Il petrolio e l’incubo di nuove guerre

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Iran: rischio di guerra con Israele o pace a rischio tra Usa ed il regime degli ayatollah?Anche il dubbio e la incertezza presentano un costo salato da pagare!di Giulia Manzini

Ennesima giornata nera ieri sui mercati borsistici internazionali con 180 miliardi di dollari di capitalizzazione bruciati in un solo giorno, conseguenza della paura per la tenuta del  sistema bancario Usa, la debolezza del dollaro, la crisi dei mutui immobiliari, ma soprattutto delle tensioni tra Casa Bianca ed il regime di Teheran, uno dei maggiori paesi produttori ed esportatori di petrolio. “Casus belli”: il processo in atto di nuclearizzazione militare iraniano, quantunque smentito dall’Intelligence Usa in un rapporto risalente al 2003, divenuto, negli ultimi mesi, un ping- pong estenuante fatto di minacce esplicite, ritrattate regolarmente in seguito dagli ambasciatori iraniani presenti in occidente. provocazioni pure e semplici come quanto è avvenuto pochi giorni fa con presunti test missilistici effettuati in Iran e immortalato da  foto “forse taroccate”  di lancio di missili dalla gittata di 2, oppure, qualcuno paventa, di 4 o 6mila kilometri. Missili a lunga gittata su cui potrebbero essere installate ogive atomiche. Nonostante le  polemiche e dispute degli analisti formulate dopo i test missilistici, tanti ritengono che Teheran voglia far credere di avere molte più armi di quelle effettivamente in attuale e reale possesso. Addirittura, alcuni esperti avanzano l’ipotesi che le foto dei lanci di missili iraniani siano state ritoccate e manipolate al computer: materiale fotografico immesso su diversi blog di internet dedicati alla strategia militare ed all’attualità politica con effetto consequenziale di pura destabilizzazione economica e finanziaria e politica mondiale. Circa poi il possesso di uranio per fini militari, pare che tanti siano  ritardi ed imprevisti tecnici nel presunto e temuto programma di nuclearizzazione degli arsenali militari iraniani, a  causa della cronica mancanza di materiale nucleare ed anche di materiale missilistico bellico convenzionale: da qui la politica iraniana, praticata sottobanco, di dotarsi di materiale sul mercato clandestino; a tal proposito, infatti, le autorità spagnole hanno recentemente annunciato di aver letteralmente smantellato “un network” tramite cui l’Iran  comprava clandestinamente materiale e pezzi per aerei ed elicotteri maggiore di 2mila km ha avuto poi un inevitabile, diretto e consequenziale effetto nefasto dell’aumento vertiginoso del prezzo del barile di petrolio che sale ormai tutti i giorni alle stelle: strategia fortemente penalizzante per gli Usa che arrancano con crescita economica zero, quasi sull’orlo della recessione. La Russia di Putin, dal canto suo tramite il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, garantisce però che l’Iran non possiede ordigni con raggio d’azione superiore ai 2mila km, un messaggio più che esplicito, forse anche un avvertimento, per convincere gli Usa che uno scudo antimissile, con basi  collocate nei paesi dell’Europa dell’Est, sarebbe inutile e, forse, pretesto offensivo nei confronti di una Russia che non intende perdere il suo ruolo di superpotenza mondiale: così il regime di Putin attacca e delegittima ancora una volta, i piani americani in Europa. Un’Europa che dovrebbe approfittare della grave congiuntura politica, finanziaria e strategica per svolgere il ruolo cruciale e determinante di moderatore e mediatore tra i diversi partner mondiali coinvolti nella contesa. La Casa Bianca, a sua volta, pur stigmatizzando la violazione degli accordi diplomatici iraniani con  i test missilistici, però continua, in un modo o nell’altro a cercare una soluzione negoziale tramite i tradizionali accordi diplomatici.

Si terrà infatti il 19 luglio a Ginevra un decisivo quanto determinante summit tra Javier Solana, presidente della Commissione Europea ed il ministro degli Esteri iraniano Said Jalili. Raid missilistici solo un grande bluff ? Bluff, volto a produrre l’effetto “montagne russe” su tutti i mercati finanziari internazionali con aumento inevitabile del prezzo del petrolio? A tal proposito, occorre ricordare che l’Italia è il primo partner commerciale europeo dell’Iran, malgrado e nonostante le pressioni e sanzioni Usa ed israeliane: con l’Iran l’Italia scambia meccanica, chimica ed elettronica per ottenere strategici ed indispensabili idrocarburi. Sul versante israeliano, il paese, da sempre minacciato da nemici che si sono sempre rivelati tali, è già in trincea ed Olmert, premier d’Israele non crede alle stime ed ai rapporti dell’intelligence Usa e si prepara al peggio, nella convinzione che l’esistenza dello Stato ebraico non possa  essere condizionata dai giochi di potere e dai tatticismi dell’amministrazione Bush: sarebbero terribili gli scenari derivanti da un attacco iraniano, non solo se praticato con armi convenzionali, ma purtroppo con la deflagrazione in Israele di migliaia di ordigni consegnati direttamente dall’Iran nelle mani di gruppi terroristici. Un rebus dalle mille facce il cui esito finale forse potrà essere risolto dal prossimo Presidente Usa, con la premessa che la vittoria di Repubblicani o dei Democratici alle prossime elezioni presidenziali, la politica estera statunitense non sarà contraddistinta da rilevanti e sostanziali differenze se l’Iran attaccherà per prima.

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