Sabato 6 ottobre, ore 7,30. Davanti al Braglia ci sono due pullman. Su uno salgono gli sportivi amanti del calcio, su quell’altro, organizzato dal Presidente del Circolo di Sassuolo, dott. Massimo Bertacchi, saliamo noi amanti della libertà, destinazione Roma, per dare un calcio alla vecchia politica di questo governo.
Il viaggio avviene in una atmosfera festosa, siamo carichi e impazienti di confluire in questa prima convention oceanica dalla quale ci attendiamo grandi cose, importanti rivelazioni che rafforzino la nostra identità e il nostro ruolo.
Una sosta pranzo a metà strada e poi difilato alla meta: intanto ci accorgiamo, in Autogrill, di come si possa pranzare discretamente con meno di dieci euro. I ristoratori locali sono avvisati. Roma, infine, grande raccordo anulare. Dalle auto che ci affiancano partono saluti festosi al nostro indirizzo: sui finestrini del pullman abbiamo appeso il logo dei Circoli della Libertà e quei saluti ci fanno sentire a casa, tra i nostri. Il paese diventa piccolo quando hai una grande idea. I
l padiglione n°8 del Palafiera di Roma è immenso: l’organizzazione, l’enorme scenografia, la perfezione degli allestimenti, tutto suggerisce la presenza in regia del Cavaliere.
La replica di un flop, come quello di Maurizio Scelli a Firenze nel marzo 2006, è stata accuratamente scongiurata. La fiumana azzurra confluisce ordinatamente, ognuno con il suo bravo Pass al collo, a sistemarsi più in prossimità che si può del grande palco bianco, chi con bandiere, chi con striscioni del proprio Club, chi indaffarato a distribuire in sala migliaia di libri ( i Manuali di Conversazione Politica editi da “”Libero”” ), finchè il padiglione, verso le ore 16.00, si satura all’inverosimile. Intanto, sui quattro megaschermi si susseguono le interviste ai presidenti dei Circoli della libertà, tutti giovani e esuberanti, che denunciano il perdurare di questa cattiva politica e gli effetti negativi che procura nelle loro città, incitano al cambiamento, al ritorno dei valori fondanti, primo tra tutti la libertà, e terminano spesso con una invocazione urlata: “”mandiamoli a casa!!””.
Seguono boati di approvazione tra le fila degli astanti, ma noi siamo un pochino preoccupati perchè sul palco si avvicendano quasi solamente presidenti di circoli pugliesi, calabresi, campani e siciliani, al massimo romani (giocano in casa..) ma poi intervengono anche ragazzi di Genova, Savona, Firenze e Modena, e torniamo a sentirci tutti uniti, Circoli della libera Italia unita, insomma. Improvviso un boato percorre dal fondo la sala e ci scuote: tra scoppi di mortaretti e fettuccine colorate sparate in aria dalla regia, sale sul palco Michela Vittoria Brambilla, scuote femminea la rossa chioma e attacca.
“”Dicevano che non eravamo nessuno, che i Circoli non esistevano – chiosa con ironia – in verità siamo una grande forza e nessuno ci potrà più fermare””. Ruggisce il mare azzurro, e lei lo lascia sfogare con dosate pause, per poi rincalzare l’onda dell’entusiasmo con nuove bordate:
“” Ci hanno solo massacrati di tasse, hanno gonfiato la spesa pubblica con l’unico risultato di farci vivere peggio di prima! Di questo governo non sappiamo più che farcene, devono andarsene a casa!””.
Sui mega schermi intanto passano scene di vita politica e di lavoro, commentate dalla furibonda ma sorridente Michela. Ogni passaggio del faccione di Prodi viene sottolineato da un coro di bhuuu-bhuuu, e l’energia della rossa Brambilla sembra giovarsene, aumenta in un crescendo rossiniano, quando esalta la partecipazione sia di tanti giovani che del movimento dei Pensionati, attivissimo in sala con gazebo, pettorine e tantissime bandiere, segno che i Circoli sono un movimento trasversale e che la difesa della libertà è percepita come un dovere di tutti, giovani e non più giovani.
Quando Michela annuncia la presenza sul palco di colui che ha permesso il miracolo della libertà la tensione si taglia a fette.
Berlusconi sale sul palco, in anticipo sul programma. Ed è, senza nemmeno dirlo, il solito trionfo. Ha una traccia scritta tra le mani ma dice, da attore consumato par suo: “”Scusa Michela, te la lascio, andrò a braccio””, e raccoglie una prima ovazione.Per un attimo sorgono problemi col microfono – ma forse è solo la ‘rossa’ un po’ troppo veemente con lo strumento – e lui: “”C’è un tecnico audio comunista””. Risate, il ghiaccio è rotto. Parla per 45 minuti, la scaletta è sempre la stessa: “”i comunisti””, “”la difesa della libertà e dei sogni””.Non manca, tra i ricordi rievocati, l’episodio toccante della madre che lo esorta a scendere in campo per difendere la libertà del suo paese. Poi snocciola sondaggi: “”Io ho la fiducia di 63 italiani su cento, Prodi ce l’ha di 19 italiani e mezzo. Questa maggioranza non è più lo specchio del paese e non può più governare””. Miele per gli 8 mila del padiglione, che ululano ormai senza voce il loro incondizionato assenso.E continua: “”In aula hanno ancora la maggioranza ma vi assicuro, perché lo sappiamo, che dopo il 14 ottobre i 159 senatori non si sentiranno più vincolati alla loro maggioranza””. La nascita del Pd sarà “”una specie di via libera””. Altri calcoli degli uffici studio del Cavaliere assicurano poi che “”si può andare a votare anche con questa legge. E al Senato avremmo una maggioranza di 39 senatori””. Il voto sarà, promette, “”a primavera””. Finale classico all’americana, con pioggia di cartoncini argento, lacrime e emozioni in un’atmosfera di luce azzurra da pianeta Venere. Migliaia di decibel intonano una struggente canzone: “”