Le mani sui nostri soldi

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Con la scusa dell’esigenza di stare al passo coi tempi e con le sfide internazionali si vogliono sfilare dalla proprietà popolare dieci importanti istituti di credito per darli in pasto alla speculazione nazionale e internazionale, non appena le popolari verranno trasformate in SpA.

Le Fondazioni bancarie, quelle istituzioni nate sul territorio con i soldi della gente che per decenni assolsero a quella che dovrebbe essere la primaria funzione sociale di una banca cioè quella di fare credito, nel 1990 vennero di fatto privatizzate per la legge. Un esproprio mascherato da esigenze di modernizzazione. La legge era firmata da Ciampi e Amato. Sì, proprio quel Giuliano Amato, socialista, che nel 1992 prelevò, sempre per legge, nottetempo, dai conti correnti degli italiani una parte dei loro risparmi e che adesso per questi “alti meriti” rischia di diventare Presidente della Repubblica. Proprio come Ciampi.

A distanza di 25 anni la storia si ripete. Stavolta è Renzi a espropriare le dieci più grandi banche popolari, la più importante delle quali è il veronese Banco Popolare. Con la scusa dell’esigenza di stare al passo coi tempi e con le sfide internazionali si vogliono sfilare dalla proprietà popolare, appunto com’è indicato nella ragione sociale, dieci importanti istituti di credito per darli in pasto alla speculazione nazionale e internazionale, perché questo avverrà non appena le popolari verranno trasformate in spa. A farlo è ancora una volta un esponente della sinistra che è più interessata a difendere gli interessi della finanza internazionale e dei grandi potentati economici piuttosto che quelli del popolo.

Se l’intento di Renzi andrà in porto la proprietà delle banche popolari, fino ad oggi nelle mani dei soci che le governano votando nelle assemblee secondo il principio una testa un voto, che affonda le radici nello spirito cooperativo di tali istituzioni, andrà fatalmente a finire nelle mani di qualche gruppo finanziario.

E così un altro pezzo di sovranità popolare se ne va. E con essa un altro pezzo di libertà. Perché sia la sovranità che la libertà, se non supportate dal potere reale, dal controllo della propria ricchezza, dalla sovranità monetaria e da quella politica di scegliere i propri rappresentanti, diventano una fastidiosa presa in giro.

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