Nostalgia del governo dei politici

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Ma un ritorno senza condizioni e precise garanzie sarebbe sancire la fine della democrazia partecipata. Prima parte. Art. di Dieffe

Terremoto a parte e sue turbolente conseguenze, un evento di sicuro interesse e degno di  essere  segnalato è stato il convegno recentemente organizzato dalle ACLI  e dall’Azione Cattolica di Modena avente per tema la necessità di una nuova generazione di cattolici in politica.

Si è trattato di una riflessione promossa dalle due associazioni cattoliche per un certo aspetto dovuta sia perché siamo ad un anno dalle elezioni nazionali e sia per le arie poco rassicuranti che spirano sul terreno della politica militante.

Visto che a dispetto di tutto questo, l’insieme dell’apparato partitico della città ci appare tranquillo e sostanzialmente appisolato, con soddisfazione abbiamo letto  dal resoconto di quel convegno, che al contrario poneva con urgenza  la necessità di stimolare nei giovani una nuova ed attenta partecipazione alle questioni del nostro Paese e nello stesso tempo, cosa non meno importante ed impegnativa, provvedere  alla loro  successiva formazione politica.

 

Partecipazione e sua conseguente formazione politica diventano un tutt’uno di un grande problema tuttora irrisolto. A Parma i consiglieri eletti del “Movimento 5 stelle “ in questi giorni sono stati costretti a sottoporsi ad un corso accelerato di Diritto Amministrativo per permettere loro di prendere coscienza su come districarsi tra leggi e regolamenti che disciplinano tutto ciò che sono  chiamati  ad amministrare dopo il consenso elettorale ricevuto. Sempre sullo stesso argomento non abbiamo dimenticato la scuola appositamente allestita per ammaestrare ignare fanciulle di bell’aspetto candidate prescelte dal Pdl alle elezioni europee.

Questi anni, nei quali la politica nel suo insieme ha continuato a trasmettere al paese messaggi contenenti cocenti delusioni, hanno portato il grosso della società ad un distruttivo reflusso di ‘anti politica’ la cui gravità deve condurci alla massima allerta poiché foriera di ulteriori possibili più gravi involuzioni che rendono risibili le preoccupazioni dei  partiti rivolte unicamente a misurare l’entità  della disaffezione che questo  fenomeno sta potando anche  nel loro elettorato.

 

Dunque oggi  “virtù politica” cercasi disperatamente.

Virtù che non si esaurisce nella conoscenza della scienza politica, nemmeno nell’esercitare l’arte della politica possibile, ma che corrisponde nella capacità di sapere disegnare progetti ad alto respiro frutto dell’acquisito “senso dello Stato”: un insieme di proposte che si sviluppano e prendono forma  nella  garanzia del  massimo della “convivenza democratica”.

Il problema esiste, ma c‘è da chiedersi se lezioni sul “Senso dello stato” pur tenuti da professori del calibro del ministro Renato Brunetta o di personaggi alla Franco Frattini sono da intendersi come corsi di indottrinamento o scuola di alta politica.

In breve c’è da chiedersi se “la virtù politica “ può essere insegnata come si insegna “la tecnica” e quale è poi la differenza tra la classe dirigente  di tecnici” e quella dei “politici”.

 

Nella prima fase della prima repubblica i maggiori partiti del tempo annoveravano personaggi dotati di personale “ virtù politica” acquisita grazie alla dura militanza, vissuta come perseguitati o dalla formazione ricevuta  tra le file dell’azione cattolica.   

Nella seconda repubblica tutto questo derivato di causa effetto scomparve del tutto e così avventurieri, politicanti e una diffusa amorale arroganza si è impossessata del potere occupandone ogni anfratto con questi tragici risultati che sono davanti ai nostri occhi.

 

Dunque il quesito che si pone e sapere come se ne esce.

Chiarire se la virtù politica si può insegnare e chi sono i docenti  o se invece rappresenta una  felice sintesi di scelte ragionate  e volute; una conquista ; un punto di arrivo che raggiunge il suo apice proprio quando si realizza e si compie.      

Questo ed altro vale la pena approfondire per chiarire quali possono essere le strade da intraprendere per uscire dal tunnel nel quale ci siamo impigliati.

 

Il terremoto, in alcuni casi ha confermato, in altri ha fatto riemergere il senso di comunità che lega le nostre comunità dislocate nei diversi comuni.

La  voglia di immediata ricostruzione che si sta manifestando in ogni  angolo delle zone più colpite potrebbe costituire una prima sperimentazione utile a rivedere la modalità con cui si costruiscono le città: un terreno  nel quale “la politica” può riconquistare a pieno titolo il suo “originario primato” quando si manifesta e opera come “virtù politica”.

(continua)

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