Lo sciopero generale non è un problema per l’Italia

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L’Italia la mandano avanti insieme, lavoratori e datori di lavoro e proprio la rottura di questo patto sta diventando il problema, non certo un giorno di sciopero, giusto o sbagliato che sia. Il problema è nelle aziende che chiudono; è nelle delocalizzazioni selvagge; è il  lavoro nero, è lo sfruttamento al limite della schiavitù.

 


“Credo che lo sciopero generale sia un problema per l’Italia, in una diatriba tra una parte del sindacato e il governo chi viene penalizzato è il mondo del lavoro e delle imprese – ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bononi a proposito dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil – Mi sembra che sia proprio una strada sbagliata. Credo che gli italiani chiedano altro, di confrontarsi seriamente sul mondo del lavoro che si sta trasformando, come sempre c’è qualcuno che scenderà in piazza e gli imprenditori andranno in fabbrica per mandare avanti l’Italia come sempre””.

Per quante volte io sia andato in aziende, ho sempre visto gli operai e soltanto qualche volta gli imprenditori.

L’Italia la mandano avanti insieme, lavoratori e datori di lavoro e proprio la rottura di questo patto sta diventando il problema, non certo un giorno di sciopero, giusto o sbagliato che sia. Il problema è nelle aziende che chiudono da un giorno all’altro; è nelle delocalizzazioni selvagge, negli affitti a cooperative spurie di parti dei processi produttivi, nelle esternalizzazioni speculative; è il lavoro nero, lo sfruttamento al limite della schiavitù; è nella vendita a fondi comuni che hanno come unico fine spremere nell’immediato senza costruire il futuro; è nello sfruttamento delle microimprese e degli artigiani, ricattati sul prezzo delle forniture, pagate in ritardo o addirittura sottopagate,

Il problema sono i costi energetici, l’approvvigionamento delle materie prime, la pandemia,

Sono sbagliate le motivazioni addotte dai due sindacati? “Pur apprezzando lo sforzo e l’impegno del Premier Draghi e del suo Esecutivo, la manovra è insoddisfacente, in particolare sul fronte del fisco, delle pensioni, della scuola, delle politiche industriali e del contrasto alle delocalizzazioni, del contrasto alla precarietà del lavoro soprattutto dei giovani e delle donne, della non autosufficienza, tanto più alla luce delle risorse, disponibili in questa fase, che avrebbero consentito una più efficace redistribuzione della ricchezza, per ridurre le diseguaglianze e per generare uno sviluppo equilibrato e strutturale e un’occupazione stabile”.

Io credo di no. potrà essere sbagliato lo strumento, ma non farà male. Del resto, lo pagano prima di tutto gli stessi lavoratori e e per le aziende è come fare un giorno di cassa integrazione in più, visto che ormai è diventato uno strumento strutturale fisso. Ritmi massimi per 10/11 mesi e poi chiusura programmata, ben lontana dall’originaria finalità della cassa integrazione.

Do ragione al presidente di Confindustria quando dichiara: “Credo che gli italiani chiedano altro, di confrontarsi seriamente sul mondo del lavoro che si sta trasformando”. Ma è il sindacato che rifiuta questo confronto?

 

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