Dottoressa Mancini come è strutturato il Centro di Consulenza Familiare Diocesano? Come opera?
Il centro di Consulenza Familiare Diocesano dal 1996 è diretto da Don Enrico Solmi. Vi è una equipe formata da diversi professionisti, psicologi, avvocati, medici, pedagogisti e psichiatri. La persona interessata prende un appuntamento per un colloquio che verrà sostenuto da un pedagogista o da uno psicologo. Il caso viene poi discusso, in assoluto anonimato, il giovedì mattina nel corso di una riunione collettiva di tutti i volontari .In base alla problematica che emerge il singolo o la coppia vengono indirizzati verso uno specialista. Il Centro infatti, rappresenta un primo step di consulenza non prevede un percorso di cura. Tutto il lavoro è coordinato da Don Enrico Solmi che si occupa di consulenza morale.
Il centro come affronta il caso di una donna intenzionata ad abortire?
Abbiamo avuto diversi casi di donne non sicure della loro decisione di abortire che hanno chiesto un incontro nel nostro Centro. Nel primo colloquio i nostri esperti non danno direttive morali non si cerca di convincere la donna a tenere il bambino ad ogni costo.
Viene fatta una valutazione della sua specifica situazione scomponendola in tutte le diverse sfaccettature. Se alla base della decisone c’è un problema economico il centro è collegato con il Cav ed insieme si tenta di risolvere il problema.
Se , al contrario, l’indecisione è di natura psicologica, i nostri esperti possono avere più di un colloquio con l’interessata prima che si arrivi ad una decisione definitiva. Le situazioni che si presentano sono sempre diverse e cambiano da caso a caso. Abbiamo avuto donne che al termine dei consulti hanno comunque deciso di abortire ma non per questo sono state giudicate o condannate. Sono state indirizzate al consultorio dell’Usl perché come medico obiettore non posso fare il certificato di richiesta d’interruzione di gravidanza. In alcuni casi, dopo l’aborto sono tornate al nostro Centro per proseguire il percorso psicologico. Da noi vige la cultura dell’accoglienza indipendentemente dalla scelta finale della donna. Una cosa è certa: se una donna ha già le idee chiare non passa dal nostro Centro va direttamente al consultorio dell’Usl se ha qualche dubbio è facile che ricorra al nostro aiuto.
Ricorda un caso che l’ha particolarmente coinvolta?
Si, quella di una giovane donna di origini meridionali che temeva la reazione dei genitori alla notizia di una sua gravidanza indesiderata .
Era indecisa se abortire ma ben consapevole delle difficoltà di natura psicologica che avrebbe dovuto affrontare se lo avesse fatto. Ho cercato di consigliarla e tranquillizzarla anche perché aveva un lavoro, una sua indipendenza sarebbe stata in grado di occuparsi di un bambino anche da sola o con l’aiuto del compagno. Al termine di una lunga riflessione ha deciso di tenere il bambino ed ormai è prossima al parto. Ci sono situazioni in cui un po’ d’incoraggiamento è necessario. La gravidanza spaventa tutte le donne soprattutto all’inizio. Il nostro obiettivo è appunto quello di aiutare la donna a fare una scelta che sia solo sua, priva di qualsiasi condizionamento dell’ambiente esterno. Ho avuto anche un caso di una donna che alla fine ha deciso di dare il bambino in adozione perché non si sentiva adatta a fare la mamma. Non per questo ha privato suo figlio di una buona madre. Questa è una grande opportunità anche se non tanto praticata. Noi cerchiamo di aiutare la donna a vagliare tutte le possibili soluzioni.
Quale è la sua opinione sulla sperimentazione dell’RU 486?
Se in Italia vige una legge che permette di abortire fino a 12 settimane non capisco perché non sia possibile utilizzare una pillola che consente di abortire a 4 settimane dal concepimento. Vorrei sottolineare il fatto che si tratta sempre di un aborto, non di una pillola del giorno dopo in cui l’embrione potrebbe anche non esserci. Con l’RU 486 viene bloccata la produzione del progesterone, l’ormone della gravidanza, di conseguenza si bloccano tutti gli altri ormoni e il feto si stacca per carenza ormonale. Qualora l’RU 486 venisse commercializzata sarebbe necessaria una prescrizione regolamentata, un controllo serio e severo da parte delle strutture preposte e non una somministrazione selvaggia. Non deve, quindi, essere venduta in farmacia ma somministrata esclusivamente in ospedale sotto stretto controllo medico. Non vorrei che si perdesse la percezione del rischio che un aborto, comunque, comporta. Temo infatti che si possa creare la stessa situazione che verifico quotidianamente con la pillola postcoitale. Ci sono donne che l’assumono quasi ogni mese con estrema leggerezza. Le ragazze adolescenti, per esempio, sono contrarie alla pillola contraccettiva perché convinte le faccia ingrassare ma, non esitano ad assumere una massiccia dose di ormoni con la postcoitale. Non vorrei passasse lo stesso messaggio con l’RU 486. Credo che le stesse procedure previste dalla legge 194 debbano essere applicate anche alla somministrazione dell’RU 486
Pensa sia giusto che Storace abbia bloccato la sperimentazione?
Credo che la sperimentazione vada fatta soprattutto se si vuole commercializzare un prodotto di quel genere. E’ bene chiarire che se una donna non prende l’RU 486 ha comunque la possibilità di fare un raschiamento. L’aborto non viene evitato! E’ semplicemente una forma diversa di aborto. Se il divieto riguardasse l’aborto tutta questa bagarre politica avrebbe un senso altrimenti è una contraddizione pura e semplice. Io non sono favorevole alla Ru486, mai la prescriverò così come non prescrivo la postcoitale e la spirale ma non capisco perché bloccare la sperimentazione quando in Italia c’è la legge sull’aborto. O si può abortire o non si può abortire questi dovrebbero essere i termini della questione. Per la donna è molto meno invasiva la somministrazione dell’Ru486 piuttosto che un raschiamento. L’esito finale però non cambia: è sempre una aborto.
Credo ci sia dietro una manovra politica. Io sono un medico obiettore e considero l’aborto l’uccisione di un bambino. Non giudico chi ha fatto questa scelta, io, però, non lo farei mai e non praticherei mai un aborto ad un’altra donna. Facendo l’ecografia già a sei settimane si vede un piccolo cuore che batte. E’ un puntino di soli 4 millimetri, estremamente piccolo ma, si vede, si sente e io non posso far finta che non esista!