Modena 2050 e Modena 2008

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Si pensa al futuro senza risolvere i problemi di oggi 

Ma per davvero si pensa che tutto sia ormai a posto, che il problema della sicurezza in zona Tempio-Stazione-Attiraglio-Gramsci sia stato ormai risolto, con un paio di minisagre di paese, con la chiusura del Circolo ACLI SENZA COLORE, con un po’ di rete, di filo spinato e una lampada simil-votiva nel sottopasso carrabile in Viale Mazzoni? Con la presenza di un agente di quartiere in Viale Gramsci?

Quasi ogni sera i soliti nordafricani hanno ripreso a bivaccare  e vomitare chiassosamente  in barba al Regolamento di Polizia Urbana di Modena, lungo la solita scala del cavalcavia Mazzoni di fronte al Phone Center gestito da Pakistani e al Glamour.

Naturalmente sotto gli occhi della telecamera all’incrocio con Via Niccolò Dell’Abate.

Per espletare i loro bisognini, invece, poiché sedersi sul bagnato non è sempre gradevole e poiché non passa  più nessuno a sanzionarli per questo, i bivaccatori ogni tanto scendono alla base del sottopasso carrabile, a ridosso della recinzione della sede ferroviaria e delle abitazioni.

Ed è di poco tempo fa la notizia dell’aggressione in Viale Crispi poco dopo le 20:00 di una giovane romena da parte di due moldavi (uno dei quali non ottemperante alla Legge Bossi-Fini): pugno al volto e mano fratturata.

Quella medesima sera, poco più tardi, poiché pioveva e all’interno del sottopasso carrabile di Viale Mazzoni è stata installata solo una lampada, ma non la telecamera richiesta fin dall’agosto scorso, tre spacciatori hanno ritrovato ambiente ideale per i loro traffici.

Qualche tempo addietro in Via Paolo Ferrari si è verificata una rissa nel negozio di acconciatori Phoenix, negozio che, pur avendo orario di chiusura fissato alle 21:30, per quasi tutta l’estate passata non era difficile vedere aperto, indisturbato, fino a ben più tarda ora.

Ma in caso di risse con intervento delle forze dell’ordine, non dovrebbe essere prescritta la chiusura dell’esercizio per quindici giorni? Come mai il locale è rimasto aperto senza soluzione di continuità?

Recente è pure la notizia di un accoltellamento e di un  paio di arresti anche per spaccio: presso il Condominio ERRE NORD 2 e in Via Buozzi, con buona pace per quei consiglieri di circoscrizione che avevano pubblicamente sostenuto che colà si vive in un’oasi di pace e tranquillità.

Poco tempo fa un paio di rapine: una in corrispondenza del sottopasso Gramsci-Canaletto che qualcuno vorrebbe fare riaprire, e un’altra nelle vicinanze.

Dell’altro giorno, ancora, la notizia di bivaccatori trovati a campeggiare sotto la pensilina all’ingresso dell’ex Cinema Principe: trovati, allontanati, ma nessuno sa se sanzionati o meno, come il Regolamento di Polizia Urbana prevederebbe.

Quasi ogni giorno possiamo apprendere notizie di questo tenore dagli organi di informazione.

Di più: da ben prima di Natale i passaggi delle pattuglie delle forze dell’ordine si sono sensibilmente rarefatti.

Se non fosse per la rinnovata presenza di “orinatori” e “orinatrici” lungo la strada (le pari opportunità sembrano essere state finalmente raggiunte anche tra gli immigrati africani: possiamo andarne fieri); se non fosse per l’assenza di contravvenzioni sui parabrezza delle  auto parcheggiate sui marciapiedi di fronte al Glamour e al Phone Center di Viale Mazzoni e in posti riservati ai disabili, per quelle che circolano contromano, per gli schiamazzi notturni che a volte perdurano, anche con intralcio al traffico, fino alle quattro-cinque di mattina, verrebbe da pensare che l’assenza delle auto fosse compensata dalla presenza in loco di agenti in borghese.

O dalla sorveglianza a mezzo telecamere per la cui osservazione – così è stato scritto con parecchia enfasi sui quotidiani tempo addietro – sia la Questura, sia la nuova sede della Polizia Municipale di Via Galilei, sono ora dotate di modernissime sale.

Ma allora perché occorre sempre telefonare per segnalare ciò che proprio dinnanzi  tali telecamere avviene?

Forse perché ora vi sono le sale, ma continua a mancare il personale per tenere sotto controllo le telecamere e fare intervenire le pattuglie?

Oppure perché l’illuminazione è talmente fioca che nemmeno gli
occhi elettronici riescono a fornire immagini nitide?.

Questi sono i nuovi e i vecchi riaffioranti problemi che interessano i cittadini residenti nella zona: si badi che si è scritto “cittadini residenti”.

Di certo interessano meno chi gestisce attività commerciali diurne, che nulla possono sapere di quanto avviene nelle ore serali e notturne.

Di certo poco riguardano quei gestori di esercizi che hanno visto imporre la chiusura a tutti i locali gestiti da immigrati solo nel tratto di strada nel quale si trova la loro attività.

Buon senso però vorrebbe che quantomeno non esprimessero giubilo a nome di tutti.

Come residenti vorremmo anche sgombrare il campo da possibili accuse di immobilismo e di conservatorismo: siamo interessatissimi al futuro della nostra città.

Siamo, come cittadini, convinti che la bellezza, la vivibilità delle nostre città, sia il risultato dell’evolversi nel tempo delle sue esigenze, del progresso (o regresso?), della scoperta e dell’utilizzo di nuovi materiali e tecnologie costruttive, che hanno portato nei secoli a quelle straordinarie giustapposizioni pseudocasuali che suscitano in noi memoria ed emozioni.

Così come siamo altresì convinti che non si possa in alcun modo tentare di riprodurre tale processo attraverso discussioni, attraverso pianificazioni di un futuro troppo difficile da prevedere.

Ogni volta che nel passato si è cercato di programmare il futuro sono stati commessi errori, realizzati “mostri”: quartieri dormitorio, ghetti, invivibili banlieues.

Stigmatizzati e additati pressoché unanimemente da urbanisti e cittadini.

Ora invece non solo si assiste ad una sorta di revival, alla base del quale sembrano stare le previsioni elaborate con certezza magari da qualcuno che nel 2050 con ogni probabilità non sarà nemmeno più cittadino di questo mondo terreno (previsioni elaborate in base a quanto sta accadendo ora ed è accaduto in passato, si noti), ma da parte di alcuni viene addirittura propagandata la rivalutazione proprio di quei quartieri, di quei palazzoni prefabbricati che assai da vicino ricordano il neo-costruttivismo di sovietica memoria, quando per anni e anni, e a nostro avviso a ragione, erano stati portati come esempio di ciò che occorre evitare di realizzare.

Quando per anni e anni nelle università i docenti si sono sgolati per insegnare agli studenti che edifici e città non devono essere il risultato di una semplice “somma”.

 Quindi sì al dibattito (purchè di dibattito e non di televendita si tratti), ma prima di concedersi a ipotecare il futuro con pericolose quanto pretenziose previsioni, si pensi a porre rimedio agli errori commessi anche nel recentissimo passato.

Si elimino i ghetti (che qualcuno in Comune  – abbiamo scoperto – definisce “filiere”) di Viale Crispi e di Viale Mazzoni, prima di tutto, ridistribuendo omogeneamente sul territorio le attività gestite da immigrati, disciplinandone nel contempo gli orari di apertura in modo tale che risultino controllabili e in linea con gli usi e i costumi della città che li ospita e che consente loro di vivervi in pace da uomini liberi: per quanto possa apparire strano a qualcuno qui siamo ancora in Italia, e non si comprende pertanto perché gli immigrati possano osservare orari di apertura che sarebbero consoni con gli usi e costumi di Barcellona, ad esempio, ne’ per quale recondito motivo dovremmo essere noi ad assuefarci alle loro abitudini.

Si mettano paracarri a protezione dei marciapiedi di fronte ai Phone Center per evitare parcheggi selvaggi che costringano persone anziane e disabili ad avventurarsi in mezzo alla strada.

Si provveda ad eliminare la possibilità di aggirare la norma che rende necessaria la dotazione di toilettes per i clienti ai locali commerciali semplicemente richiedendo una licenza da artigiano, anche quando è evidente a tutti che il tipo di attività svolta non è solo artigianale.

Si riprendano i lavori del Museo Ferrari, ci si decida una buona volta a emettere ordinanze nei confronti di quanti, dimostrando incuria  verso i propri fabbricati oltre che a lasciarli inutilizzati, contribuiscono al degrado di intere porzioni di città (ex cinema Principe, fabbricato ex-Poste, edificio ex-Telecom).

Si proceda allo sblocco dell’area oggetto della contesa Esselunga-COOP in Via Canaletto e a far realizzare il progetto.

Si pensi con molta più umiltà a questo, prima di spingersi a dare forma alla Modena del 2050.

Come Modenesi siamo anche naturalmente molto affezionati alla vecchia palazzina del Vigarani, e ci compiacciamo del suo restauro.

Non solo: auspicheremmo un’analoga operazione anche per la splendida cancellata del Malagoli che fa da recinzione al Giardino Ducale, e per il Palazzo Ducale, considerato l’attuale stato di conservazione di entrambi.

Pur tuttavia non riusciamo ad appassionarci al tema dell’”inquinamento architettonico” da parte del “gigante” alle spalle della Palazzina.

Sarà che basterebbe “schermarlo” con un paio di piante sempreverdi opportunamente scelte, sarà che la proposta di abbatterne gli ultimi piani avanzata da qualcuno fa orrore semplicemente all’ipotesi di dover imporre di lasciare la propria casa a chi vi abita, sarà che anziché guardare la porzione alta di quel fabbricato sarebbe a nostro avviso sorvegliarne meglio la prospettiva ad altezza d’uomo: uno dei luoghi maggiormente frequentati da giovanissime prostitute è proprio l’angolo tra Viale Caduti e Via Muzzioli, infatti.

Concludendo, da cittadini riteniamo di poter partecipare al dibattito sul futuro della nostra città, sempre che siamo rispettati e ascoltati, e che prima di salire su un’improbabile macchina del tempo la priorità sia assegnata ai problemi di oggi, che non sono pochi.

Perchè non ci dà nessuna fiducia chi pensa al futuro ignorando il presente.

Si ponga rimedio alle emergenze di oggi con un occhio al domani, senza spingersi troppo al di là delle umane possibilità, seguendo nel tempo l’evolversi delle esigenze e del conseguente sviluppo della città così com’è: un processo dinamico in continuo divenire per il quale nessuno è in grado di elaborare ricette valide in assoluto.

E noi ci saremo.

Diversamente non risparmieremo critiche ne’ manifestazioni di dissenso a nessuno.

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