Non è sempre Natale

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Il commercio senza stagioni e tempi slega i prodotti di Natale dalla loro festa naturale, di fatto impoverendo loro ma anche il Natale perché una festa vive anche attraverso gli oggetti che nella cultura hanno assunto un ruolo simbolico.

Non credo che il Natale finirà a causa delle scuole che non vogliono presepi, canti e altre tradizioni di origine cristiana, in nome di una a-religiosità che è tutto fuorché libertà religiosa, ma soltanto povertà culturale perché non è nascondendo ma favorendo l’incontro e il confronto che si raggiunge la vera libertà: che ognuno porti quello che è, non che lo lasci a casa.

Però credo che il Natale potrebbe essere ucciso dalla sua commercializzazione, come il mercato ha già decretato la morte di Halloween, trasformando una ricorrenza del nord Europa di Ognissanti e dei morti, in una carnevalata autunnale. 

Ieri sono andato nel supermercato, già pieno di addobbi, regali, panettoni, dolci e tutto quanto un tempo era tipico del periodo natalizio: peccato che siamo ai primi giorni di novembre ed è appena finito l’ottavario dei morti.

Un tempo c’erano le stagioni, c’erano i mesi e il calendario era strutturato sui ritmi della natura; le feste erano organizzate in base alla natura, ma i tempi del business non sono i tempi delle stagioni e dei mesi, per cui l’Avvento ormai è soltanto un prodotto dolciario nel quale ogni giorno ha il suo bonbon e non più quattro settimane di preparazione, di penitenza e di digiuno perché sempre, prima di ogni festa, si praticava il tempo del silenzio e della preparazione, ma ciò non è commercialmente produttivo.

Il Natale era un periodo speciale, forse il più bello dell’anno, perché le famiglie avevano riti speciali come il presepe e l’albero, si mangiavano cibi speciali, si vivevano ritmi speciali senza scuola e con meno lavoro. Erano i giorni della famiglia e della casa e se il motivo del Natale fosse stato alla base religioso, il suo svolgimento avrebbe assunto un forte ruolo di coesione e pacificazione famigliare e sociale.

Un panettone distribuito il giorno di Natale al termine del pranzo, non ha lo stesso significato di un panettone mangiato domenica prossima. Resta sì il dolce, ma non il significato assunto nel tempo.

I minipanettoni sono arrivati sugli scaffali già a fine settembre e sono venduti in tutto il mondo ormai senza più legami con il Natale.

Il commercio senza stagioni e tempi slega i prodotti di Natale dalla loro festa naturale, di fatto impoverendo loro ma anche il Natale perché una festa vive anche attraverso gli oggetti che nella cultura hanno assunto un ruolo simbolico.

Non si poteva aspettare dicembre per fare l’esposizione natalizia?

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Una risposta

  1. L’orgia del consumismo
    Ormai è un orgia di consumismo.
    Tutte le occasioni sono buone pur di spillare quattrini alla gente anche in periodi di ristrettezze economiche come quello attuale con inflazione galoppante e con soglia di povertà sempre più alta.
    Non bastavano le feste proprie della tradizione italica ma ecco che si introducono nel calendario sempre più festaiolo anche feste e ricorrenze pagane.
    Anni fa rimasi esterrefatto perché in una università, non mi ricordo quale, si era tenuta la festa di Halloween interrompendo per qualche giorno l’attività didattica tra preparativi, svolgimento e rimessa in pristino dei locali .
    Sarà pure che sono un vecchio ormai decrepito ma ritengo demenziale la festa di Halloween di per sé ed a fortiori se tenuta all’Università senza uno straccio di autorizzazione, che comunque non sarebbe stata mai rilasciata ove richiesta.
    Da sempre sono allergico alle caciare studentesche, definite eufemisticamente goliardate, come l’occupazione delle università o delle scuole in genere, che si facevano spesso anche ai miei tempi.
    Non è civile protesta quella ma solo la volontà di portare all’interno delle università le dissolutezze e le trasgressioni che vengono poste in essere nella vita di ogni giorno da parte di quelli che non hanno intenzione di studiare ma solo di divertirsi.
    Nel napoletano, ma credo in tutta l’Italia, simbolo del Natale era solo il presepe e l’albero di Natale lo si allestiva in qualche casa di ricconi chic .
    Di Babbo Natale ne sentivamo solo parlare o lo vedevamo al cinema in qualche film americano.
    Credo proprio che l’albero di Natale e Babbo Natale non abbiano niente a che fare con il Natale ma siano solo figli della cosiddetta civiltà dei consumi o degli sprechi che spinge a spendere al di là dei bisogni primari e secondari fino alla soglia del futile e spesso ben oltre.
    Concludo con uno stralcio dal libro ” Cosi’ parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo, filosopo e scrittore, interprete come pochi della ” napoletanità “:
    “Vedi Saverio…Gli esseri umani si dividono in presepisti ed alberisti e questa suddivisione è tanto importante che dovrebbe comparire sui documenti d’identità, come segno particolare…Perché poi si rischia di scoprire, solo a matrimonio avvenuto, di essersi unito con una persona di tendenze natalizie diverse.Sembra un’esagerazione, ma non lo è.Le due correnti di pensiero hanno scale di valori completamente diverse. L’alberista ama la Forma , il Denaro, il Potere.Il presepista ama l’Amore e la Poesia.”Ma perché invece di appuzzolentire di colla tutta la casa il presepe non lo compri all’Upim?”Così mi ha chiesto mia moglie, ma io non le ho risposto….Perché vedi, caro Saverio, all’Upim puoi comprare l’albero, che è bello quando è finito e puoi accendere le luci…Per il presepe non è così.Il presepe è bello mentre lo fai o addirittura quando lo pensi…”
    Questa è la magia del Natale.
    Ritengo che il Natale sia bello in sé quando è concentrato fra la fine dell’anno e l’ inizio dell’ anno nuovo.
    Un Natale diluito e spalmato in più mesi , dall’autunno sino all’inverno inoltrato , è un nonsense che toglie alla ricorrenza quasi tutta la magia della festività, che ci riporta alla indimenticabile primissima infanzia ed ai bei tempi che furono.

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