Come si fa a non parlare del caso della settimana, l’affare Monte dei Paschi di Siena? Nato nel 1472, il Monte è la banca più antica ancora operante al mondo…ma è o era? Infatti se sulla data di fondazione possiamo essere certi, non siamo ancora in grado di conoscere la situazione attuale; possiamo decretarne il de profundis oppure no.
La mega voragine di bilancio ebbe origine con l’acquisto di Antonveneta, per la quale l’istituto senese si svenò per volere dell’allora presidente Giuseppe Mussari e del direttore generale Antonio Vigni (da notare che secondo la stampa nazionale la procura starebbe indagando anche su alcuni super bonus concessi alle alte cariche di MpS). Per coprire la fossa creata dalla pessima gestione sarebbe già pronto un piano straordinario. In cosa consiste? Se MpS ritenesse necessario un aiuto economico lo stato sarebbe pronto a “prestare” la liquidità necessaria, da rendere con gli interessi (?); qualora il Monte, ottenuto il prestito, non fosse in grado di restituirlo nelle casse del Tesoro andrebbe un corrispettivo in azioni…ergo: già si prende in considerazione l’ipotesi di nazionalizzare l’istituto senese.
Ma lasciando perdere questioni future e responsabilità dei singoli, da cosa dipende la deriva del Monte dei Paschi? Sicuramente dalla commistione tra politica e banca. Sì, perché negli ultimi 20 anni i sindaci senesi di giorno vestivano la fascia tricolore, di notte erano impiegati bancari. Bersani può aversene a male quanto vuole ma sono state le passate gestioni Pds-Ds ad aver determinato l’attuale situazione. Per evitare che a livello locale gli interessi si mescolino e sovrappongano sarebbe necessaria una naturale, e sana, alternanza.