L’intempestiva lista degli Impresentabili

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di Alberto Venturi

Nella lotta intestina del Pd, culminata a poche ore dal voto regionale con l’elenco degli ‘Impresentabili’, diffuso dal presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, è inutile cercare vittime innocenti.

 

  Rosy Bindi spara in pratica ad altezza d’uomo contro Vincenzo De Luca, ma la ‘impresentabilità’ del vicere campano è quantomeno dubbia, rifacendosi a un caso di concussione continuata,  abuso d’ufficio, truffa aggravata, associazione per delinquere del 1998, per la quale lo stesso De Luca ha rinunciato alla prescrizione. E’ invece molto più probabile la sua ‘ineleggibilità’ determinata dalla Legge Severino e allora perché Matteo Renzi ha insistito su un cavallo a rischio di squalifica? Perché avrebbe vinto, ma con questa scelta rottama se stesso come rottamatore; cambia uomini infilandoci i suoi, ma non cambia il metodo e assume il ruolo di ‘doroteo degli anni Duemila’ con molto meno appeal per gli elettori, tentati più da una giornata al mare che da un passaggio ai seggi.

 

  Si veda lo scossone arrivato dalla Liguria dove è in svantaggio Raffaella Paita, sospinta a forza dal leader Pd, nonostante sia stata votata alle primarie da un pateracchio di personalità d’ogni risma e colore, a significare la morte della politica e l’avvento delle corti di potere.

 

  Nel Pd hanno vinto candidati a-renziani, cioè dotati di una propria personalità politica a prescindere, capace di attirare consensi, come Emiliano in Puglia e lo stesso De Luca in Campania, mentre sono in difficoltà i candidati espressione del gruppo renziano di potere. Forse proprio la voglia di stravincere rischia di fare tramontare l’astro di Matteo Renzi; ha sbeffeggiato e deriso chiunque gli avanzasse critiche e dubbi; ha pontificato slogan contro tutti, ma ha usato gli stessi sistemi contro i quali lui era stato eletto ed ora perciò non deve stupirsi se qualcuno gli rende pan per focaccia, muovendosi con modalità altrettanto spregiudicate e arroganti.

 

  Se la bomba Bindy ha fatto molto rumore, producendo nell’immediato pochi risultati (vedi il successo di Vincenzo De Luca, stravincitore con più voti di quelli ottenuti dalle liste sostenitrici) potrebbe avere uno scoppio ritardato quando sarà affrontata l’incompatibilità con la Severino. Nel frattempo molte piccole altre bombe stanno esplodendo, capaci di produrre smottamenti nel castello renziano del consenso, come l’invito all’astensionismo della Cgil veneta. Nessuno può stupirsi se il sindacato della Camusso  fatica a riconoscersi in un leader che li ha delegittimati, così, per gli stessi motivi, non può aspettarsi aiuti da chi ha emarginato all’interno del Pd, o da chi, seguendo Civati, è uscito dal partito.

 

C’è una parte dell’Italia indecisa che ha smesso di guardare a Renzi come forza del cambiamento, andando ad ingrossare le fila del Movimento 5 Stelle o quelli restati nel salotto di casa. Il Pd ha bisogno delle diverse anime che lo compongono, quella centrista, derivata dai Popolari, quella cattolica più a sinistra dei Democratici, quella dell’ex Pci e quella dell’area socialista. Ha davanti tre strade: recuperare l’energia e le idealità dell’Ulivo, ridiventare la balena bianca, come la Dc, capace di digerire tutto e il contrario di tutto con l’unico collante del potere o frammentarsi e diventare ininfluente. Vedremo quale mediazione saprà mettere in campo Renzi perché l’attore principale, forse l’unico, resta lui.

di Gianni Galeotti

  L’unica cosa per me davvero impresentabile, in un Paese che ancora dovrebbe e vorrebbe mantenere un benché minimo equilibrio di pesi e contrappesi a livello istituzionale, è proprio la lista degli impresentabili presentata dalla commissione antimafia e resa nota, guarda caso, a ridosso delle elezioni, anzi a ridosso del voto. Con tanto di nomi e cognomi di candidati pronti a confrontarsi con il consenso popolare.

 

  E’ il caso di De Luca, eletto Governatore della Campania. Un’impresentabile che dovrà per forza di cose essere sospeso, ma per effetto della Legge Severino e non certo per il bollo della Commissione antimafia. E qui sta il punto. Perché la commissione è dovuta intervenire in piena campagna, anzi ormai in pieno voto, in un ambito già ampiamente regolato dalla giustizia e dalla normativa vigente?

  La ragione l’ha ipotizzata per me giustamente Renzi, con una dichiarazione che, considerata bene, pesa come un macigno sul piano istituzionale: la commissione antimafia sarebbe stata piegata, nelle sue funzioni, alle logiche da regolamento di conti all’interno del PD. Ovvero quello di Rosi Bindi rispetto all’ala renziana. Che davvero sia così o meno, ciò che è successo è comunque, oltre che grave, il segno di un Paese nel più totale caos istituzionale dove riferimenti e limiti sono saltati, dove appunto non c’è più equilibrio, e dove non si sa più davvero chi comanda. Abbiamo una magistratura che sempre più spesso entra a gamba a tesa nella politica, una politica che attraverso magistrati prestati alla politica e poi tornati in magistratura, si fa essa stessa magistratura. Un premier non eletto ed un parlamento eletto con una legge anticostituzionale e superata. E poi ci si domanda il perché i cittadini non vanno più a votare. 

 

  Bene, anzi male: a fare da cornice a questo caos di poteri saltati e mischiati l’uno all’altro ci mancava questa inspiegabile (se non in una lettura renziana), e quanto più inopportuna, inutile e non richiesta, entrata a gamba tesa nella campagna elettorale da parte di un organismo che pur nella sua legittimità ed (autorevolezza?), è sembrato, per evidente volontà della sua Presidentessa, esponente di spicco del Partito Democratico (o meglio, di una parte di esso) Rosi Bindi, forzare davvero i limiti entrando in un ambito già regolato e vigilato dalla legge. Agli occhi dei cittadini alle prese con portafogli vuoti e disoccupazione questa parata di moralità puzza di inutile ed ennesima presa per i fondelli.

 

  Tutto ciò ben lungi da eccessi di garantismo. Non si tratta di questo. Ci sono gi
à le leggi a definire l’inammissibilità delle candidature, l’incompatibilità degli eletti, la revoca degli incarichi, ecc….

  In un contesto politico logorato, degradato, c’era bisogno di tutto fuorché di questo pasticcio.

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