La separazione

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La divergenza tra le economie avanzate e quelle emergenti. Proviamo a disegnare un quadro macro a largo raggio di quello che sta accadendo a fronte delle attese più plausibili per gli anni a venire.

 


Il New Normal di cui ha parlato la Yellen alcuni mesi fa dovrebbe ormai essere entrato nel vocabolario finanziario di tutti i giorni ed anche l’uomo della strada dovrebbe essere consapevole di cosa questo comporti e che impatti produca sulle sue future scelte finanziarie per l’assetto del suo portafoglio. Il piccolo e medio investitore è completamente ignaro di quello che lo aspetta nei prossimi anni, i quali magari non produrranno grandi shock sistemici (sperando che l’Unione Europea resista alle elezioni francesi, tedesche e forse anche italiane del prossimo anno), ma che d’altro canto non consentiranno di poter mettere a reddito i propri capitali con la stessa facilità e serenità conosciuta da una specie ormai definitivamente estinta ossia i BOT People. Proviamo a disegnare un quadro macro a largo raggio di quello che sta accadendo a fronte delle attese più plausibili per gli anni a venire. La seconda parte di questo decennio sarà dominato da tre driver di crescita di portata mondiale che determineranno le diverse dinamiche dei mercati finanziari: in prima battuta abbiamo la demografia. La parte della popolazione nelle economie sviluppate che si trova lavorativamente occupata aumenta al tasso dello 0.75% all’anno, contro i quasi due punti percentuali del precedente decennio. Tale contrazione è destinata a proseguire in territorio negativo a meno di contributi esogeni provenienti da flussi migratori che consentiranno in questo modo di dare sostenibilità finanziaria ai meccanismi di welfare.

Al secondo posto abbiamo la crescita del debito pubblico in termini quantitativi e qualitativi di tutte le economie avanzate che nella maggior parte dei casi hanno superato il livello del 100% sul PIL in meno di otto anni, raddoppiando pertanto in media la loro lettura dall’inizio della crisi finanziaria del 2007 (USA, Regno Unito, Spagna, Germania, Francia e cosi via). Questo debito rispetto al passato è di maggiore problematicità in quanto in assenza di inflazione e di crescita rimane un macigno che ancora al fondo dell’abisso qualsiasi governo: conseguentemente le banche centrali non possono più permettere emissioni di titoli di stato a lungo termine con tassi di interesse considerati un tempo meritevoli: tradotto significa che potete scordarvi per i prossimi decenni emissioni di BTP in Italia al 5%. I tassi pertanto rimarranno molto bassi per il resto della vostra vita: non si tratta di una situazione congiunturale, ma strutturale, destinata a diventare la normalità per i prossimi lustri, proprio da qui deriva la denominazione del New Normal fatta da Janet Yellen. Quello che ha vissuto il Giappone per quasi due decenni dovrebbe essere replicato anche dagli europei. Non a caso proprio il Giappone ha evoluto l’originario QE in QQE ossia Quantitative & Qualitative Easing, in sostanza la classica manovra di accomodamento monetario non si occupa più di aumentare la base monetaria ma anche e soprattutto di controllare la curva dei rendimenti dei titoli di stato a lungo termine (aspetto qualitativo).

Di fatto, il debito per una nazione diventa un problema strutturale qualora questo paese non riesca a crescere con vigore sia economicamente e soprattutto demograficamente. Il terzo driver che determina la crescita o meglio che comprimerà la crescita futura è rappresentato dalla produttività: tecnologicamente parlando l’essere umano avrà poca possibilità di essere più produttivo di oggi. Un esempio vi aiuterà a comprendere questo punto: il passaggio da un vecchio telefono mobile Nokia basico ad un iPhone di prima generazione ha prodotto un aumento consistente nella produttività personale, tuttavia un upgrade a un iPhone 7 partendo da un iPhone 4 non genera in termini di produttività marginale il medesimo contributo. La crescita economica mondiale pertanto nel futuro che ci attende si appresta a perdere propulsione, ed in talune aree, come l’Europa, sarà decisamente debole ed anemica nonostante abbia potuto sfruttare le favorevoli convergenze rese possibili dalla politica monetaria della BCE ed un prezzo del greggio ormai basso e stabilizzato. I rendimenti in discesa di quasi tutte le asset class pertanto rappresenteranno un fenomeno strutturale, anche le azioni vedranno diminuire il loro yield a causa di una minore capacità di generare utili. Il quadro generale che si delinea pertanto appare molto complesso e cupo soprattutto perchè dal lato delle banche centrali ormai gli strumenti a disposizione nel futuro per stimolare ulteriormente la crescita appaiono di fatto inesistenti o inefficaci.

In tali termini si colloca il decoupling ossia l’andamento scorrelato delle economie emergenti rispetto a quelle avanzate, andamento che sino al 2000 è quasi sempre stato correlato positivamente, pertanto un rallentamento economico negli USA produceva un effetto ben peggiore alle economie europee ed un pesante contraccolpo invece nelle economie emergenti di America Latina, Africa ed Asia. Il decoupling invece oggi ci dice che queste macro aree dell’economia mondiale sono molto meno esposte allo stato di buona salute delle economie occidentali potendo contare su una crescita economica propria basata principalmente sulla crescita dei consumi interni e dalla propria crescita demografica, crescita che vede nella maggior parte dei casi sempre una popolazione molto giovane in termini percentuali in rispetto al totale della popolazione. Proprio il decoupling diventa in questo momento storico in cui si va a caccia di rendimenti il nostro miglior alleato in qualità di investitori europei in quanto solo alcune asset class oggi possono consentirci di ottenere rendimenti decorosi con tassi superiori al 3%. Azioni e debito espresso in valuta locale di aree del pianeta molto distanti da noi rappresentano tanto un toccasana per il nostro portafoglio quanto anche una maggior sicurezza (sempre tuttavia con elevata volatilità) in fatto di stabilità complessiva nella consapevolezza di come le prossime tornate elettorali in Europa, visto quanto accaduto di recente negli States, potrebbero definitivamente mutare il quadro idilliaco a cui siamo stati abituati in questi ultimi otto anni.

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