Questo è quanto scrive il modenese Gian Paolo Caselli docente di politica economica presso l’Ateneo di Modena e Reggio Emilia e membro del Cda della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena sull’ultimo numero del bimestrale “Limes: rivista italiana di geopolitica” diretta di Lucio Caracciolo
Quali provvedimenti saranno adottati per curare il grande malato statunitense dopo l’elezione di Barak Obama?
Quantunque Obama abbia dichiarato di essere a favore ad una regolazione più restrittiva e più attenta dei mercati finanziari dopo il folle eccesso della “deregulation reaganiana” degli ultimi quindici anni, con ritocchi in senso più egualitario del regime fiscale Usa, sarà molto difficile realizzare pienamente la riforma del sistema sanitario nazionale, uno dei punti cardine del programma elettorale, forse determinante per l’esito elettorale.
Non si sa, ad esempio, dove saranno reperiti i 50 miliardi di dollari da destinare alle scadenti infrastrutture americane come ponti, strade e rete elettrica ed anche il sussidio fiscale di mille dollari per famigli delle dovrebbe essere coperto finanziariamente con tasse sui profitti delle compagnie petrolifere e su tagli ad enti inefficienti della macchina statale. Ed è comunque sicuro che le aliquote fiscali pari oggi al 33% ed al 35% saliranno al 39% per le famiglie con redditi superiori a 250.000 dollari.
Una politica che Caselli, firma autorevole del quotidiano Il Manifesto, definisce “moderata, leggermente redistributiva e con cambiamenti marginali nel sistema di regolazione”.
Non a caso Obama dopo la laurea conseguita ad Harvard in legge ha frequentato l’università di Chicago dove, nella facoltà di economia hanno insegnato i tre premi Nobel Becker, Lucas ed il notissimo Friedman “economisti di stampo conservatore – taglia corto Caselli – che hanno sicuramente influenzato la sua visione economica: una visione di stampo centrista”. Soprattutto se ci riferiamo ai consiglieri economici di più lungo corso di Obama come i professori John Goldberg e David Cutler, quest’ultimo insegnante ad Harvard e docente di economia sanitaria.
Il sistema sanitario nazionale Usa esclude ben 46 milioni di cittadini ed altri con copertura incompleta, non garantita e dipendente dalle polizze.
Obama ha promesso un’estensione dell’assistenza sanitaria con sussidi, nuove regolamentazioni e svariate misure: tutte però assai lontane dal modello europeo che garantisce un copertura totale per tutti i cittadini. Il costo dell’estensione del diritto all’assistenza sanitaria è pari, secondo le stime, a sessanta miliardi di dollari.
Una cifra enorme. “Non è più possibile una politica keynesiana – incalza Caselli – poiché l’economia americana non è più un’economia industriale e agricola, ma un’economia di servizi con un ridotto settore manifatturiero e molte fabbriche de localizzate. La delocalizzazione, in inglese “outsourcing” è spesso un escamotage cialtronesco al quale sempre più aziende, quelle di grandi dimensioni ricorrono, pur di abbattere il più possibile il costo del lavoro: uno degli effetti più negativi della globalizzazione dell’economia: il cervello dell’azienda resta nella madrepatria ma la forza lavoro viene reperita in paesi dove sono scarse o nulle le tutele sindacali dei lavoratori.
Ai tempi del “New Deal” di Roosvelt c’erano strumenti di centralizzazione dell’economia più forti, ma oggi è fortemente decisivo lo spostamento verso est del potere economico e finanziario vedi la Cina ed le cosiddette tigri asiatiche: il solipsismo americano oggi è marcatamente ridimensionato, ma c’è ancora un residuo, in parte anche nella concezione di Obama, dell’unilateralismo americano del ‘900 che ha portato al disastro della guerra in Irak. Comunque la globalizzazione dell’economia, alla lunga, eviterà, con grande probabilità l’adozione di folli misure improntate al protezionismo nonostante l’enorme deficit di bilancio Usa. La globalizzazione ha anche effetti positivi. Naturalmente è auspicabile totale sinergia tra Usa ed Unione Europea e tra i membri stessi della Ue.
Intanto la parola d’ordine è la solita “Calma e gesso e, visto che parliamo di America, di self control, moltissimo self control”.