L’agricoltura italiana deve chiudere

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Gli agricoltori sono  abbandonati da tutti, accompagnati dal cinismo dei supermercati dediti solo a curarsi dei propri interessi senza pensare che l’anello più importante della filiera della produzione di derrate alimentari sono gli agricoltori stessi.

 


Il titolo di questo articolo potrebbe sembrare provocatorio, pensato per attirare la curiosità dei lettori, ma purtroppo è soltanto la amara verità. Mi limiterò ad analizzare una agricoltura locale, a dimensione provinciale al massimo regionale per non affrontare problemi di dimensioni troppo vaste e di difficile approfondimento.

Il primo prodotto che vado ad analizzare è la pesca  sia quella con il pelo che quella senza comunemente chiamata nettarina. Dall’inizio della stagione per intenderci dal venti di giugno non ha mai incontrato un mercato favorevole anzi è andata peggiorando in modo drastico al punto tale che parla di liquidazioni all’agricoltore intorno ai 15 centesimi aql kh. Si avete capito bene ,ripeto 15 centesimi al kg. Voi consumatori vi chiederete come sia possibile tale liquidazione quando le pesche che comprate al supermercato costano care? La scorsa settimana mi sono divertito a rilevare prezzi di vendita di pesche e nettarine in alcune grandi superfici della zona che tra l’altro è anche vicina alle zone dei produzione ( meno di 100 km di distanza). Panorama vendeva l’articolo sopracitato a 1,69 al kg , Esselunga lo vendeva a 1,98 ed infine Conad lo vendeva a 2,29. Lascio a voi i commenti. La merce esposta in vendita era di calibro A e AA, pezzature che all’ingrosso valgono, pertanto vengono acquistate dai supermercati a 0,70/0,80 € al kg. Il prezzo di liquidazione all’agricoltore di 0,15 viene determinato dalla media dei vari calibri detratti delle spese di confezionamento e di spedizione che ha la centrale di lavorazione sia essa una cooperativa di agricoltori o sia esso un commerciante privato al quale l’agricoltore conferisce la propria frutta .Siccome quest’anno c’è molto calibro piccolo (B e C) questi vengono utilizzati per confezionare i cestini da 1 kg che vengono venduti prevalentemente ai supermercati tedeschi e nord europei ad un prezzo di 0,45 € al cestino con un costo di 0,35 di spese di co9nfezionamento. Il ricavo netto di       € 0’30  per calibri A e AA fatte le giuste proporzioni porta a quella rovinosa liquidazione di € 0,15 al kg. Un bravo agricoltore ha un costo di produzione compreso delle spese di raccolta che si aggira attorno ai 30 centesimi al kg, centesimo più centesimo meno. Voi capite facilmente che questo sistema non può funzionare, l’agricoltore abbassa il prezzo del proprio prodotto fino ad andare abbondantemente sotto il costo di produzione per vendere più quantità e almeno smaltire le scorte del prodotto raccolto in questo periodo e per sperare di vendere meglio il prodotto che raccoglierà successivamente per vedere di migliorare la media di vendita e arrivare così almeno a coprire i costi di produzione , ma così facendo non fa altro che aumentare il margine commerciale del supermercato che è completamente disinteressato ai problemi dell’agricoltore. Il consumatore dal canto suo considerando anche il momento di crisi e di scarsità di liquidità acquista le pesche e le nettarine come se fossero una merce rara e ne acquista una quantità minima quando alla produzione ci sono problemi di spazio frigorifero per contenere la merce raccolta , d’altronde il consumatore vedendo dei prezzi tipo € 2’29 (che sono circa 4500 delle vecchie lire) non può pensare altro che ad una scarsa produzione delle pesche o a calamità naturali che hanno spazzato via la grande maggioranza della produzione,( naturalmente il messaggio è completamente sbagliato visto che la produzione di quest’anno è normale tendente all’abbondante).

Analizziamo ora il settore dei suini che è molto sentito specialmente nelle province di Reggio E  e Modena. Gli sventurati allevatori di suini della nostra zona stanno producendo in perdita da molto tempo, si sono economicamente dissanguati insistendo a produrre un maiale che viene considerato il migliore al mondo per gusto e proprietà organolettiche, l’unico adatto a confezionare salumi di qualità che la nostra zona produce e per cui siamo diventati famosi in tutto il mondo . Il mercato , per pochi euro al kg ,in meno preferisce prosciutti di origine olandese, tedesca, belga, francese o spagnola  stagionati in Italia. Tutti sanno che le carni di quelle provenienze sono allevate con alimentazioni di scarsa qualità, vengono prodotti in tempi corti perché vengono macellati più piccoli rispetto ai nostri e pertanto le carni non sono mature al punto giusto, sono gonfie ed hanno dei cali peso naturali molto elevati,prova della scarsa consistenza dela scarsa consistenza della materia . dalla nascita del suino al taglio del prosciutto può passare anche meno di un anno, quando dalla nascita di un suino allevato nella nostra zona, macellato una volta raggiunto un peso minimo di 180 kg e al taglio del prosciutto sia esso un Parma o un dop Modena ne passano quasi due .La differenza di prezzo che fa il mercato tra un prosciutto estero stagionato in Italia e un prosciutto di Parma (che per disciplinare deve provenire da un maiale pesante allevato in Italia ) non giustifica la grande differenza di qualità e di sanità del prodotto finale. La velocità con cui si alleva il maiale estero e la velocità con cui si stagiona il prosciutto derivante da quel maiale fa sì che nella filiera di produzione tutti i soggetti chi più e chi meno siano remunerati del proprio lavoro mentre la lentezza con cui viene allevato il maiale italiani e la artigianalità con cui vengono stagionati i prosciutti derivanti da quei suini portano ad una filiera che è tutta in perdita, soprattutto gli allevatori. Naturalmente con questi andamenti gli allevatori chiudono o fanno dei contratti di soccida dove il capitale cioè i maiali non sono più loro ma sono di proprietà di un finanziatore esterno che nelle maggior parte dei casi è il fornitore dei mangimi che aveva accumulato un credito troppo alto nei confronti dell’allevatore il quale viene relegato alla figura che mette a disposizione la porcilaia e la mano d’opera per allevare i maiali.

Si potrebbe andare avanti ad analizzare altri settori , come quello del parmigiano reggiano e delle speculazioni che i grandi industriali del grana padano mettono in atto per deprimere il prezzo del formaggio più genuino e famoso al mondo .

Si potrebbe analizzare il settore della produzione delle pere così care alle provincie di Modena e Ferrara  che negli ultimi anni non hanno dato che dispiaceri agli addetti ai lavori . Settore questo dove come in quello delle pesche abbiamo il problema del prezzo di vendita dei supermercati rispetto alle liquidazioni disastrose agli agricoltori. 

Tutti questi problemi che assillano l’agricoltura locale portano inevitabilmente alla chiusura delle aziende agricole, perche come per una officina meccanica può risultare relativamente facile cambiare la sua produzione se si accorge che sta producendo in perdita in quanto gli utensili sono versatili e per esempi produco bulloni che il mercato non richiede più, posso con la stessa officina meccanica e con gli stessi utensili trasformati produrre altri tipi di bulloni o altri prodotti, mentre per una aziende agricole che si è specializzata nella frutticoltura e che semmai ha acceso dei finanziamenti per piantumare un frutteto che è ai primi anni di produzione non gli è possibile cambiare la coltura se non in tempi molto lunghi che possono portarlo al fallimento. Naturalmente ancora di più lo stesso esempio vale per gli allevatori di suini e per gli allevatori di vacche da latte dper la produzione di parmigiano reggiano; ma ciò che stupisce e che mi ha portato a titolare questo articolo con quel titolo che esprime tanto pessimismo è che tutto ciò avviene nella totale indifferenza dello stato e delle associazioni di categoria  che si limitano
a parlare dei problemi ma in concreto non fanno niente  D’altronde che cosa ci si potrebbe aspettare da associazioni  che non solo non difendono i propri associati, ma a volte li penalizzano come nel caso scoppiato in questo ultimo anno sui ,pagamenti della bonifica.

Spiego brevemente.

Un agricoltore che si avvalga della bonifica dell’ Emilia Centrale per irrigare le proprie colture da quest’anno se e in ritardo con i pagamenti della propria quota non gli viene erogata l’acqua . Questa è una decisione presa all’interno del CDA di questo organismo al quale partecipano tutti i rappresentanti delle associazioni di categoria.

Analizzando settore per settore l’agricoltura locale vi sarete resi conto di quanti settori ci siano in perdita, e a forza di perdere le riserve economiche finiscono, e se un povero agricoltore è in ritardo con la rata della bonifica non per volontà sua ma per cause di forza maggiore, ripeto, il povero agricoltore che già ha scarse risorse perché produce prodotti in perdita e non può cambiare settore se non in un tempo molto lungo non gli viene neanche erogata l’acqua per irrigare , così produce poco e male e si finisce di rovinare per sempre !

L’assurdo è che queste decisioni vengono prese dai rappresentanti della sua categoria ai quali paga semmai da decenni la tessera annuale e i servizi di cui usufruisce. Dove è finito lo spirito di corpo ?Una piccola percentuale di agricoltori che pagheranno in ritardo la bonifica quale danno possono mai procurare all’intera comunità? Non sarebbe meglio vedere di economizzare di più sulla gestione della bonifica stessa ?

Gli agricoltori abbandonati da tutti, accompagnati dal cinismo dei supermercati dediti solo a curarsi dei propri interessi senza pensare che l’anello più importante della filiera della produzione di derrate alimentari sono gli agricoltori stessi pertanto ci si dovrebbe preoccupare di garantirgli un reddito minimo, viceversa non vengono minimamente protetti e dovranno gradualmente abbandonare certe colture tutto a scapito prima di tutto loro ma anche a scapito del consumatore.

Come agricoltore, l’ultima cosa che mi sento di fare è un appello a tutti i consumatori che ormai hanno mille modi per informarsi e no sono più degli sprovveduti come spesso avveniva prima che prendessero piede i sistemi di informazione nati negli ultimi anni: quando entrate in un supermercato e trovate dei prezzi della frutta assurdi bersagliate di domande gli addetti ai lavori, tempestate di mail i direttori delle grandi catene, quando andate al ristorante se vi viene servito un prosciutto estero pieno di sale e senza sapore minacciate il gestore di non tornare più se non si procura un Parma o un  dop Modena (noi non viviamo a New York , viviamo in Emilia Romagna ) .

 

Sono convinto che solo il consumatore può salvare la buona agricoltura italiana, ma solo se è consapevole, esigente, conoscitore del prodotto e informato sull’andamento del mercato in modo da non essere una pedina in mano alle grandi catene di distribuzione e consumare ciò che gli viene propinato in quel momento facendo solo il loro interesse, ma salvaguardare la propria salute consumando prodotti di qualità e salvaguardando il propri portafogli pagando questi prodotti al prezzo giusto perché l’agricoltore che fa tanti sacrifici per produrre bene ha solo la soddisfazione di vedere che i propri prodotti trovino il gradimento dei consumatori in modo che il consumo si ripeta e gli possa garantire una sopravvivenza economica.    

 

 

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