Nonostante la smentita della Procura di Bari, il settimanale Panorama non accenna a fare dietrofront sulla notizia pubblicata, secondo la quale Patrizia D’Addario e una dozzina di altre persone, tra cui magistrati, politici e giornalisti, sarebbero indagate per «avere ordito un complotto contro Berlusconi»
La D’Addario, sempre secondo il settimanale, «sarebbe stata “selezionata e successivamente consegnata” a Tarantini, affinchè portasse a termine la missione di compromettere la reputazione del Presidente del Consiglio, mettendolo politicamente in difficoltà».
E’ davvero difficile per una donna leggere parole come “selezionata e successivamente consegnata” rivolte ad un’altra donna… come se quest’ultima fosse una mezzena di bovino, come se fosse soltanto della bella carne, e non una persona. Tutto questo è inaggettivabile .
Tornando alla notizia, il settimanale della Mondadori annuncia molto altro in arrivo e specifica che tutto “muove da una precisa ipotesi investigativa legata a un complotto ai danni del presidente del Consiglio”, sottolineando di aver “svolto tutte le verifiche indispensabili prima di pubblicare l’articolo e di non aver avanzato autonomamente alcuna ipotesi limitandosi a riportare notizie raccolte a Bari”.
Se fosse tutto vero, adesso dovrebbero arrivare le scuse, da parte dei giornalisti, dei politici, dei magistrati. Certo se le aspetta Berlusconi, se emergerà che è stato ingiustamente accusato ma, soprattutto, se le aspettano, queste scuse, le persone normali, non solo gli “yes men” dell’entourage del premier, o gli elettori del PdL.
Se lo aspettano le persone che ancora hanno un po’ di fiducia negli esseri umani, nella Magistratura, nella Giustizia e che chiedono di sapere la verità, senza preconcetti e pregiudizi.
Ma la verità è difficile da appurare, perché solo in un film, nel gran finale, spontaneamente, magari in pianto, il colpevole rende piena confessione agli inquirenti…dalla colpa più lieve all’omicidio; nella realtà, invece, i colpevoli negheranno sempre tutte le menzogne e le calunnie che da mesi hanno vomitato sull’oggetto del loro livore.
Spero, come tutti gli italiani, che si arrivi comunque a chiarire questa squallida cosa, squallida da ogni angolazione la si guardi, politica, morale, pubblica, privata…anche perché la verità, oltre che ristabilire l’ordine naturale delle cose, con il colpevole punito e il calunniato riabilitato, avrebbe come benefica conseguenza anche quella di tirar su il morale a chi ha perso la fiducia nel genere umano, nei magistrati, nei politici, negli imprenditori, nei procacciatori di affari, nelle escort(anche queste nei film sono diverse)[1] e compagnia bella. Tuttavia, in attesa dei tempi biblici dei processi, chi sa di non aver fatto mai nulla di male, indipendentemente dagli esiti dell’inchiesta, potrebbe davvero prendersi la soddisfazione di fare un discorsetto a chi l’ha rovinato, magari un bel discorsetto pubblico, come si usa di questi tempi, a mezzo stampa. Sarebbe una bella soddisfazione.
Potrebbe scrivere :
– Complimenti, per aver mentito così ingenerosamente, per avermi calunniato e denigrato, per aver distrutto la mia dignità, la mia credibilità, per aver messo alla berlina la mia persona e i miei sentimenti, per avermi attribuito azioni e intenzioni che non mi appartengono, parlando alle mie spalle, quando non potevo difendermi.
Complimenti, per aver fatto ricadere su di me colpe che non ho, per avermi reso inviso a chi prima mi stimava e mi rispettava.
Complimenti, per aver distrutto la mia immagine, la mia salute, la mia serenità familiare e la mia vita.
Se non ricordi come, quando e con chi l’hai fatto, ti consiglio di farti vedere da un buon specialista.
Se, invece, te lo ricordi bene e, come i tuoi compari, ancora neghi di averlo fatto, allora ti compiango, per l’incredibile doppiezza della tua anima –
Ora, in un film, dopo questo bel pistolotto, il fedifrago,(o la fedifraga, per par condicio) che ha mentito e calunniato, con disprezzo della verità e della persona, dovrebbe cadere come minimo in ginocchio, balbettando parole di scusa e chiedendo perdono. O, se questo è pretendere troppo, potrebbe almeno ammettere,obtorto collo, di avere, per i più svariati motivi, tutti comunque abbietti, raccontato un sacco di emerite balle, per salvarsi la faccia, o qualche altra parte del corpo, screditando, calunniando, gettando fango sull’altro, trovando qualche cretino che gli credeva. Né più né meno di come si usa fare anche in politica, col beneplacito della Cassazione, stando alla sentenza 17686/2009 che dice “”il fatto non costituisce reato”” giacché in politica “”è lecito adoperare toni aspri e pungenti di disapprovazione, giungendo a screditare la condotta degli avversari””.[2]
Sempre se fossimo in un film, queste ammissioni di colpa farebbero guadagnare al reo confesso un po’ di dignità e lo spettatore magari si commuoverebbe anche, mentre lui (o lei, sempre per la predetta par condicio) offre i polsi per farsi ammanettare e si avvia quindi a pagare il fio della sua colpa. The end e poi via ai titoli di coda.
Ma la vita non è un film, per nessuno, nemmeno per Berlusconi, e tutto questo non accadrà.
Ecco, accadrà magari che la persona calunniata e rovinata, al colmo dell’amarezza, faccia ogni tanto uno sdegnato discorsetto, o pistolotto che dir si voglia, chieda spiegazioni, senza peraltro ottenere nulla, se non altre calunnie, altre offese, altre ingiurie e così fino alla fine della querelle, che normalmente termina col passaggio a miglior vita di uno dei contendenti. Oppure “viene un giorno che per chi ci ha perseguitato proviamo soltanto indifferenza, stanchezza della sua stupidità. Allora perdoniamo”. A queste parole di Cesare Pavese aggiungerei anche indicibile nausea.
E il lieto fine,con i colpevoli che confessano, lasciamolo ai film.
[1] Certo, nei film sono sempre tanto di buon cuore e sincere! Tanto per fare un esempio, come il personaggio interpretato da Shirley McLaine, Ginnie Moorehead, di non eccelsa virtù ma tenera e disinteressata, dal cuore immenso, che ama un disilluso reduce di guerra, scrittore ribelle e ricco di talento,
Frank Sinatra, fino a morire per salvargli la vita, gettandosi d’istinto fra lui e la pallottola di un rivale, arrivando di corsa, appunto, come nel titolo originale, Some came running, malamente tradotto in italiano Qualcuno verrà, del 1958, per la regia di Vincente Minnelli
[2] La Cassazione ha detto ok ai manifesti volti a “”screditare”” l’avversario politico. Anche se questi hanno un contenuto “”graffiante”” e “”aspro””. La Corte ha infatti annullato una condanna per diffamazione inflitta dalla Corte d’Appello a un politico che aveva tappezzato la sua citta’ di manifesti in cui affermava che il modo di fare politica del gruppo antagonista era “”basato sulla calunnia e sulla ricerca affannosa e maniacale di gettare fango sugli amministratori””. Secondo Piazza Cavour (sentenza 17686/2009) “”il fatto non costituisce reato”” giacché in politica “”e’ lecito adoperare toni aspri e pungenti di disapprovazione, giungendo a screditare la condotta degli avversari””