Eccomi a scrivervi di una mia traversata atlantica : una Traversata rally che ci ha portato da Las Palmas di Gran Canaria a St.Lucia nel mar dei Caraibi.
A parte me, ora più aspirante pettegola che velista, l’equipaggio era formato da altre 10 persone che ora cercherò di descrivere come meglio posso.
Antonio ,
comandante in seconda sulla carta, più che sofferto, sofferente per i continui rimbrotti dell’armatore. Se avesse detto a metà traversata che ci trovavamo in Atlantico l’armatore con aria innervosita avrebbe detto che sbagliava, che eravamo in Adriatico.
Oltre a questo deve dividere con me la cabina equipaggio situata a estrema prua dove in navigazione sembra di essere in mezzo alle cascate Victoria, dove tutti i rumori e i movimenti sono quintuplicati, dove c’è l’asciugatrice (costantemente accesa per asciugare salviette e biancheria dell’armatore poverino…) e di conseguenza un’umidità da foresta tropicale nonostante l’aria condizionata, ma soprattutto letti lunghi 165cm quando lui è alto 185… Insomma, il fortunello della barca! Una sua frase che lo descrive nella traversata: “”A prua non si dorme un c……..””
Il Ciondolo,
simpaticissimo istruttore di sci di Bormio, definito da tutti “”il montanaro””, ma l’unico che non ha sofferto mai nè per il mare nè per la convivenza forzata.
Ottimo cuoco è stato il vero aiuto, sempre presente, scherzoso, vero lavoratore e l’unico che diceva all’armatore quello che pensava di lui senza mezzi termini. La sua frase(all’armatore): “”Uno a te o ti ama o ti manda al cesso. Ma amarti è dura e …””
Massimino ,
detto il Bulgaro, l’unico marinaio a bordo (oltre a noi ovviamente!).
Simpatico, semplice, del mestiere, sa dove mettere le mani nelle cose rotte, sempre pronto ad aiutare. Mugugna sull’equipaggio che si fa servire e sull’armatore. Difetto riscontrato dai compagni di stanza l’odore acre… La sua frase:”” Aspetta due o tre giorni e vedi come si danno una calmata i regatanti””
Il Dina,
il più vecchio del gruppo, bel ragazzo cresciuto, simpatico, prototipo dell’italiano cornuto, pazzamente innamorato della moglie a cui scrive centinaia di messaggi al giorno senza ricevere risposta. La sua mamma (simpaticissima velista) invece gli rispondeva più volte al giorno. La sua frase (della mamma) : “”Ma non siete un pò alti di rotta? Quando strambate? “” (cambiare rotta portandosi con il vento che proviene dalla parte opposta rispetto alla precedente. n.d.r.).
Topo e fidanzata,
vengono dalla Sanremo e dalla Varazze bene. Giovani ricchi pieni di contraddizioni. Lui fa l’alternativo, disprezza i ricchi e il buon costume, ma è felice di essere il cocco dell’armatore per trarne i benefici.
Lei piena di piercing (quello sulla lingua il più ostentato), ha gli stessi ideali di lui, ma ha fatto l’accademia per entrare nel corpo della Capitaneria di Porto (la polizia municipale di terra….). La loro frase : “”Ci facciamo una cannetta?””
Matteo ,
la nostra velina, l’uomo copertina di Men’s healt, prodiere di Mascalzone latino, insomma il figo di bordo. Biondo tinto, quindi non tanto il mio tipo, ma non voglio di certo sottilizzare in mezzo all’oceano, è stata la rivelazione. Molto umile, educat
issimo, non si dà arie nè perchè bello nè perchè ottimo prodiere. La sua frase : “”Grazie Patty””
L’ingegnere ,
la mente, il cerebrale. Lui ci ha salvato da giorni di bonaccia e con le sue formule di seni e coseni e i suoi disegnini di angoli (chissà perchè li avrà fatti?!) ha convinto l’armatore che per le regole della regata ci conveniva accendere il motore. La pazienza impersonificata, odia l’aria condizionata e deve convivere con l’armatore nella cella frigorifera che è la loro cabina. La sua frase: “”Pensa che fortuna quei due naufraghi che hanno incontrato Gigi anzichè noi. Innanzitutto dove li mettavamo e poi vuoi scherzare tutti sporchi di sale e puzzolenti su questi divanetti bianchissimi???!!! “”
L’armatore, un rompicoglioni, non spreco neanche tempo a descriverlo. La sua frase : “” Patty, ma qui c’è polvere!””
E infine Al,
il vero protagonista della traversata, colui che materialmente ci ha portato al di là dell’oceano. Il metereologo, il tattico, il navigatore, il nostro mentore, al quale vengono rimandate tutte le decisioni.
Al, ovvero l’ inquietante e sconcertante computer di bordo divenuto famoso come co-protagonista nel film di Kubrick “2001 Odissea nello spazio”; Lui, quel computer che con capacità da fantascienza essendo stato portato sullo schermo nel 1968, ossia quasi con un decennio in anticipo rispetto alla mia data di nascita, ora me lo ritrovo qui “vero, operante e concreto” su una barca a vela in mezzo all’oceano . Fin da subito ha iniziato ad impossessarsi dell’imbarcazione. Io ho iniziato a preoccuparmi quando l’armatore è uscito annunciando “” il computer” dice che fra 3 giorni alle 2 e 45 utc dobbiamo strambare.”” Aiuto. Mi sono raccomandata con tutti di non dargli anche il timone, ma il terzo giorno sempre l’armatore e sempre più sofferente (per il mal di mare e per la stretta convivenza di bordo) ha attaccato il pilota automatico e da lì tutti…
Dopo qualche giorno iniziano i segnali che Al sta agendo.
Prima non si apre più la porta della sala macchine, dove ci sono motore, generatore, ma soprattutto l’aria condizionata! Da quel momento sarebbe stato impossibile spegnerla! Terribile, ho visto gente andare a dormire con la fascia di lana scalda orecchie…
Poi è venuto il momento dell’idraulica. Si è rotto un perno che serve per aumentare la pressione nei pistoni del vang, del paterazzo, della drizza genoa, base randa, ma queste sono cose troppo complicate quindi non vado oltre. Fatto grave, abbastanza grave. Rottura a detta del costruttore inspiegabile.
Poi è giunto il momento degli strumenti del vento. Una mattina esco e chi era al timone era felicissimo della velocità che riusciva ad ottenere convinto di avere il vento in poppa. Io con aria innocente chiedo come mai se il vento veniva da poppa le onde ci arrivavano al traverso. E da lì si è insinuato il dubbio e poi la certezza: la stazione del vento dava la direzione sbagliata. Infine, come da copione, dopo averci portato nella bolla di zero vento, da cui come ho già detto ci ha salvati l’ingegnere, doveva rimanere solo…
Un pomeriggio, ci siamo sentiti male tutti e tutti nello stesso momento, minuto più minuto meno.
Hanno tutti vomitato, io per fortuna sono “”solo”” stata seduta sul water un’ora e mezza…
Per fortuna solo uno è rimasto fuori uso due giorni, noi chi più chi meno velocemente, ci siamo ripresi subito. Sarà stato il pesce o qualcosa messo da Al nei condotti dell’aria condizionata?… Chi può dirlo, l’importante è che il finale è cambiato e noi ce l’abbiamo fatta!
Altre riflessioni?
E’ stata un’esperienza e come di tutte le esperienze bisogna farne tesoro. Però sono felice che non sia stata la mia prima traversata. Non dico che non si debbano utilizzare le nuove tecnologie che indubbiamente facilitano la navigazione, ma dov’è finito il romanticismo di guardare una carta meteo e cercare di interpretarla come si può per decidere che rotta tenere?
Dov’è finita la poesia di fermarsi fuori dopo il turno e sentirsi galleggiare nell’infinito anzichè scendere sottocoperta e guardarsi un dvd?
Che soddisfazione ci può essere ad aver attraversato e vinto senza aver fatto scelte, guidati solo da un computer?
La prima traversata che ho fatto è durata quasi il doppio dei giorni, ma l’emozione e la soddisfazione che abbiamo provato vedendo la terra e soprattutto sentendone l’odore è un ricordo difficilmente cancellabile.
Qui è stato diverso, sapevamo che alla tal ora saremmo arrivati e l’emozione è stata raffreddata.
Mi rendo conto che qualcuno si aspetti di leggere qualcosa di spettacolare dal resoconto di una traversata atlantica, ma così non è specie se chi scrive non è uno scrittore o un giornalista, e mi accorgo che così non è proprio perché durante il viaggio sei chiamata a svolgere altri compiti.
Purtroppo perchè io sono una marinaia e non una scrittrice, dormendo poco e vivendo più di tutti la vita di bordo, essendo praticamente sempre presente, ho constatato che soli non si era mai, (in dieci a bordo non ti annoi, al limite impazzisci!)
A parte essere in 3 per turno, la musica accesa, chiacchere e partite a carte anche notturne, (tanto c’è il pilota automatico), mi accorgevo che sembrava strano, quasi scortese, che nei miei momenti di pausa, uscissi e andassi da sola a prua a fare finta di leggere, il tutto per riuscire a immergermi appieno nella dimensione che amo, che mi ha fatto scegliere questa vita: l’infinito, il cielo e il mare che si uniscono e si confondono. Non si riesce a spiegare a parole quello che si prova, come quando vedi un paesaggio o un tramonto bellissimi e fai una fotografia, quando vai a riguardarla non riesci a trasmettere quello che ti ha spinto a immortalarli. Così è l’oceano, una magia indescrivibile, un’esperienza da provare. Non in regata però. Ci vuole calma, la strada è lunga e da assaporare in ogni attimo, perchè come diceva il poeta “”la stessa ragione del viaggio è viaggiare””… Forse è meglio che per Mare lascino andare i navigatori e le regate continuino a farle davanti a Porto Cervo!
Comunque il giorno prima dell’arrivo l’oceano ci ha regalato l’incontro con un branco di balene che da solo ha valso la traversata! Un branco che ho inteso essere messaggero di pace e di auguri di buon natale che ora, con emozione, vi ritrasmetto via internet, con l’augurio di non avervi annoiato più del necessario