Solo i cialtroni e i superficiali intendono l’educazione una inutile raccolta di esteriori buone maniere, prive di sostanza. L’educazione, nella sua accezione più alta, è il risultato di un prezioso lavoro, quello di trarre il meglio da una personalità in divenire, come può essere quella di un bambino, di un adolescente, di un giovane.
L’educazione non consiste in salamelecchi, atteggiamenti e maniere da cicisbei… l’educazione è il rispetto, per le persone, per le situazioni, per i contesti, per gli eventi.
È il rispetto anche di sé stessi.
E l’educazione è la grande assente di questi nostri tempi, dove in nome della libertà (che sarebbe più corretto chiamare lassismo) non si può imporre nulla, non si può correggere né, men che meno si può punire chicchessia. La delicata psiche di figli e alunni, ( la famiglia e la Scuola sono le sedi privilegiate e naturali dell’educazione), a quanto pare, è compromessa da richiami, note, persino benevoli rabbuffi, anche meritatissimi. Immediatamente scatta la protesta, con riferimenti a mancanza di rispetto, a diritti violati e tante altre ciance.
Nello scorso numero, due bei commenti, rispettivamente di Nicola Rega e di Monica Martini, hanno sottolineato un problema che meriterebbe più ampia trattazione: la scarsità, talvolta l’assenza delle più elementari norme di educazione e di rispetto per luoghi e situazioni, nel mondo della scuola e in generale. Inoltre, paradossalmente, la dimestichezza con la tecnologia, così diffusa e sempre più precoce, riduce, penalizza, anziché migliorare, l’armonioso processo della crescita. L’esempio del bimbetto, talvolta in età prescolare, che traffica disinvolto con uno smartphone ma che poi non sa neppure allacciarsi le scarpe, è tipico ed illuminante.
Quanto poi all’infelice uscita dell’insegnante, (cfr. L’abito qualche volta fa il monaco, Bice n. 788-480) fermo restando, appunto l’assoluta inadeguatezza del richiamo, inopportuno, sciatto e opinabile assai : Che, stai sulla Salaria? rimane la sfacciata disinvoltura, in abbigliamento, atteggiamenti e linguaggio, di queste adolescenti, pronte, tuttavia, a risentirsi se vengono richiamate. Ma non è solo l’educazione, a scarseggiare… scarseggiano, o sono assenti, il rispetto della legge, il senso della misura, il concetto di libertà personale portato all’estremo… La cronaca ci riporta notizie di giovinette neppure quindicenni che escono di casa con un coltellaccio da beccaio, per “punire” la rivale in amore, di due anni più grande. Solo per miracolo un gesto, allucinante nella sua efferatezza, non si è trasformato in tragedia … ma pur senza arrivare a questi assoluti estremi, anche nelle vicende meno gravi ci si imbatte in ragazzine violente, dalle reazioni al limite dell’incredibile. Chi vi scrive, solo tre giorni fa, è stata avvicinata da un gruppetto di adolescenti all’interno di un Centro Commerciale; quattro o cinque ragazzine, molto ben vestite, persino curate… all’apparenza ragazzine qualsiasi; nella nostra società multietnica non si fa certo caso al colore della pelle né ai tratti inequivocabilmente esotici anche perché di lì a un attimo avrei anche sentito che parlavano perfettamente l’italiano. Era pomeriggio ma mi aspettavo di vederle con lo zainetto della scuola sulle spalle, tanto erano giovani. Una di loro mi ha chiesto un euro… Un po’ spiazzata, non avendo proprio capito la domanda, io ho detto: Prego, come hai detto?… In risposta ho avuto alcune frasi diciamo non troppo educate, fra queste: Oh,scema, ti ha chiesto un euro mica chissà cosa!”
Veramente sbigottita, ho detto : “Ma che modi, ma dove siamo?”
Risposta : “Siamo al tuo porco *** , siamo! “ , bestemmia di una di loro, accompagnata da parolacce e risate delle altre.
Fine della conversazione.
Non credo di essere una persona particolarmente pavida ma, forse per la prima volta in vita mia, ho avuto paura, pur essendo in mezzo a gente, in un luogo pubblico, come può essere la corsia principale di un trafficato Centro Commerciale.
Mi chiedo, tuttavia, se, invece che in un luogo tutto sommato sicuro, come appunto un luogo pubblico, fossi avvicinata mentre vado a recuperare la mia auto al parcheggio, o mentre rientro a casa…
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Come di consueto, qui di seguito presento brevemente il numero on line da oggi. I titoli in grassetto sono link che portano direttamente ai relativi pezzi. Questo per consentire anche a chi ha poco tempo, di poter sfogliare più agevolmente il giornale, andando direttamente all’articolo interessato.
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A.D.Z.
Non commettiamo l’errore della pace di Versailles
Massimo Nardi
Tornando ai giorni nostri, sembra che la storia si ripeta. Sulle macerie lasciate dal crollo del comunismo in Russia, il popolo delle democrazie occidentali esultò ma si dimentico del passato trattando l’Unione Sovietica come una potenza di terzo piano. Al momento, però, bisogna abbassare i toni del contendere. Massima assistenza e solidarietà verso il popolo ucraino, ma evitiamo di superare un certo limite con le rappresaglie, anche perché l’uomo di Mosca è imprevedibile. Com’è imprevedibile la reazione della maggioranza del popolo russo.
La guerra nasce anche dai nostri errori
Alberto Venturi
Parliamo di pace ma vendiamo armi; parliamo di pace ma vogliamo imporre la nostra civiltà per guadagnarci su. Parliamo di pace soltanto quando c’è la guerra, quando invece dovremmo parlarne soprattutto quando c’è la pace, per renderla più forte. Seminiamo vento e raccogliamo tempesta.
Berlusconi, il bunga-bunga e la crisi ucraina
Paolo Danieli
Aveva intuito per tempo quanto fosse importante il ruolo della Russia sia nei rapporti internazionali, sia in quelli con l’Italia. Per cui aveva stabilito un rapporto preferenziale per le nostre esportazioni e per i rifornimenti di gas, vitali per la nostra industria e non solo. Per gli equilibri internazionali aveva capito che il vero problema è la Cina. E che quindi era necessario attrarre la Russia nella sfera occidentale e stabilire un’alleanza non solo economica, ma anche militare.
Ugo Volpi
Durante la manifestazione in Piazza Garibaldi, mentre parlavano i sindaci del distretto e le donne ucraine che lavorano a Sassuolo cantavano il loro inno, di fianco, a due metri di distanza, diversi gi
ovani continuavano indifferenti l’aperitivo chiacchierano e ridendo, completamente indifferenti a quanto stava accadendo di fianco a loro.
Redazionale
Ma non chiamatela rivoluzione. Non s’è mai vista una rivoluzione gestita dal potere, quello giudiziario. Ma se proprio vogliono chiamare Tangentopoli “rivoluzione”, è stata una rivoluzione tradita. Dopo trent’anni possiamo dire che ha fatto più danni che benefici.
Buona settimana e buona lettura del n. 789 – 481.