L’avevo anticipato in un articolo nella settimana precedente che riguardava il referendum sull’indipendenza della Catalogna. Tutto si sarebbe ridotto a una bolla di sapone o, perlomeno, a una dimostrazione di forza ideata da Giancarlo Pajetta dopo un corteo di esagitati comunisti nella città di Milano, con relativa telefonata a Togliatti in cui il giovane rivoluzionario nostrano dice – Compagno Togliatti, abbiamo occupato la Prefettura –. La laconica risposta del Migliore è stata – Sì, ed ora che ve ne fate?-. Avevo anche detto che bisognava trovare una soluzione attraverso il dialogo. Purtroppo, il Premier Rajoy si è lasciato prendere la mano scendendo sul terreno dello scontro duro e seguendo la strada di quel fenomeno da baraccone, leader dei separatisti Puigdemont (ma in testa ha un gatto morto). Un leader che fra il suo entourage non ha un economista che gli abbia detto del disastro economico che avrebbe colpito la regione con relativo impoverimento dei catalani. Perché non fargli leggere la costituzione? Perché non fargli presente che non siamo più nel 17°-18° secolo quando certe controversie si risolvevano con la punta delle baionette? Che cosa dire del discorso del Re? Qualcuno dice che è stato forte, che non ha lasciato spazio alla trattativa. Se domani Veneto, Lombardia e Piemonte decidessero di fare la secessione, come reagirebbe il Presidente della Repubblica? Tranquilli, il tempo delle sparate di Bossi è finito da un pezzo, però (pochi per fortuna), ancora ci credono. Ora, speriamo che l’amore, non l’ambizione, faccia breccia nei cervelli dei più accesi sostenitori dell’indipendenza perché altrimenti, non pioveranno pallottole o granate o anche solo manganellate, ma pioveranno tante lettere di licenziamento per i lavoratori catalani, compreso i giocatori del Barcellona.
Leggendo l’ultima fatica letteraria di Gianpaolo Pansa dal titolo Il mio viaggio tra i vinti, devo dire che l’autore non smentisce la vulgata storica su chi, accanto alle formazioni partigiane comuniste, ha partecipato alla guerra civile che ha insanguinato l’Italia. Neppure un accenno alle formazioni patriottiche formate da combattenti fedeli al Re, in altre parole ai monarchici, riconoscibili dal fazzoletto azzurro al collo. Questo silenzio non è bello, non si possono dimenticare uomini che rischiarono la propria vita come Edgardo Sogno, comandante della formazione Franchi, Enrico Martini nome di battaglia “Mauri”, Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo Fronte militare clandestino, fucilato alle Fosse Ardeatine e tanti altri. Un silenzio calato su di loro, quasi una punizione per essere rimasti fedeli all’istituzione che nel bene e nel male ha fatto l’unità d’Italia. Personalmente credo che ci sia un altro motivo. Infatti, i fazzoletti azzurri non si macchiarono mai le mani del sangue dei vinti in modo barbaro e atroce, durante e dopo la fine della guerra civile. Non parteciparono mai alla mattanza del dopo 25 aprile fatta dai partigiani, cosiddetti rossi e comunisti, che con il loro comportamento hanno infangato la Resistenza e che ancora oggi l’ANPI tende a sminuire o peggio a dimenticare!