La storia di Modena rivive al Gran Mercato dell’Antico: dagli arredi estensi ai dipinti di Zampighi, oltre 20 opere raccontano la città

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Uno spazio interamente dedicato a Modena, con opere legate sia alla storia passata che a quella più recente. E’ la proposta della Galleria d’arte Ossimoro di Spilamberto che a 7.8.Novecento – fino a domenica a ModenaFiere – espone alcuni arredi estensi, dipinti appartenuti ai conti Molza, mobili del XVII e del XVIII secolo modenesi e numerose opere più recenti di Giuliano Della Casa, Franco Guerzoni, fino ad arrivare a Chiara Tagliazucchi e Roberta Diazzi. A due importanti ritratti inediti di Eugenio Zampighi – che raffigurano i figli Antonio ed Elena – è dedicato l’incontro di domenica 2 dicembre con la storica dell’arte Graziella Martinelli Braglia

E’ un vero e proprio omaggio a Modena lo stand della galleria Ossimoro di Spilamberto a 7.8.Novecento, che ha preso il via oggi e prosegue fino a doman a ModenaFiere: l’antiquario Sergio Bianchi, infatti, ha scelto di allestire uno spazio interamente dedicato alla città in cui, attraverso oltre 20 opere e produzioni di artisti modenesi, si ripercorre il passato del territorio, da quello più antico e quello più recente.

Due dei pezzi esposti sono particolarmente importanti: si tratta di dipinti inediti del pittore e fotografo modenese Eugenio Zampighi(1859-1944), tra i migliori narratori della vita rurale italiana, che ritraggono i figli Antonio ed Elena. Il “”dittico”” si compone di due grandi dipinti a olio su tela (200 x 65 cm ciascuno) e proviene dagli eredi del pittore, come attesta un atto notarile. La destinazione esclusivamente familiare delle due opere ha indotto l’autore a non apporre la propria firma. Secondo memorie degli eredi, rappresenta Elena all’età di vent’anni e Antonio di diciotto; essendo Elena nata nel 1895, l’esecuzione è databile attorno al 1915. Elena e Antonio nacquero a Firenze, dove Zampighi risiedeva stabilmente, anche se mantenne sempre vivi i contatti con la città natale. Entrambi legheranno le loro esistenze a Modena e lo stesso artista, durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1942 – ormai con nove nipoti, sei da Elena e tre da Antonio – ritornerà a Modena, presso il figlio; morirà il 4 aprile 1944 a Maranello dove la famiglia si era nel frattempo rifugiata.
Per comprendere meglio l?importanza di questi dipinti domenica 2 dicembre, alle ore 11.30 nel padiglione A presso lo stand di Ossimoro, la storica dell?arte Graziella Martinelli Braglia guida il pubblico con una presentazione delle due opere.

Un altro pezzo importante in mostra è un’elegante dormeuse appartenuta ai duchi d’Este: questa chaise lounge, come documenta l’etichetta apposta sulla parte interna della struttura lignea, proviene dalle dimore estensi e in particolare dalla distrutta Villa di Pentetorri. Dall?inventario del Palazzo di Pentetorri terminato il 30 maggio 1848 si ricava che nel piano nobile della villa esisteva una Camera Chinese e proprio lì era collocata la dormeuse in mostra. Da un lato questo arredo costituisce un?importante testimonianza dell?interesse per la moda della cineseria da parte della corte estense, dall?altro esso rappresenta una precoce, e del tutto inedita, versione italiana delle poltrone da riposo introdotte in Francia nell?arredamento delle camere da letto, a partire dalla fine del XVII secolo.

Oltre ai due dipinti di Zampighi e alla dormeuse estense sono esposti anche mobili modenesi del XVII e del XVIII secolo e altre opere legate alla città: tra queste un ritratto dell’Arciduca Ferdinando Carlo Vittorio d’Austria-Este, opera di Luigi Manzini della prima metà dell?Ottocento, proveniente dalla nobile famiglia dei conti Molza di Modena, dal palazzo di via Ganaceto, ora sede della Camera di Commercio. Stessa provenienza per le sculture lignee raffiguranti una coppia di alabardieri del XVI secolo, recanti sulla base lo stemma della nobile famiglia dei conti Molza, scolpito in legno. C?è anche un ritratto di vecchio, opera di Umberto Ruini, firmato e datato 1892.
Per quanto riguarda la contemporaneità, sono esposte un’opera di Mauro Reggiani del 1968 dal titolo “”Composizione n°7″”, oltre a opere di Giuliano Della Casa, Franco Guerzoni, fino ad arrivare a Chiara Tagliazucchi e Roberta Diazzi.
 

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