“Caro Giorgio, è molti mesi, forse troppi, che per diversi motivi rimando la decisione di dimettermi…”
Inizia così la lettera che Giancarlo Montorsi, consigliere di Rifondazione Comunista al comune di Modena, ha inviato nei giorni scorsi al Sindaco Pighi per spiegare la sua scelta di dimettersi proprio dal consiglio comunale.
Una scelta che arriva dopo un lungo travaglio e in un momento di bufera per la maggioranza di governo della nostra città.
“Il Pd ha scelto di non essere più, di fatto, un partito di sinistra e la possibilità di stare insieme decorosamente è tramontata, morta lentamente giorno dopo giorno.”
Questa frase riassume lo spirito col quale Montorsi dice addio al consiglio comunale. Abbiamo letto, e poi abbiamo voluto sentire dalla sua voce le sue ragioni.
Dimissioni: un fulmine a ciel sereno?
Direi di no, già da giugno è iniziato il confronto all’interno del partito, su questa mia decisione che stava prendendo forma, alla luce delle scelte di questa amministrazione nell’ultimo anno. Una mancanza di sintonia che ormai stava diventano troppo evidente.
Perché non aspettare le elezioni?
Ormai non sentivo più di essere rappresentativo, non potevo assumere posizioni di dissenso individuali, la politica è rappresentanza. Ho preferito lasciare il posto a chi probabilmente crede ancora a questo progetto di governo.
Cosa le ha dato più fastidio in questi mesi?
Primariamente il metodo: ogni volta che il nostro gruppo esprimeva un dissenso, dal Pd si alzava sempre la stessa risposta: adesso basta, o votate a favore o uscite dalla maggioranza. Questo stato di cose ormai si ripeteva troppo di frequente. Non si può sempre abbassare la testa, ma neanche sempre essere dipinto come il rompiscatole. Troppe le decisioni prese in giunta, alle quali il Consiglio doveva limitarsi a dire di si.
E nel merito, cosa imputa alla giunta Pighi?
Atcm, ex-AMCM, Marzaglia, il CPT, lo sgombero di Libera. I contenuti sono troppi ormai. E’ proprio l’idea di territorio, e del suo utilizzo che ormai è diversa. E’ il modo di declinare la parola ambiente, che non corrisponde più. E questo lo vediamo in quasi tutte le scelte sulla vita della città
Qualcuno insinua che le sue dimissioni siano un campanello d’allarme tutto interno a Rifondazione, è così?
Il mio è un dissenso con le scelte politiche della giunta di Modena, determinate ovviamente dai numeri molto importanti che il Pd ha. Non nego la discussione interna la mio partito. Ma il confronto nei partiti è normale, fa parte della dialettica politica: una dialettica che vediamo presente anche a livello nazionale, e dalla quale uscirà la linea del partito ai prossimi appuntamenti elettorali
Quali sono i rapporti dentro il partito?
Di dialogo, di confronto. E comunque di amicizia. Distinguendo quelle che possono essere le idee politiche, dal rispetto per le persone.
Qual è il bilancio di questa sua esperienza nella maggioranza di governo della città?
Non posso leggere tutto il periodo solo alla luce di questi ultimi mesi. Sono entrato in questo progetto convinto che si potesse dare vita ad un progetto di governo genuinamente di centrosinistra, dove la nostra voce potesse essere presente, ed avere un peso sulle decisioni importanti. E fino allo scorso anno, il confronto è stato continuo ma positivo, corretto. Ultimamente, dopo le elezioni politiche, l’atteggiamento come dicevo è cambiato. Non dimentico che dopo aver spesso dissentito ma votato l’invotabile, le dichiarazioni di Veltroni ci definivano irresponsabili, inaffidabili, politicamente superati, ecc.
Ed è stato questo atteggiamento, che ormai si avverte anche a livello locale, che mi ha fatto dire: basta, ormai non mi riconosco più in questo progetto.