Sabato 30 luglio 2016 , a partire dalle ore 21,15, presso la scenografica Piazza dei Contrari ( tra la splendida Rocca quattrocentesca e il gioiello dell’architettura rinascimentale Palazzo Contrari-Boncompagni meglio conosciuto come Palazzo Barozzi con la famosa ed unica “scala a chiocciola”) di Vignola , lo scrittore e psichiatra di fama mondiale Vittorino Andreoli incontra i suoi lettori e i cittadini di Vignola sviluppando un tema di grande interesse e attualità “La gioia di vivere” (titolo mutuato dall’ultimo suo saggio –appena pubblicato da “Rizzoli Libri”- , che coniuga il rigore scientifico con uno stile e un linguaggio chiaro e scorrevole, e, si legge come un romanzo). L’incontro con Vittorino Andreoli è stato voluto ed organizzato dalla “Fondazione di Vignola” e fa parte del ciclo “ETRA-ARTE al contrario” .
L’autore è a disposizione per rispondere alle domande dei presenti . L’ingresso è libero, aperto a tutti (fino ad esaurimento dei posti)
“La gioia di vivere” (saggio suddiviso in quattro parti: “Le due grandi Weltanschauungen”; “ Anatomia delle visioni del mondo”; “Patologia delle visioni del mondo” e “ Promuovere la visione del mondo della gioia”) è , forse, l’opera più intima (è dedicata alla moglie Laura, come si legge sotto, nell’intervista a Vittorino Andreoli) : qui l’autore (“portatore della visione tragica dell’esistenza”) ci accompagna alla ricerca del segreto della gioia di vivere. Attraverso la riflessione sui classici , la filosofia, la religione, l’osservazione delle storture della società e, naturalmente, con la conoscenza dell’uomo, Andreoli “delinea un percorso per recuperare la vera essenza del nostro essere umani. … Si scopre che “il magico potere della gioia non è altro che la capacità, che tutti abbiamo dentro, di passare dalla dimensione dell’ Io” a quella del “Noi”, di vivere in relazione con gli altri, contando sui legami affettivi, guardando in faccia il presente, senza le costruzioni di desideri difficili (o impossibili) che spostano sempre la gioia al futuro, senza i rimpianti che respingono nel passato. E si scopre , soprattutto, che questo potere può essere appreso, per migliorare, finalmente, la nostra vita”
Con “La gioia di vivere” , Vittorino Andreoli si propone di dimostrare che , oggi, è possibile, per tutti, conquistare una dimensione di gioia di vivere (“condizione che non può essere raggiunta da soli –sottolinea Andreoli- perché l’uomo non è mai solo. Per fare questo, è necessario includere nella nostra visione del mondo anche la dimensione dell’altro”) .. Oggi –sostiene Andreoli- domina fortemente la ricerca della felicità (basta pensare che , attraverso i secoli, sempre si è cercato di perseguire la felicità: da “La lettera sulla felicità” di Epicuro, alla “Dichiarazione d’Indipendenza” americana del 1776 –“a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla liberà e al perseguimento della felicità”- e, al recente libro di Stefano Bartolini, “Manifesto per la felicità” ). Questa parola è molto usata, mentre la parola gioia lo è poco, e c’è una differenza di fondo, già dall’antico pensiero greco : la felicità riguarda il singolo ed è una sensazione di benessere che uno prova di fronte ad uno stimolo positivo (è “una specie di acme ma quando finisce lo stimolo, finisce la felicità, è una specie di piacere che poi si smorza). “ La gioia di vivere, invece, non riguarda l’Io, ma il Noi. La gioia dipende anche dall’altro, perché si riflette nell’altro e quindi è una visione diversa. La felicità è una specie di orgasmo, mentre la gioia di vivere è una condizione continua, è come la saggezza. Questa non è il successo, non è il bisogno di apparire, ma è una modalità di dare anche un significato alle piccole cose e alle persone normali, anche a quelle che non contano. Noi guardiamo sempre ai qualcuno. Ebbene, ci sono tanti “Nessuno” che sono onesti, che sono disposti a volerti bene , ad aiutarti. La felicità si lega all’Io –egoismo, narcisismo- mentre la gioia tiene conto degli altri”
Vittorino Andreoli ci ha concesso l’intervista che segue
Armenia “ Lei, da sempre, è impegnato a favore di un’organica, intensa, continua divulgazione scientifica dei temi psichiatrici. Quali i mezzi, gli strumenti cui si è affidato in questa sua preziosa missione? Inoltre, come scrittore (di grande successo, autore di best-seller che diventano long-seller) si occupa soprattutto dei temi, dei problemi che riguardano la criminalità, la droga, i disagi giovanili e quelli dei “diversamente giovani”, degli anziani. Da sempre, si occupa della famiglia. Quali le sue opere (di saggistica ma anche di narrativa) che la rappresentano di più e meglio? E perché?” ANDREOLI “E’ proprio vero , mi sono impegnato molto nella divulgazione sui temi del comportamento umano , non solo del folle. Vede, è oggi indiscusso il principio che il comportamento umano è il risultato di tre fattori : biologico ( la carne , come ciascuno di noi è strutturato biologicamente ), le esperienze passate che sono all’origine della nostra mente , della psiche, e infine l’ambiente in cui uno esprime il proprio comportamento (ambiente inteso non solo geograficamente , ma nelle relazioni interumane). Ebbene se la società non capisce questi fattori , non riesce nemmeno ad avere una rappresentazione della follia . Ed è fuori di dubbio che la follia è parte dell’uomo e della società in cui si situa. Dunque la famiglia , le persone qualunque, devono vincere la vecchia paura per il folle e invece capirlo e quindi accoglierlo, conoscendolo. Si tratta di una divulgazione che serve alla cura della follia , che ha bisogno anche dell’apporto dei famigliari e dell’ambiente sociale. La follia è un tema comune ,poi , nel senso che nessuno ne è immune e a differenza dei tempi di Lombroso non si sostiene più che il normale è immune dal compiere comportamenti di follia: è questo uno dei miei contributi più decisivi quello della compatibilità della normalità anche con i crimini più efferati. Tra i miei saggi amo particolarmente “L’uomo di vetro” poiché introduce il tema della fragilità nel comportamento umano e persino nell’umanesimo. Tra i romanzi amo “L’uomo senza identità”. Lei sa bene che io non faccio due mestieri , ma anche la mia passione per la narrativa si fonda sul poter raccontare i casi a me noti e persino sul potermi mettere in gioco ( diventare parte del romanzo) . E il tema è sempre la follia. Follia da sempre e per sempre. “L’uomo senza identità” mi pare che rispecchi la condizione antropologica dell’uomo del tempo presente. E questo termine esprime meglio la situazione esistenziale di oggi più del termine la “società liquida” “
Armenia “ Nella nostra “società liquida” , assistiamo sempre più a femminicidi, a figlicidi, a bambinicidi (fenomeno antico come il mondo: basta pensare alla mitologia con Medea che uccide i figli per vendicarsi del marito) , con sempre più numerosi “nuovi mostri”
Perché? Cosa sta avvenendo? Come scriveva Sant’Agostino, si tratta di un Male come momentanea mancanza del Bene? Quindi, è possibile recuperare e riprenderci dall’attuale, momentaneo smarrimento e dall’orrore? Inoltre, in una sua intervista allo “Huflington Post” , Lei ha affermato che l’Italia è un Paese malato di mente (esibizionisti, individualisti, masochisti, fatalisti) . Che fare? Come dobbiamo-possiamo intervenire ( i politici, per primi) ? Infine, il suo ultimo romanzo “La gioia di vivere” Lei lo dedica a sua moglie “a Laura e alla sua gioia di vivere persino con un tragico come me” In più pagine del bellissimo e coinvolgente libro , Lei confessa : “ la ragione che mi spinge a considerare ogni notizia, ogni novità , ogni accadimento come spiacevole e portatore di fatica e di male” . Quali i desideri e i sogni del pessimista, del “portatore della visione tragica dell’esistenza” Vittorino Andreoli, uomo e studioso dei sentimenti e della mente? “.
ANDREOLI “Nell’ampio degrado di comportamenti criminali del nostro tempo , l’insieme sociale ha un enorme peso. Vede, la civiltà è il passaggio da una fase di comportamento istintivo ( pulsionale) ad un agire controllato nel rispetto di principi e di leggi. Non vi è dubbio che il livello raggiunto dalla civiltà ( nata nella Grecia antica) è ora in agonia e si sta ritornando all’uomo pulsionale : sento questo e lo faccio , avverto questo bisogno e lo soddisfo. E certo l’odio ,la rabbia e la voglia di ammazzare non trovano più freni inibitori e passano all’atto, come se non vi fossero più regole da seguire. In questo clima regressivo sul piano antropologico , la morte ha perduto il proprio senso del mistero , del limite stesso della condizione umana , e uccidere è diventato banale. Non solo ma si è passati dalla violenza finalizzata alla distruttività che significa uccido e rompo tutto come si trattasse di una piccola apocalisse in cui diventa parte anche chi la produce ( il kamikaze). Dunque una voglia di distruggere senza un perché , come sfogo . E così anonimi ammazzano anonimi. Questo comportamento che si sta diffondendo è di grande preoccupazione poiché manca un riferimento morale per fermarlo. Uccidere e distruggere diventa un agire titanico , poiché nella classicità si riservava agli dei il farlo. E cosi muore l’umanesimo e si rafforza la dimensione del singolo che diventa eroe della distruzione. Distruggo perché distruggo. Da questi brevi riferimenti su un tema di grandi dimensioni, che meriterebbe più spazio, si capisce poiché anche uno psichiatra come me che è abituato a dedicarsi ad una sola persona (paziente) alla volta, parla di un’Italia malata di mente e giunge persino a sostenere in una recente opera “La gioia di vivere” che se il mondo non cambia e chi ne ha il compito non solo non vi riesce, ma anzi lo peggiora, allora bisogna cominciare a vederlo diversamente : non più come male , ma scoprendo la gioia possibile. Bisogna “cambiare gli occhiali” e guardare ai sentimenti , alle piccole cose dove ancora è possibile vedere l’onestà , la generosità ,il perdono. Una visione che permetta di guardare alle cose possibili e che non sono denaro dipendente o che non dipendono dal potere che è veramente una grande malattia sociale. Lo intendo come verbo : faccio perché posso ( e non ha nulla da fare con l’autorità) e così anche il potere uccide. Sono stanco di vedere i “Qualcuno” , sempre quelli , sono stanco di leggere la società sempre con i parametri della crisi , del male che domina , ma voglio soffermarmi sulle cose che riguardano i “Nessuno” : ci sono ma nessuno li nota. Ecco la gioia di vivere sostenuta persino da un tragico come me , tragico poiché mi occupo di sofferenza ( la follia è solo una diversa espressione , rispetto a quello fisico, del dolore). Sento le persone che mi chiedono come sia possibile vivere un poco meglio. Ecco la risposta cambiare la visione del mondo. E’ nel mio ultimo libro, “La gioia di vivere” ne analizzo gli elementi che la formano e le vie per promuoverli”.
Armenia “ Modena, dal Tassoni in poi, ha una consolidata tradizione nell’ironia, nell’umorismo, nel sapere ed amare ridere e sorridere. Per Lei, che è uno dei più importanti studiosi del cervello e della mente, quale importanza ha il ridere, il sorridere? Per i cosiddetti “sani” e per i “matti” ?
ANDREOLI “ Si dice che una delle doti che ha solo l’uomo (anche se alcuni mammiferi superiori sembrano capaci di ridere, solamente l’uomo è in grado di sorridere) Alcuni scienziati sostengono che esistono due tipi di sorriso: uno forzato e parziale che coinvolge solo alcuni muscoli del mento e delle guance ed uno spontaneo, aperto, che coinvolge anche i muscoli che si trovano intorno agli occhi, che, così, sembrano “ridere”. Il primo , sempre secondo questi studiosi –scienziati, è frutto della recitazione che, a volte, la vita ci impone. Il sorriso spontaneo, invece, che è seducente, conquista, ed è di natura sub-corticale, è controllato dalle regioni cerebrali filogeneticamente più antiche, che si trovano nella parte più interna del cervello, quella che controlla l’emotività e i nostri comportamenti quotidiani. Modena , o meglio i modenesi che ho conosciuto, mi sembrano rispondere al secondo tipo di sorriso: quello spontaneo, aperto. Predisposti come sono per i rapporti interumani, estroversi e caratterizzati da una naturale vocazione per la cordialità, il sorriso ed anche il gusto per l’umorismo, la satira ed anche lo “sberleffo” , che è sempre all’insegna della cordialità, della bonomia, mai è all’insegna della cattiveria”
Armenia “ Lei è stato, più volte, a Modena e provincia. Per presentare suoi libri, per approfondire e sviluppare temi di attualità, molti legati alla follia, alla droga, ai difficili rapporti tra genitori e figli. Quali i suoi rapporti con Modena e i modenesi”
ANDREOLI “ Nell’opera “Baldus” di Teofilo Folengo, già nel 500, si legge “non modenesus erit cui non phantastica testa”, cioè “non c’è modenese che non abbia idee balzane che gli frullano per la testa” e un fondo di follia. Pertanto, essendomi sempre interessato, con passione, dei matti, non posso che trovarmi bene, a mio agio, a Modena, tra i modenesi. Che sono folli nelle loro idee, nelle loro iniziative e soprattutto sono creativi. Non sta a me ricordare la follia di uomini come Enzo Ferrari, come i molti imprenditori che inventano e brevettano oggetti e prodotti impensabili che, però, si rivelano importanti e utili per una migliore qualità della vita. Questo vale per la cucina , che dallo scalco ducale Cristoforo da Messisbugo a Massimo Bottura, è sempre stata apprezzata come fatto di cultura , come espressione della fantasia e della creatività dei cuochi, creatività che si coniuga e sublima con la tecnica e l’innovazione anche ricorrendo alla scienza. Questo vale per i suoi gioielli nell’agroalimentare, nella ceramica che unisce lo stile e l’eleganza della creazione artistica con i più moderni e significativi risultati della tecnica e della scienza. Vale nel biomedicale ed anche nella moda dove le creazioni , la fantasia dialogano con l’arte e dove (parafrasando Coco Chanel) la moda passa ma lo stile resta. Un capitolo a parte dovrei riservarlo ai modenesi: quasi tutti quelli che ho conosciuto rispondono ai requisiti accennati prima: sono spontanei, estroversi , vocati ai rapporti interpersonali e alla ma
ssima cordialità. Questo vale per i modenesi di città e di provincia: negli anni sono stato non solo nella città capoluogo, ma anche in città e località vive e frizzanti come Casinalbo (al “Club La Meridiana” sono stato diverse volte) , Fiorano modenese, Sassuolo e Vignola, dove ritornerò più che volentieri , sabato 30 luglio 2016. Invitato dalla “FondazionediVignola” incontrerò i cittadini, nella bella e suggestiva “Rocca di Vignola” . Il tema sarà incentrato sulla differenza tra felicità e gioia di vivere, che è il tema dell’ultimo mio libro “La gioia di vivere”. “