Snervante, credo non esista un temine meno impegnativo per la battaglia che Il Giornale ha iniziato nei confronti di Gianfranco Fini, nella lodevole iniziativa di liberare l’Italia e gli italiani dall’ennesima illegalità.
Anche se, forse, magari mi sbaglio, la stessa virulenza di attacchi la potrebbe riservare, come pure le forze e le risorse umane, per altri problemi. Gravissima l’ormai conosciutissima storia della casa di Montecarlo, storia che esce dalle orecchie e dagli occhi a tutti ormai … ma qualche altro problema, di altrettanta gravità, da esaminare, sezionare, mettere sotto il microscopio elettronico,con la stessa attenzione, credo ci sia in Italia, problema magari più di interesse generale, che riguarda strati più ampi della popolazione, con ripercussioni sulla vita, sulla salute, sul futuro, di molti milioni di cittadini.
Ma questa vicenda, intrecciata malamente con la politica, con la finanza, con l’affarismo spregiudicato, per Il Giornale è utilissima, perchè “vende” e “rende”; anche perché, come ogni scandaletto di bassa lega, è condito e arricchito, via via, di piccanti dettagli sui protagonisti. Personaggi dei quali, senza pietà, ma soprattutto senza buongusto alcuno (non parliamo di rispetto, parola sconosciuta) si esaminano, si mettono a nudo, si rievocano, si sezionano, si ripropongono vicende personali e professionali, intime e pubbliche, senza risparmio: interviste, video, registrazioni di telefonate, fotografie, dichiarazioni, su Fini e soprattutto su Elisabetta Tulliani. Sempre attuali, in casi come questi, le parole di Aristotele, “Quando un albero è stato abbattuto, tutti vi fanno legna”.
Ma, a destarmi la maggiore repulsione è la voluttà, senza limite, di coloro i quali, Vittorio Sgarbi in testa, assai poco da gentiluomini (altra parola sconosciuta ai più)si premurano di informare l’universo mondo delle loro pregresse frequentazioni con la signora, una sorta di “io la conoscevo bene” dal quale esce un ritratto ben poco lusinghiero, della compagna di Fini.
Il lordume, mi pare, è ben suddiviso, fra accusatori e accusati.
Però, una menzione speciale, di merito, certo dovrebbe esserle assegnata per aver sopportato la compagnia di Gaucci. Il quale ingenuamente pensava di averle fatto perdere la testa con il suo fascino virile, più che con il suo conto in banca.
Tornando alla campagna de Il Giornale, con questa operazione, si prendono i classici due piccioni con una fava, si demolisce la Tulliani e si indebolisce ulteriormente Fini il quale, secondo me, ha un altro motivo di preoccupazione. Serio.
Tutti ricordiamo la domanda, a tutta pagina, che Il Giornale si faceva in giugno, chiedendosi dove mai fosse sparito Cossiga…Oltre che abbastanza inutile, la domanda, almeno a me, parve piuttosto assurda e pretestuosa, con i suoi se, chissà, perché, come mai, etc…sull’assenza del Presidente Cossiga dalle prime pagine e dalla ribalta.
Tutti sappiamo come è andata a finire.
Lo stesso Il Giornale,venerdì 27 agosto
Con quel precedente, Fini, che immagino sia persona assai razionale, tutt’altro che incline a qualsiasi forma di superstizione, per la legge del “non è vero, ma ci credo” farebbe bene comunque a munirsi di qualche acconcio oggetto scaramantico. Non il mio braccialetto scaramantico, origine di guai e disavventure per la Nazionale in Sud Africa, un talismano serio, che funzioni veramente, perché lo vedo un po’ in pericolo e non vorrei mai che gli accadesse qualcosa e nessuno lo vorrebbe, a dire la verità. L’unico ad esserne soddisfatto potrebbe essere Il Giornale, al quale potrebbe essere riconosciuta la dote di portajella e che potrebbe ottenere una patente speciale.
Proprio come Rosario Chiarchiaro, il menagramo della commedia di Pirandello, La Patente, che chiedeva al giudice un attestato, una patente, che avrebbe ufficializzato la sua qualità di jettatore, elevandola a professione.
Così va il mondo, e così vanno anche i giornali.
Ma, ogni tanto, è bello anche rileggere qualche stralcio dell’editoriale del nº 1 de «Il Giornale Nuovo», intitolato “”Al lettore””
[Chi sarà il nostro lettore] noi non lo sappiamo perché non siamo un giornale di parte, e tanto meno di partito, e nemmeno di classi o di ceti. In compenso, sappiamo benissimo chi non lo sarà. Non lo sarà chi dal giornale vuole soltanto la “”sensazione”” […]non lo sarà chi concepisce il giornale come una fonte inesauribile di scandali fine a se stessi. Di scandali purtroppo la vita del nostro Paese è gremita, e noi non mancheremo di denunciarli […] Ma non lo faremo per metterci al rimorchio di quella insensata e cupa frenesia di dissoluzione in cui si sfoga un certo qualunquismo, non importa se di destra o di sinistra […] Vogliamo creare, o ricreare, un certo costume giornalistico di serietà e di rigore […]
Certo da quel 25 giugno 1974 di acqua sotto i ponti ne è passata molta, e molto limacciosa.