Sono i giorni nei quali ricordiamo la Passione e la morte dell’uomo forse più grande, perché ha scaravoltato le logiche del mondo. Chi crede, pensa già alla Resurrezione; per tutti gli altri resta l’esempio di che cosa significhi ’umanità’. Prima e dopo di lui altri grandi uomini e donne ci hanno arricchito con la loro testimonianza, ma abbiamo purtroppo la propensione a dimenticare l’esempio dei nostri padri nobili. Per questo vorrei augurare a tutti voi Buona Pasqua, richiamando il pensiero di due figure che hanno illuminato il XX secolo, reincontrati grazie ai media proprio in questi giorni.
Ho seguito su Rai Storia un documentario su Bob Kennedy, ucciso nel1968, pochi mesi dopo Martin Luther King ed ho trovato un suo discorso che vale oggi ancor più di ieri: “Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni materiali. Il nostro PIL ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel PIL – se giudichiamo gli USA in base a esso – quel PIL comprende l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le autostrade dalle carneficine. Comprende serrature speciali per le nostre porte e prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende la distruzione delle sequoie e la scomparsa delle nostre bellezze naturali nella espansione urbanistica incontrollata. Comprende il napalm e le testate nucleari e le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck e i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Eppure il PIL non tiene conto della salute dei nostri ragazzi, la qualità della loro educazione e l’allegria dei loro giochi. Non include la bellezza delle nostre poesie e la solidità dei nostri matrimoni, l’acume dei nostri dibattiti politici o l’integrità dei nostri funzionari pubblici. Non misura né il nostro ingegno né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione per la nostra nazione. Misura tutto, in poche parole, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta. Ci dice tutto sull’America, eccetto il motivo per cui siamo orgogliosi di essere americani”.
Ed è sempre di questi giorni la notizia che, in India, Padre Stan resta in cella, un gesuita di 83 anni, ammalato di parkinson, incarcerato nell’ottobre scorso per avere denunciato gli abusi sugli Adivasi, gli indigeni dell’India e per questo accusato di sovversione. In realtà difende un popolo espropriato delle proprie terre da parte di latifondisti e multinazionali.
Cosa è rimasto di Ghandi in quella grande nazione che sta cercando il suo futuro utilizzando i sistemi e gli errori del suo passato?
Restano attualissimi i suoi pensieri: “La terra fornisce abbastanza per soddisfare i bisogni di ogni uomo, ma non l’avidità di ogni uomo”. “ Non è la letteratura né il vasto sapere che fa l’uomo, ma la sua educazione alla vita reale. Che importanza avrebbe che noi fossimo arche di scienza, se poi non sapessimo vivere in fraternità con il nostro prossimo?”. “Non è una vergogna essere schiavi: è una vergogna avere schiavi”.
E Arun Gandhi così scrive interpretando il suo maestro: “I sette pericoli per l’integrità dell’uomo sono: 1. la politica senza principi; 2. gli affari senza moralità; 3. la scienza senza umanità; 4. la conoscenza senza carattere; 5. la ricchezza senza lavoro; 6. il divertimento senza coscienza; 7. la religione senza sacrificio; 8. i diritti senza responsabilità”.
E’ il mio augurio per voi e per me: sapere guardare ai padri nobili perché per imparare a volare bisogna guardare in alto.