Pietà l´è morta

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L´omicidio di Garlasco, oggi ancora irrisolto, ha messo in luce alcuni grandi problemi della nostra società: la spettacolarizzazione del dolore e la cieca voglia di protagonismo.

Come è stato per Cogne e per tanti altri delitti,  ogni volta che un efferato omicidio scuote alle fondamenta la sonnacchiosa e monotona vita quotidiana della provincia italiana, immediatamente la società si inorridisce ed inevitabilmente si ritrova ad interrogarsi sulla banalità del male, che come l´ombra fa parte della nostra natura umana imperfetta, e proprio come l´ombra che si contrappone alla luce permane sempre al nostro fianco.

 

Chiara Poggi è stata uccisa nella sua villetta di Garlasco nella provincia pavese il 13 agosto,  e subito il tragico evento è divenuto il giallo dell´estate.

Il delitto avvenuto nel paese della Lomellina  ricorda molto quello di Cogne: a distanza di settimane non è stato ancora individuato l´assassino, l´arma non è ancora stata ritrovata, nessun movente è certo.

Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara, rimane l´unico indagato, mentre proseguono le indagini del RIS.

Ma questa volta all´orrore per l´efferato omicidio si è andato a sommare un altro elemento ignobile che rappresenta un vero male dei nostri tempi, un male che sembra particolarmente grave in Italia: la spettacolarizzazione del dolore, ha assunto a Garlasco espressioni inedite.

Le cugine ventitreenni della vittima, Stefania e Paola Cappa, subito ribattezzate dalla stampa “”le gemelline K”” hanno infatti compiuto una speculazione ai limiti dell´incredibile: poche ore dopo l´omicidio di Chiara Poggi, si sono recate dalla fotografa del paese per “”confezionare”” il fotomontaggio diventato in pochi giorni un´icona che le ritrae insieme alla cugina scomparsa, con la quale tra l´altro sembra che non frequentassero più da diverso tempo.

Poi sono andate a piazzare quella foto sulla cancellata della villetta di Chiara e a farsi riprendere come modelle dalle decine cameraman lì presenti, spacciando la foto come reale, e concedendo interviste nelle quali hanno descritto come “”fraterno”” il legame con Chiara. Il tutto alla ricerca delle luci della ribalta.  

E poco o nulla importa che il fotomontaggio fosse così grossolano da essere subito scoperto, Stefania e Paola Cappa erano alla ricerca della notorietà, valore al quale nella nostra società mediatica dominata da veline e grandi fratelli spetta il posto più alto. Cercavano la gloria, sono finite nel fango. Le gemelle sono il prodotto del “”velinismo”” imperante, tanto che a diventare veline avevano provato realmente partecipando ad un casting televisivo:  snob, anoressiche, un look curato nei minimi dettagli che ricorda molto quello della regina del gossip britannico Victoria Beckham (della quale una delle due gemelle sembra il clone). Ma dietro al trucco e ai vestiti firmati vi sono  due giovani estremamente fragili, tanto che Paola ha affermato di aver tentato il suicidio due giorni prima del delitto, ma soprattuto le gemelle sono come troppe ragazze di oggi  alla ricerca di un disperato bisogno di notorietà ad ogni costo.

A tutte questo triste carosello di debolezze umane si è aggiunto un personaggio così surreale da non sembrare vero: Fabrizio Corona,  che corso a Garlasco alla ricerca delle gemelline K  ha poi espresso alcuni commenti su quanto è avvenuto, affermando che Paola e Stefania sarebbero le persone più interessanti dell´intera vicenda, e che il loro gesto di creare un fotomontaggio che le ritrae insieme alla cugina poche ore dopo il delitto è stata “”una mossa alla Corona’””.

Una mossa falsa però, visto che il trucco della foto taroccata è fallito miseramente.

Pessime allieve di cattivi maestri, una vicenda degna della repubblica delle veline, che appena un mese fa veniva descritta amaramente sulle pagine del Financial Times, una nazione dove la starlette sono divenute  modello assoluto di vita e di femminilità.

Pietà l´è morta dunque a Garlasco, tranquillo e anonimo centro nella noiosa provincia italiana dove intorno all´omicidio di un povera ragazza che potrebbe divenire un nuovo caso Cogne, si è svelato un deserto umano che è la rappresentazione del nostro tempo, fatto di luci, flash, aspiranti showgirl e di tanta aridità di sentimenti.

 

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