La saggezza dei proverbi popolari

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È domenica. Immaginate di recarvi a Messa, in una delle chiese storicamente più importanti della città in cui vivete.

L’Officiante, dopo avere interpretato in modo diciamo “personale” la prima parte della liturgia, pronuncia il sermone, a commento del brano di Luca in cui Gesù preannuncia ai suoi discepoli le future persecuzioni:

«Sarete traditi – recita il Vangelo – perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti …[1]».

Con cipiglio istrionesco e gran gesticolare, il Celebrante esibisce dal pulpito le seguenti inqualificabili panzane:

  • Le parole attribuite a Cristo circa le persecuzioni che i cristiani dovranno subire prima della fine dei tempi in realtà le hanno inventate gli evangelisti, per far coraggio alla prima comunità, perché il Nazareno non poteva essere così pessimista.
  • L’inferno? Non esiste, perché Dio salva tutti.
  • Il Papa? Non va difeso, perché spesso siamo noi cristiani ad essere «persecutori e sterminatori».
  • Parliamo tanto dell’aborto e ci scandalizziamo – tuona il tizio vestito da frate – ma poi non abbiamo alcun rispetto per la vita dell’uomo, corriamo in macchina e sterminiamo la gente.
  • Ci scandalizziamo se vediamo che una donna viene lapidata, ma poi sulla sedia elettrica siamo d’accordo.

Il gracidìo dominante della predica è il fatto che noi cristiani occidentali siamo violenti e sterminatori.

Per finire eccovi i prodotti mentali di più alto livello:

  • Sull’importanza degli operai, il tizio vestito da frate regala una perla di coerente saggezza e di buon gusto: «Anche il water del Papa non c’è, se l’operaio non lo fa».
  • Infine, dopo aver parafrasato ogni preghiera e ogni parola del rito, osa farlo persino con la formula della Consacrazione.

Poi, finalmente, lo spettacolo termina.

Se avete stoicamente resistito e non siete usciti dalla chiesa avete fatto bene, perché è sempre interessante studiare il comportamento di certi mammiferi[2].

In compenso, avendo partecipato ad una specie di opera teatrale di infima levatura e priva di qualsiasi valore sacro, vi toccherà assistere di nuovo ad una S. Messa officiata questa volta da un sacerdote cattolico autentico.

Che cosa si proponesse di ottenere il tizio vestito da frate in questione, sciorinando questo cumulo di stupidaggini blasfeme, non è dato sapere, né ha importanza veruna.

Il fatto, riportato da Andrea Tornielli su Il Giornale di lunedì 20 novembre, è accaduto realmente, domenica 19 novembre, nella chiesa di San Carlo, sita in corso Vittorio Emanuele II a Milano.

Il tizio vestito da fr
ate ha un nome e un cognome, ma non vale la pena di citarlo, visto che ciò che va cercando costui sono solo il clamore, la notorietà e il plauso di certi ambienti[3].

Le domande da porsi sono invece le seguenti:

  • Chi furono in seminario gli insegnanti del tizio?
  • Come è possibile che ad un tizio che esprime i prodotti mentali sopra descritti, venga impartito il sacramento dell’Ordine e che, conseguentemente, gli sia data la possibilità di ragliare dall’altare le proprie perle di esegesi dei Vangeli e di esprimere concetti di così profonda spiritualità?
  • Come è possibile che il tizio vestito da frate, verosimilmente non nuovo a codeste rivelazioni, continui a celebrare riti che, molto probabilmente, sono canonicamente invalidi[4]?
  • Come è possibile che gli Arcivescovi, Ordinari della diocesi ambrosiana, quello di prima e quello di adesso, non siano intervenuti prima che il tizio vestito da frate sproloquiasse le sue idiozie blasfeme dall’altare?
  • È un fatto casuale che sia accaduto proprio a Milano?
  • Non è il caso di ridurre allo stato laicale il tizio vestito da frate (e con lui i suoi maestri ed eventualmente i suoi tolleranti o, peggio, conniventi superiori), indirizzandolo, mediante i colpi di una comune ramazza, al suo fulgido destino agreste di portare la soma?

 

Occorre implorare il Santo Padre Benedetto XVI affinché, facendo Suo il monito di Gesù Cristo al Poverello di Assisi: ”Francesco va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”, dissolva nel nulla il fumus Satanae[5] che pervade tutt’oggi alcuni anfratti all’interno della Chiesa.

 

Chiosa finale:

Si tratta di un caso esemplare di come sedicenti cattolici manipolino il Vangelo per sostenere il loro inconsistente, fumoso, ereticale prodotto mentale.

 

M otivo del titolo “La saggezza dei proverbi popolari”:

Raglio d’asino non sale al cielo”. Direi che è perfetto.



[1] Lc. 21:16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi;

   Lc. 21:17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome.

[2] Ordine dei Perissodattili, specie germanus asinus (Cic.) : asino calzato e vestito.

[3] Ad esempio di un sito intitolato Clerofobia: http://www.bloggers.it/Hereticus/

[4] Can. 928: La celebrazione eucaristica venga compiuta in lingua latina o in un’altra lingua, purché i testi liturgici siano stati legittimamente approvati.

[5] Attraverso qualche fessura» denunciò Paolo VI il 29 giugno del 1972 «il fumo di Satana è entrato nella Chiesa».  Un grido angoscioso, che lasciò stupiti e scandalizzò molti, anche all’interno del mondo cattolico.

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