Il quadro macroeconomico e socioeconomico che si sta delineando in questi ultimi mesi, soprattutto se si è italiani, non dovrebbe più lasciare adito a possibili interpretazioni su quelle che dovrebbero essere le tue priorità di vita.
L’assalto immigratorio, il deterioramento della coesione sociale anche nelle piccole comunità di provincia, il deficit demografico del nostro paese e quello che comporterà nei prossimi due decenni, gli interrogativi sulla capacità di sostenersi economicamente una volta che si giungerà all’età della pensione, la conflittualità intergenerazionale sempre più accesa a causa di mutati stili ed ideali di vita, lo sgretolamento di certezze un tempo indissolubili sulla sicurezza e spensieratezza finanziaria diventano tutti dei must per obbligarvi a farvi la seguente domanda ed anche trovare, se possibile, la relativa risposta: come ed in che modo vorrete vivere quando vi ritirerete dal mondo del lavoro in forma spontanea oppure obbligata. Ne ho parlato anche in altre occasioni in passato: la percezione della vecchiaia e la sua delocalizzazione rappresentano oggi temi dominanti per chi fa parte della Baby Boomers Generation. L’industria del risparmio gestito sta sviluppando e promuovendo prodotti e soluzioni finanziarie di nuova concezione per far fronte alle esigenze di income che avranno le persone che desidereranno implementare un nuovo progetto di vita innanzi alla terza età. Professionalmente mi sto specializzando sempre più in questa nicchia di mercato ossia la delocalizzazione della vecchiaia, in tutti i suoi aspetti pratici, finanziari, fiscali, immobiliari, sanitari e sociali.
Deve trattarsi di una ingerenza osmotica legata all’envinroment sociale in cui vivo una parte dell’anno (gated community) in cui come unico italiano vedo come invece vivono gli altri europei quando superano i sessanta anni. Gli italiani presi nella loro generalità hanno iniziato a sviluppare inconsciamente questo habit solamente in questi ultimi cinque anni, più che altro più per esigenze di sopravvivenza economica che di benessere economico. Sostanzialmente si ricerca un paese il cui costo della vita consente il sostentamento di tutti i giorni a fronte della propria rendita pensionistica. In questo caso non si parla di vivere e godersi la terza età, ma solo di aspettare la morte biologica in uno stato di surrogato benessere economico. Non parlo dopo di chi vive con l’angoscia del dopo che verrà. Generalmente sono imprenditori che hanno accumulato molto durante la propria esistenza e si rendono conto dell’incapacità della propria discendenza a proseguire con decoro l’azienda di famiglia. In taluni casi si arriva anche a ipotizzare come mitigare la conflittualità tra eredi per la spartizione del quibus. Non sono una novità le faide fratricide per l’assegnazione di beni patrimoniali facenti parte di un determinato asse ereditario. In Italia sento ancora parlare nostri connazionali come se fossimo agli inizi degli anni settanta: come facciamo con i figli ? chi li aiuterà dopo di noi ? basterà il patrimonio che lasceremo loro per consentirgli di vivere decorosamente ? Pensieri molto nobili e condivisibili, tuttavia ormai anacronistici. Il mondo è cambiato troppo in fretta e molti per questo non sono ancora preparati allo stile di vita che li aspetta quando saranno anziani se non avranno pianificato meticolosamente la loro vecchiaia.
In tutti gli aspetti possibili ed immaginabili. Stando alle ultime proiezioni INPS chi è nato agli inizi degli anni ottanta dovrebbe andare in pensione (con tutto quello che questo significherà) verso i 75 anni con un coefficiente di trasformazione della rendita che si attesterà tra il 40% ed il 50% dell’ultima retribuzione (ipotesi ottimistica). Nei prossimi anni il tema della pensione sarà significativamente rivisto per una grande platea della popolazione nel senso che, chi potrà, gestirà spontaneamente l’inizio della sua vecchiaia in forma indipendente grazie ad un proprio patrimonio finanziario messo a redditto, da trasferire in parte eventualmente a eredi designati. Infatti il concetto di famiglia e di coesione familiare come lo conosciamo oggi saranno molto diversi nel 2030 e questo ovviamente produrrà le relative conseguenze pratiche. Impensabile infatti l’idea di lavorare fino a quasi ottantanni: deltronde i modelli pensionistici odierni a causa di sperequazioni attuate in passato devono ottimizzare il più possibile il payout. Significa avere una equity positiva tra quello che avrete versato e quello che incasserete come aventi diritto ad una pensione. In pratica l’ottimo sarebbe che moriate pochi anni dopo la percezione della pensione. Sembra un pensiero cinico, in altri ambienti si parla invece di sostenibilità finanziaria. Purtroppo chi non avrà patrimonio o accantonato qualcosa in via autonoma si troverà a vivere un incubo. Si parla per questo già oggi di future generazioni perdute riferendosi ad una parte della nostra popolazione che oggi pur sapendo che cosa la aspetta non ha la capacità reddituale di far fronte a forme di previdenza integrativa.
Quanto bisogna pertanto mettere da parte ? Possiamo ipotizzare una cifra in grado di materializzare ed affrancare le nostre aspettative ? Facciamo cosi: scrivete come vorreste vivere da sessantenni in pensione. Elencate le spese dettagliatamente che vi trovereste ad affrontare per gratificare questo momento della vostra vita, senza rinunce e limitazioni (ricordatevi di inserire viaggi, sport, intrattenimento, spese mediche impreviste, gestione automezzo e cosi via). Una volta che avete individuato questa cifra rapportatela ad un 35% dell’ultima retribuzione (in futuro le proposte in stile APE saranno sempre più frequenti). La differenza che vi manca rappresenta quanto dovete apportare per compensare le vostre aspettative di vita. Ovviamente se non potete contare su questo tipo di apporto dovrete obbligatoriamente ridimensionare la vostra vita il che significa cambiare casa, città di residenza, abbandonare lo sport tanto amato, il tenore alimentare e soprattutto magari rinunciare a tutto quello che vi ha divertito e procurato benessere sia fisico che emozionale durante la vita lavorativa. Rappresenta una sfida generazionale. Troppe persone vedo che continuano a dire ci penso in prossimità dei 50 anni. Purtroppo sarà già troppo tardi. Per rispondere al quesito posto prima pensate alla seguente casistica. Se aveste oggi a 75 anni una disponibilità liquida di 150.000 euro potreste a questo punto permettervi di prelevare più di 700 euro ogni singolo mese, sapendo che dopo vent’anni in prossimità dei 95 anni il conto di deposito si sarà interamente prosciugato. Questa simulazione tuttavia contempla una remunerazione del deposito ad un tasso di interesse reale (non nominale) di almeno il 2%. Come diceva J.P. Morgan dovrebbe essere il sogno di tutti poter morire serenamente il giorno prima di aver usufruito e speso per se stessi tutti i risparmi accumulati in una vita di sacrifici e duro lavoro.