Le scuole aperte d’estate! Le scuole italiane?

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L'estate è il momento magico di incontro delle famiglie, non solo in vacanza. Le sere si allungano, ci sono spettacoli, fiere, opportunità di uscire insieme, andare nei parchi, fare una passeggiata; è il momento di recuperare, senza libri e compiti, un rapporto disteso con i propri figli, reso più difficoltoso in inverno dall’iperattività dilagante.

 


Mi verrebbe voglia di denunciare la ministra dell’istruzione Valeria Fedeli per violenza sui minori quando vuole aprire le scuole d’estate ‘perché lo chiedono le famiglie’, seppure l’esigenza in effetti ci sia, stando al fiorire di centri estivi comunali, dal nido in poi, di gres parrocchiali e di opportunità private indirizzate allo sport, all’escursionismo, a soggiorni all’estero.

Denuncerei il ministro perché vorrebbe ‘internare’ i nostri figli negli edifici scolastici, fatti di aule piccole, a malapena sufficienti per sedersi al banco, di spazi esterni disadorni e asfittici, di pochi laboratori (se ci sono) e una palestra. Tra l’altro non prevede il coinvolgimento del corpo docente (per non mettersi contro la categoria, una delle poche rimaste con le iperferie), ma pensa al coinvolgimento dell’associazionismo locale.

Se la scuola deve essere soltanto un ambiente ‘prestato’ non si tratta di una riforma, ma di un ripiego. Aggiungo, difficilmente realizzabile se Pino Turi, segretario generale della Uil scuola ci tiene a precisare: «Per noi quello che conta è tenere ben distinta l’assistenza dalla scuola vera e propria. Sono due funzioni distinte. Dal mio punto di vista la scuola non è un servizio assistenziale e sociale ma una funzione dello Stato molto precisa che attiene alla formazione degli studenti. La scuola forma i bambini, non li assiste. Se questo è il significato, pensare di tenere le scuole aperte tutto l’anno è una stupidaggine”.  Chissà perché; la formazione è un esercizio stagionale? Va da male con il caldo? Fuori di battuta, ognuno ha la sua parte di ragione e diritti acquisiti contrattualmente da difendere. La vedo dura, ma io farei un passo indietro per diversi altri motivi.

Per rispondere all’effettivo bisogno delle famiglie di assistenza quando i genitori sono al lavoro, bastano le realtà locali se soltanto il ministero, invece di volere impantanarsi in un nuovi servizi, con strutture organizzative pesantissime e operosissime, pensasse a finanziare i comuni con un apposito capitolo, lasciando ad ogni comunità decidere di quali centri estivi abbia bisogno, in che fasce orarie e in che ambienti svolgerli… anche una scuola, quyando necessario.

La richiesta di servizi integrativi non è legata soltanto al periodo estivi: ormai chiedono il nido aperto ventiquattro ore su ventiquattro perché certi genitori ritengono il sostegno durante il lavoro pari una serata libera senza figli. Qui siamo oltre; ci si può mettere d’accordo con altre coppie di sposi, ci sono le reti parentali, ci sono le babysitter; non si può pretendere di ottenere dalla comunità la risposta a qualsiasi esigenza.

E poi… l’estate è il momento magico di incontro delle famiglie, non solo in vacanza. Le sere si allungano, ci sono spettacoli, fiere, opportunità di uscire insieme, andare nei parchi, fare una passeggiata; è il momento di recuperare, senza libri e compiti, un rapporto disteso con i propri figli, reso più difficoltoso in inverno dall’iperattività dilagante: scuola, corsi di musica, attività sportiva, feste e compleanni già da piccolissimi, tutto un correre stressante. In estate possiamo incontrarci con i nostri figli, ma forse, se non riusciamo a farlo d’inverno, perché dovremmo riuscirci d’estate?

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