Che non sentivo più parlare del denaro sterco del diavolo era dalle stampe ottocentesche dei Remondini di Bassano, le quali piamente descrivevano il diavolo che defecava monete che vari personaggi (fra cui un ecclesiastico) si affannavano a raccogliere .
Nei riti pasquali di quest’anno padre Raniero Cantalamessa, predicatore ufficiale del Vaticano usò l’antico termine (con il placet del papa). La considerazione del denaro come sterco del diavolo, fonte di nequizie, è una caratteristica cattolica. In altre religioni non è così. Fra i protestanti chi diventa ricco lo diventa perché Dio glielo ha concesso come premio di qualcosa di buono che ha fatto. Anche per i musulmani non è disdicevole che uno si arricchisca, a patto che da ricco faccia lo zakat, l’elemosina ai meno abbienti.
Da noi no: il possesso del denaro è riprovevole. Lo ha saputo nel Settecento il grande letterato veronese Scipione Maffei, stirpe di banchieri, che nonostante avesse dedicato al papa il suo libro Dell’impiego del denaro, in cui sosteneva la liceità dell’interesse, si vide affibbiare dall’autorità ecclesiastica quelli che noi chiameremmo arresti domiciliari nella sua villa di Cavalcaselle. Per la Chiesa era valido solo il comandamento di S.Lucamutuum date nihil inde sperantes (date un prestito senza attenderne nulla). L’interesse era proibito, anche se erano stati studiati sistemi, come l’emptio cum locatione (vendita con affitto), qualcosa come l’attuale leaseback, per aggirare il divieto. Anche nell’Islam è proibito l’interesse, ma è permessa la remunerazione del lavoro delle persone coinvolte nell’operazione finanziaria. E’ singolare che la storia dello sterco del diavolo ricompaia oggi dopo che almeno mille amni di tecnica finanziaria hanno affinato, nel bene e nel male, l’impiego monetario. E’ un po’ come dire che il piccone è uno strumento di Satana perché nelle mani di Kabobo ha ucciso tre persone. Il piccone è un onesto strumento utilissimo nelle mani dei muratori, casomai è Kabobo lo strumento di Satana che utilizzò per i crimini l’innocuo piccone.
Il denaro, nelle sue multiple e varie forme, è sempre stato una misura di valore universalmente accettata che liberava i commerci dalla schiavitù del baratto. Nelle sue forme, dalla pelle di pecora (il concetto è rimasto nel termine “”peculio “” dal latino pecus, pecora) alle lastre di bronzo in forma di pelle di pecora, ai pezzi di bronzo rotondi, alle monete di metalli pregiati coniate con le effigi del potere, agli attuali straccetti di carta sporca e stropicciata, è sempre stato universalmente accettato ed ha permesso lo sviluppo del commercio mondiale con la diffusione di merci, di idee, ditecnologie, fino a giungere all’attuale mercato globale. Ha permesso anche l’elevazione di magnifici luoghi di culto come le cattedrali gotiche e le meraviglie della Città del Vaticano. Ha permesso la rimunerazione del lavoro e l’avanzamento delle condizioni di vita dei popoli. Certamente vi sono stati degli impieghi criminali, assurdi e perfidi, ma il delinquente non era il denaro, ma la mente dietro di esso. Il denaro è uno strumento il segreto del cui uso è inciso su un portale della benemerita ex Cassa di Risparmio di Verona: Pecunìa si uti scis amcilla, si nescis domina (Il denaro se sai usarlo è servo, se non sai è padrone). La glorificazione del pauperismo è assurda. Mentre bisogna combattere la povertà, è dannoso e pericoloso idolatrare il pauperismo. L’attuale crisi ci dice che se la cavano meglio tutti, in particolare i meno abbienti, quando l’ economia è florida e il denaro circola. Abbiamo già visto il secolo scorso dei regimi livellatori verso il basso. Fra l’uno e l’altro hanno prodotto cento milioni di morti. Sono quelli l’esempio?