Migranti e le verità tardive

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Ci sono voluti 52 mesi di indagini per arrivare al decreto di archiviazione datato
dicembre 2021, ma ci sono voluti altri mesi per la spedizione.

Chi riscriverà le vicende che hanno portato nel 2017 Don Mosè Zerai ad essere indagato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lui, sacerdote eritro, candidato al Nobel per la pace nel 2015.

Ci sono voluti 52 mesi di indagini per arrivare al decreto di archiviazione datato dicembre 2021, ma ci sono voluti altri mesi per la spedizione.

Per inciso: il Governo allora aveva come presidente del consiglio Gentiloni e come ministro Minniti.

“Non ne sapevo nulla – afferma Don Serail – e quello che più mi addolorò è che lo appresi dai giornali. Mi trovavo in viaggio in Etiopia quando ricevetti la chiamata di un confratello che mi lesse i titoli dei quotidiani”.

Come scrive l’Ansa; “Don Zerai è fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, salvagente dei migranti e ha sempre offerto assistenza telefonica a chi si accinge a partire, avvertendo le autorità quando imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo si trovano in difficoltà per organizzare il salvataggio. Una prassi consolidata e del tutto legale che il sacerdote ha sempre seguito in mare fin da quando i migranti erano detenuti nella Libia del rais, il colonmello Gheddafi, e in terra quando lanciava l’allarme per i disgraziati che finivano nelle mani degli spietati predoni beduini trafficanti di organi nel deserto egiziano del Sinai.

“Prima ancora di informare le Ong – ribadisce don Mosè – dopo aver ricevuto le chiamate dei profughi in partenza dalla Libia ho ogni volta chiamato la centrale operativa della Guardia costiera italiana e il comando di quella maltese. Non ho mai avuto rapporti con la Iuventa (posta sotto sequestro dalla Procura trapanese) né, tantomeno, ho mai aderito a chat segrete e ho sempre comunicato attraverso il mio cellulare”.

Qualcuno per tutto questo dovrebbe pagare, perché la situazione peggiorò ulteriormente con il successivo ministro Salvini,

Chissà se almeno, prima o poi, sapremo la verità e il perché?

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