La peggiocrazia figlia della nostra ignavia

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""Oggi qualsiasi persona di buonsenso, di destra o di sinistra, riconosce che questa politica più che a yes man, a nani e a ballerine dovrebbe affidarsi a persone serie e competenti...""art. di Dieffe

L’Italia sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia anche  perchè guidata da un governo in deficit di autorevolezza e di credibilità  sia secondo il parere di tutte le maggiori associazioni di categorie economiche e sociali del paese, sia per larghi  strati dell’opinione pubblica, sia per importanti cancellerie di paesi europei che per il mercati guidato dai grandi investitori finanziari.

Di conseguenza in queste ore si registra un crescendo di voci sulla possibilità che Silvio Berusconi si dimetta dalla carica di presidente del Consiglio. Di sicuro c’è da prendere atto che la nostra situazione politica si è  talmente deteriorata che oggi perfino la tenuta numerica del governo è a rischio nonostante una legge elettorale infame riconosca a chi vince le elezioni un ghiotto premio di maggioranza. Una solidità dei numeri in Parlamento, dispersa e dissipata in questi tre anni di governo, che chiariscono oltre ogni ragionevole dubbio le «reali qualità politiche» del nostro premier: se si tratta per davvero del migliore statista nella storia dell’unità d’Italia (secondo il parere che il Nostro ha dato di se medesimo); oppure come ebbe a dire a suo tempo Indro Montanelli «Berlusconi in politica? Basta metterlo alla prova…»

Non so se attribuire a quella ultima affermazione un valore profetico, ma sta di fatto che dopo otto anni di governo del mitico Silvio ci troviamo oggi a dovere fronteggiare nel paese una profonda ferita economica, politica e morale.

In politica di fronte ad eventi di gravità eccezionale occorre  rispondere con misure eccezionali. Prevedere di coinvolgere, in una fase come questa, anche l’insieme delle minoranze o delle opposizioni  in corresponsabilità di governo, non deve suonare come fatto scandaloso, eversivo o fuori dalle regole di una sana democrazia. La scelta di varare governi supportati da ampie maggioranze parlamentari frutto di larghe intese, appositamente  formatesi per affrontare e vincere le diverse emergenze, ha una sua logica motivazione. Si tratta per ogni forza politica di perseguire il massimo di coesione nazionale accollandosi tutta la piena corresponsabilità sui sacrifici e gli oneri che si chiedono al paese. Si tratta di scelte politiche straordinarie, ma a ben meditare ovvie perché dettate dal buon senso più che dalle convenienze elettorali.

Al contrario la coalizione che sostiene questo esecutivo sostiene che se cade questo governo si deve andare subito alle elezioni perché cambiarne la composizione dell’Esecutivo senza prima rivolgersi al «popolo sovrano» mediante la consultazione elettorale equivarrebbe ad un colpo di Stato. Ma al di là delle puntualizzazioni invocare oggi un voto mediante la vigente, nefasta ed inqualificabile legge elettorale sarebbe una infamia: rappresenterebbe la prova del disprezzo che nutrono alcuni vertici della politica nostrana verso le inalienabile prerogative che uno Stato autenticamente democratico deve garantire al cittadino elettore.

Infatti grazie alla legge elettorale vigente ci viene assicurata la impossibilità di intervenire in alcun modo sul “pacco preconfezionato” contenente i nomi di coloro    che entreranno in parlamento perché scelti ed imposti dai vertici dei partiti.

In più questo modello di elezione favorisce il deterioramento della politica italiana.

A questo proposito concordo su alcuni concetti espressi recentemente dall’economista Luigi Zingales, in occasione della kermesse di Matteo Renzi, sindaco di Firenze, tenutasi il 29/30 ottobre 2011 u.s. alla Leopolda dove senza remore ha affermato:

Chiunque ami questo Paese non può non soffrire. Non siamo di fronte a una semplice crisi della finanza pubblica. Siamo di fronte a una disfatta economica, politica, e morale del nostro Paese.

… I numeri di questa disfatta li conoscete meglio di me. Da dieci anni l’Italia non cresce. Il 29% dei giovani è disoccupato, il resto percepisce stipendi da fame. Circa otto milioni di italiani vivono al di sotto della soglia di povertà. Il prossimo anno ci attende una pesante recessione, che non può che peggiorare ulteriormente la situazione.

La colpa è di tutti noi. Se l’Italia non cresce, se è a rischio di default, è perché la guida, tanto politica che economica, di questo Paese, salvo qualche eccezione, è in mano ai peggiori. Non i mediocri, ma i peggiori. Il nostro Paese si è trasformato in una peggiocrazia o (per usare il termine greco) in una kakistocrazia, il governo dei kakistoi, i pessimi. (il sole 24ore del 01novembre 2011, Pari opportunità per cambiare

di Luigi Zingales) –leggi tutto l’articolo

La colpa è nostra. La presenza e la prevalenza dei mediocri che ricoprono cariche di ministri o di sottosegretari non ci indigna più. La figura del politico senza capo nè coda  infilato di fatto nella nostra scheda elettorale rende una «caricatura» la nostra democ
razia parlamentare ma non  più né rifiuto né sconcerto. Oggi qualsiasi persona di buonsenso, di destra o di sinistra, riconosce che questa politica più che a yes man, a nani e a ballerine dovrebbe affidarsi a persone serie e competenti, a galantuomini: a uomini e a donne la cui bianca toga «da candidati»(1) , nel tempo, continui a rimanere candida, priva di enigmatiche ombre, una toga «onorevole» perché indossata degnamente da chi, oltre a non avere scheletri nell’armadio, è portatore di specifiche eccellenze culturali e professionali.

Chiedo a me stesso e ai modenesi « liberi e forti» se, a queste date condizioni, siamo ancora disposti a recarci alle urne per inghiottire questa esca avvelenata che ci viene prospettata come strumento della nostra sovranità mentre in realtà è un inganno, una presa in giro.

In realtà, con questa legge elettorale con il nostro voto permettiamo l’elezione di tutti i candidati indicati e scelti dai partiti a prescindere dal nostro parere, dalle nostre conoscenze, dalle nostre valutazioni. Non è dato sapere chi sono tutti questi «prescelti» a quale titolo e quali meriti vantano per rappresentarci degnamente, chi sono coloro proposti per rappresentare il nostro territorio e la nostra realtà sociale e culturale. Con l’attuale legge non è previsto e non è possibile rispondere a questi quesiti, mentre è del tutto probabile che grazie al nostro voto il mediocre o il peggiore abbia il sopravvento.

Stando così le cose neppure le «primarie», pur rappresentando un lodevole strumento di selezione riescono a garantire la emersione dei soli migliori.

Che facciamo dunque se con motivazioni dovute all’urgenza ci chiamano a votare il più presto possibile con l’attuale legge porcellum?

Muti, acquiescenti non prendiamo posizione e formando un aggiornato girone dantesco di ignavi diamo il nostro rassegnato e silente contributo perché si rafforzi il governo dei peggiori, oppure con un  corale scatto di orgoglio rivendichiamo il nostro diritto di sovranità nel voler essere determinanti  e decisivi nella scelta della nostra classe dirigente pretendendo una nuova legge elettorale?

Se  optassimo per il secondo caso ci renderemmo conto di aprire una vasta, complessa operazione culturale di rinnovamento sui modi di approcciarsi alla politica.

D’altronde bisogna rompere gli indugi e muoversi per una nuova stagione dove la sostanziale differenza tra i «migliori» e i «peggiori» non sarà data dalla quantità di consensi indifferenziati  che ll candidato sarà in grado di movimentare o di catalizzare, ma dalla emersione delle migliori eccellenze sul territorio disposte a spendersi e a garantire il candidato più idoneo per una rinata democrazia sostanziale.

Che aspettiamo a muoverci in questa direzione?

 

Dieffe

© Riproduzione Riservata



(1) Dal latino candidatu(m), deriv. di candidus ‘candido’, perché gli aspiranti alle cariche pubbliche indossavano una toga bianca.

 

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