
Ha detto qualcuno che l’Italia è diventata la pignatta delle ideologie, che si prefiggevano di costruirla a propria immagine e somiglianza. Ognuno ha tentato di espellere dalla pignatta i legumi dotati di caratteristiche diverse dai propri. Il risultato è stato quello proprio dei legumi sull’apparato digerente: un rumoroso e disgustoso effetto che ha infastidito tutti.
Quelle che venivano presentate come giuste istanze sociali hanno prodotto spesso schizofrenia nelle decisioni. Così è avvenuto che il concetto di posto è stato separato da quello di lavoro. Sono nati gli stipendifici per generare consenso e il prestatore d’opera non ha vissuto il lavoro come opportunità di crescita personale e sociale; l’impresa, che dovrebbe vivere di progetti e innovazione, ha pagato lo scotto di non poter contare fino in fondo su un personale demotivato in misura proporzionale alla qualificazione professionale.
La crisi ci ha consentito di rimettere assieme i concetti di posto e di lavoro: infatti adesso manca sia l’uno che l’altro. La speranza è che la ritrovata sintesi sopravviva alla crisi e che contribuisca a farci saltare il fosso.
Il risultato di questa pretesa di regolare la cottura dei legumi contenuti nella stessa pignatta, uniformandola ai gusti prevalenti nei gruppi e sottogruppi, ha deteriorato la vita pubblica e l’indispensabile sentimento di fiducia nelle Istituzioni.
Nessuno dei contendenti è riuscito a prevalere sull’altro. La conventio ad excludendum tentata da ciascun gruppo nei confronti dell’altro, ha avuto l’unico effetto di generare altri gruppi che rifiutano lo stato attuale, e che hanno messo le loro idee nella stessa pignatta e dettano anch’essi ricette di alta cucina.
Se trasformassimo l’Italia nella pignatta degli Italiani, anziché in quella delle ideologie? Quali interessi tentano di spingere fuori dal recipiente ora l’impresa, ora il lavoro, ora la destra, ora la sinistra?
Un signore si era rivolto all’ufficio-igiene infastidito dagli odori che provenivano dalla stalla ove il vicino allevava il maiale. All’ufficiale sanitario che, sorpreso per aver trovato nel luogo della ispezione non uno, ma ben due maiali, chiedeva di chi fosse l’altro maiale, l’autore del reclamo rispose “È mio; ma l’odore del mio maiale non mi disturba”.
La morale di questa storia di altri tempi, quando gli animali si potevano allevare nei centri urbani, è valida anche oggi. Se vogliamo gustare un buon prosciutto ed una prelibata salsiccia, dobbiamo tollerare il porco del nostro vicino.