Silvio Viale, che qualche anno fa iniziò a convincere i colleghi che la legge 194 non vietava la possibilità di effettuare aborti utilizzando la pillola Ru 486, e che contemporaneamente iniziò anche a “litigare” con il Ministero della sanità, è stato a Modena per incontrare altri ginecologi che desiderano iniziare l’utilizzo di questa metodica.
Come concilia la sua attività di medico con l’appartenenza alla Rosa nel pugno?
Non posso scindere le due parti, sono collegate. I diritti civili e sociali, la battaglia per la laicità, sono cose intrecciate, non esiste un muro: da una parte il sociale dall’altra le questioni civili. Tanto è vero che quando parliamo di contraccezione, sessualità, aborto, delle tematiche di fine vita, o di pacs parliamo di problemi che riguardano famiglie e quindi le persone, ed è una questione sociale, non sono questione astratte, ma molto collegate. E come medico non posso sottrarmi.
Ma parliamo della Ru 486
Dopo la sperimentazione su 140 casi a Torino posso dire che la Ru 486 ne esce promossa. Anche se non si è trattato di una sperimentazione, ma uno studio clinico su questo farmaco, esattamente come se lo avessimo fatto sull’aspirina. Abbiamo confrontato i dosaggi, come si fa su ogni studio di routine, e questi quattro anni hanno paradossalmente rinforzato lo studio. Io sono venuto nella vostra città per chiedere che anche qui si inizi ad utilizzare questo metodo. Ci sono medici che mi hanno chiesto di intervenire, la regione Emilia ha preso una posizione analoga a quella Toscana per l’importazione diretta, che è la via più semplice, e poi perché ci sono donne emiliane che mi hanno interpellato e io non posso continuare a dire “lo posso fare solo a donne piemontesi”, quindi è arrivato il momento che anche in Emilia venga utilizzata questa procedura.
A Modena quando si potrebbe iniziare ad usare la Ru 486?
Ma anche domani mattina, perché la procedura dell’importazione diretta è molto semplice. Ci vuole una donna che ne faccia richiesta. Si ordina il farmaco. Bisogna che la ditta francese accetti il pagamento a trenta giorni. Poi il corriere fa arrivare il farmaco all’aeroporto di Bologna, dove si procede allo sdoganamento. Se il farmaco arriva tardi per quella signora (che magari ha superato i 49 giorni previsti per l’utilizzo di questa procedura) lo si usa per la signora dopo.
E’ una metodologia sicura?
Noi non abbiamo una percezione dei rischi razionale su quello che davvero può capitare. Ad esempio il fumo: un uomo su cinque sa che morirà di tumore ai polmoni, eppure fuma perché banalizza il rischio. Quindi alle cose che ci piacciono, diamo un rischio basso, mentre magari esageriamo per quelle che ci spaventano. Ora facciamo un esempio: la donna è incinta. Prima scelta: prosegue o interrompe?. Se è nel dubbio, se ne parla un’altra volta. Vuole interrompere? Aborto clinico o aborto chirurgico? Entrambi sono sicuri. La cosa più pericolosa è arrivare in auto in ospedale. La Ru 486 provoca un’emorragia, ma anche quella mestruale viene definita emorragia. Una paziente che viene dimessa dal reparto di ostetricia dopo un parto, dopo un taglio cesareo, dopo un aborto spontaneo ha un’emorragia in corso. Quindi si vuol giocare con le parole…
Si dice che 2 donne su 3 preferiscano la pillola abortiva, è vero?
Mentre la terza decide per l’intervento chirurgico perché psicologicamente vuole che sia qualcun altro a fare l’aborto: addormentarsi e svegliarsi in modo deresponsabilizzata. Invece la pillola abortiva non solo responsabilizza, ma rende la scelta autonoma. Il Ministero in questa vicenda non ha assolutamente in mente la tutela della salute della donna, ma l’intenzione di mettere la donna sotto tutela. La Ru 486 viene somministrata solo dal medico e solo sotto controllo medico, e solo da medici autorizzati all’aborto, ma rende autonoma la donna perché è il medico che fornisce il farmaco, ma è la donna ad assumere la pillola, a fare il gesto abortivo, è già qualcosa che responsabilizza molto di più.
Ma non si possono fare ordinare più farmaci?
No. perché c’è una legge demenziale che prevede l’ordine caso per caso, non un ordine del farmaco collettivo. Mentre paradossalmente per i farmaci sperimentali, non registrati, lo si può fare collettivo.
Quale è la posizione dei medici?
Oggi un sacco di medici si sono stancati di fare aborti, perché chi fa aborti in ospedale oggi è un medico ai margini della struttura sanitaria, pensiamo ad aggiornamenti, carriera, lo fa come un volontario. E’ un lavoro in più che spesso crea polemiche, nessuna gloria, solo grattacapi, e certamente non è che lo si faccia volentieri. E dopo qualche tempo questo medico fa obiezione, e non importa che sia di destra o di sinistra.
In Italia almeno il 20% degli aborti sono clandestini, e non certo soltanto al Sud. Ma perché ancora le donne decidono di rischiare pur avendo a disposizione strutture che tutelano e in più sono gratuite?
E’ anche una questione di rapporti, anche se dall’infermiera al medico tutti sono tenuti al segreto professionale, tutti però sanno che hai abortito. Ed anche questo uno dei motivi per cui esistono ancora aborti clandestini e non soltanto al Sud. Ho scoperto a Torino un medico che ne faceva decine al mese. E una volta una signora me ne ha fatto capire il motivo: “ Ho pagato 800 euro, ma alla mia età mi vergognavo di essere rimasta incinta, dover andare in un consultorio davanti ad un’ostetrica che non conosco, che mi manda da uno psicologo che non conosco, poi da un medico che non conosco. Non volevo farmi giudicare”. E questo è molto importante. Perché spacciandola per prevenzione si vogliono creare dei percorsi obbligati, dei filtri obbligatori… giusto se la donna vuole approfondire, ma se ha deciso, è convinta e vuole fare l’aborto perché obbligarla ad ulteriori umiliazioni? Noi siamo tutti contro l’aborto. Non conosco nessuno che programmi nella vita due aborti, due figli… tutti sono contrari quando si tratta degli altri, favorevoli quando è il tuo test ad essere positivo. Se capita alla figlia di 14 anni, cosa si fa? Ma se capita anche alla donna di 48? E sono soltanto gli ultimi casi che mi sono capitati.. Tutti quindi sono bravi a dire sono contrario, ma ogni caso è a sé.
Ma non sarebbe corretto pensarci prima con una sana contraccezione?
Sarebbe importante prima di tutto che la donna decidesse quanti figli vuole nella sua vita. Chi ha rapporti sessuali rischia di rimanere incinta. Mi è capitata una coppia con due figli, lei incinta del terzo. Decidono di tenerlo, ma io ho chiesto: pensate a cosa volete fare del quarto! Ho amici che a trenta anni hanno fatto 3-4 figli, uno dietro l’altro, poi si sono fermati, non fanno più sesso per paura. Essere donne indipendenti significa anche fare questo genere di scelta, ma conoscendone le conseguenze. Quante donne si ritrovano a 40 anni in balia di un marito perché hanno fatto figli a venti e non hanno terminato l’università e sono senza un lavoro? Essere donne indipendenti significa anche questo: fare scelte.
Pillola del giorno dopo
Nel 2000 ci fu la registrazione in Italia per mutuo riconoscimento della pillola del giorno dopo, la contraccezione d’emergenza. Ma il ministero fece una sorta di blitz ed impose ad un distratto ed ignaro Veronesi, la ricetta obbligatoria. Ma facciamo ancora un esempio: fai sesso venerdì sera, magari senza protezione, oppure qualcosa va storto. Se hai la pillola a casa, puoi intervenire entro le 12 ore successive il rapporto, altrimenti non è così semplice trovare la ricetta e poi il farmaco entro le 12 ore, indispensabili per essere sicura? E non si dica che viene considerata come una pratica abortiva…