessità, provare a definire per legge cosa sia essenziale. E’ essenziale la merendina preconfezionata? E’ essenziale per un bambino l’attrezzatura per praticare lo sport? Quale sport? E’ essenziale la carta igienica? E non è essenziale la casa?
Il concetto di essenziale, per uno come me che ha un po’ d’anni, è molto meno esteso dell’essenziale di un giovane d’oggi, incapace di non ricorrere all’estetista, di non decorarsi le unghie come miniature pittoriche (saremo sempre legati a simboli tribali), o il corpo di tatuaggi, di non fare l’apericena seriale e sono per lui una necessità.
I beni di prima necessità, essenzialità spremuta al massimo, sono quelli che si inviano ai terremotati, volti alla semplice sopravvivenza, ma senza un’emergenza che coinvolga tutti rendendo tutti uguali, è possibile sopravvivere nella nostra società, semplicemente sopravvivendo?
Io credo di no.