Il “”dopo Berlusconi”” : conseguenze ed effetti, nell’immediato e alla distanza

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Politicamente siamo ancora nell’era Berlusconi, ma culturalmente siamo nel Post-Berlusconismo.

di  Alberto Venturi

In ogni democrazia normale, la decadenza di Silvio Berlusconi sarebbe un evento definitivo. Anzi, non ci sarebbe decadenza perché non ci sarebbe stata l’elezione di un candidato con un passato così opaco (dalla prima visita nel 1979 di tre ufficiali della Guardia di Finanza alla Edilnord, fino alla P2, alla corruzione di agenti (altri) della Guardia di Finanza, all’accusa di falso in bilancio, alla Sme, per citare gli episodi già conosciuti prima della sua discesa in campo). Ma l’Italia e gli Italiani sono un paese ‘altro’, nel quale il diritto e i doveri, le leggi e le prassi possono essere non coerenti e non conseguenti, senza che questo strida nella coscienza degli elettori.

Così, per analizzare le conseguenze della decadenza di Berlusconi, dobbiamo assumere specifiche categorie italiane e infatti la decadenza non modifica sostanzialmente il quadro politico. Anzi, secondo i sondaggi, ha reso più forte il centrodestra, capace di essere contestualmente al governo e all’opposizione, lasciando inalterata la leadership monarchica di Berlusconi, impegnato a giocare ai quattro cantoni (anche sei oppure otto calcolando le liste civiche e i partiti satelliti): Forza Italia, il Nuovo Centro Destra, Lega Nord e Fratelli d’Italia.

Nessuno lo chiuderà in prigione e nessuno lo costringerà a svolgere mansioni per lui umilianti ai servizi sociali; può stare altrettanto tranquillo che non gli arriveranno colpi mortali dalla politica; al massimo qualche inoffensivo proiettile come le pallottole di carta lanciate a scuola dalla clandestina biro-cerbottana. Dal 1994 al oggiAggiungi un appuntamento per oggi il centrosinistra ha trovato un unico italiano capace di vincerlo, ma per tre volte Romano Prodi è stato abbattuto dal fuoco ‘amico’ (si fa per dire).

Non sia tranquillo però Silvio Berlusconi, perché ugualmente la sua stagione sta inesorabilmente finendo. Si è  esaurito il berlusconismo, schiacciato dalla crisi, dalla disoccupazione, dalla perdita di ogni sicurezza economica per le famiglie e di ogni prospettiva per i giovani. Non brilla più l’universo di nani e ballerine, paillette e lustrini, l’informazione con la calza di seta sullo zoom per togliere le rughe, cifra caratterizzante le sue reti televisive e trasposta nella politica, come i funzionari delle sue aziende e qualche signorina dei suoi piaceri. Se in una minoranza di giovani c’è la ricerca di nuovi orizzonti che rispondano a valori di pari opportunità davanti alla vita e di equità, in molti altri non c’è contrapposizione ideologica o condanna morale di quel mondo, ma piuttosto l’invidia che genera rancore, ribellione, insofferenza, quando risulta uno stile di vita irraggiungibile ed economicamente insostenibile, nelle difficoltà di un quotidiano grigio e senza riflettori.

L’ho definito Berlusconismo perché ‘Lui’ ne è stato l’interprete per eccellenza, come persona e come leader, ma Silvio Berlusconi è ‘effetto’ e non solo causa di quell’a-moralità che caratterizza la politica, basata sulla cultura della ricchezza e della sua esibizione, su rapporti nella vita sociale e famigliare, dove le esigenze e i desideri della persona vengono prima di tutto e di ogni legge. Ovvero i doveri verso la comunità sono comunque subordinabili ai propri diritti, o presunti tali, in un contesto dove si è assoluti protagonisti e dove il piacere di essere ammirati è un obbligo.

Il Berlusconismo nasce prima di Berlusconi e trova legittimazione a livello politico già nel Psi di Craxi, che infatti instaura immediatamente un feeling speciale con quel giovanotto ambizioso e capace, che cento ne fa e altre cento ne pensa.

E’ di questo cambiamento epocale che il leader del centrodestra deve avere paura: perché è già in corso, perché è irreversibile, perché facilmente genererà tumulti e non rivoluzioni. In quale direzione è tutto da capire: se verso una società più giusta, o verso un populismo panem et circenses, o verso un sistema di potentati e signorie quale nuova casta, o verso la marginalizzazione internazionale, con l’Italia nuova colonia e terra di conquista della finanza e del mercato internazionale.

La diaspora che vediamo da Berlusconi, reale e forse incontenibile, è forse più un tentativo di smarcarsi dal ‘Berlusconismo’, in quanto espressione del vecchio incapace di cogliere il nuovo che avanza. Potrebbe essere uno smarcamento sano, una ripresa dei valori e dell’etica di tante forze moderate e conservatrici; potrebbe essere invece una defilè gattopardesco nel quale tutto cambia perché nulla cambi. Allora però sarà ancora Berlusconismo con un diverso nome.

 

 

Berlusconi: La decadenza che non cambia nulla, anzi lo rafforza.

di Gianni Galeotti

Credo che la cronaca politica dei giorni successivi al 27 novembre, abbiano indicato che l’unica decadenza capace di indebolire davvero nel futuro prossimo Silvio Berlusconi, anche sul piano politico, sia quella fisica e mentale, legata inesorabilmente alla sua età. I fatti dimostrano che nell’immediato, e sicuramente fino alle prossime elezioni, la sua decadenza da Senatore, giunta al termine di un percorso parlamentare pieno di forzature, stranamente ed eccezionalmente accellerato nei tempi ed anomalo nelle procedure, non ha fatto e non farà altro che rafforzare invece la sua azione politica.

Già i giorni successivi al voto sulla decadenza, hanno dimostrato come l’uscita dal parlamento di Berlusconi non abbia comportato la sua uscita dalla scena politica. Anzi, paradossalmente, sembra che le due cose abbiano proceduto su livelli inversamente proporzionali. I tempi ed i modi in cui si è arrivati alla decadenza hanno rafforzato l’immagine del Berlusconi perseguitato politico per via giudiziaria, che l’azione di una certa parte della magistratura aveva sicuramente contribuito a fondare e rafforzare, arrivando paradossalmente a premiare il leader della ricostituita Forza Italia proprio nel momento della sua forzata espulsione dal Parlamento.

In pratica, la decadenza istituzionale del Berlusconi Senatore sembra non avere indebolito affatto l’azione del Berlusconi politico che anzi, contestualmente al voto in Senato, da lui stesso è stata subito rilanciata in piazza, tra la gente, a pochi metri da quel parlamento che lo aveva appena cacciato. Un’azione politica, la sua, in un contesto politico, che gioca ora, altrettanto paradossalmente, a suo favore, per altri tre principali motivi: Primo, la decadenza ha confermato il disegno e la debolezza di un centro sinistra da decenni senza leader, tenuto insieme più dal collante dell’antiberlusconismo che da una proposta politica forte ed identitaria; un centro sinistra che, consapevole di non potere e non riuscire a battere l’indiscusso leader del centro destra sul piano politico, ha scelto di affidarci e di aspettare la via giudiziaria. Secondo, Berlusconi è uscito solo dalla scena del palazzo e non da quella della piazza proprio nel momento in cui Grillo e Renzi stanno dimostrando che il consenso si genera fuori, e non dentro il parlamento, con l’abile utilizzo dei media (dove Berlusconi ha ancora tutta la sua forza) e non con le mediazioni di partito. Terzo, fuori dal palazzo e ora, con Forza Italia anche dal governo, Berlusconi ha maggiore libertà di attrarre consenso, fomentando e catalizzando dall’opposizione parte di quel fronte sempre più ampio e critico nei confronti di un esecutivo dalle larghe intese ma dalla maggioranza sempre più ristretta, sempre più impopolare che già sconta la grave ed innegabile responsabilità di non avere fino ad ora fatto nemmeno una delle riforme utili al Paese per le quali era s
tato creato e sancito dal Quirinale.

In questo contesto forse anche l’arresto di Berlusconi, ora possibile dopo la decadenza da Senatore, e che non dubito che certi giudici avrebbero una gran voglia di eseguire, potrebbe rivelarsi un boomerang per i suoi stessi detrattori, rafforzando ulteriormente la sua immagine di vittima sacrificale di un sistema malato ed assolutamente da riformare soprattutto sul piano della giustizia.

Insomma ci sono nuovamente tutte le condizioni che potrebbero segnare nei prossimi mesi l’ennesimo recupero di un Berlusconi che, non si può e non si deve dimenticare, dato per sconfitto e obbligato alle dimissioni per lasciare spazio a Monti, è stato in grado nuovamente di risorgere come un araba fenice e di recuperare in pochi mesi 10 milioni di voti nelle ultime elezioni, con il risultato politico di fare sfumare nuovamente, a distanza di 20 anni dalla prima clamorosa sconfitta delle gloriosa macchina da guerra della sinistra di Occhettiana memoria, i sogni di vittoria che la stessa sinistra, questa volta con Bersani, credeva già di avere realizzato.

Insomma, chi sperava e credeva che la decadenza di Berlusconi ne decretasse anche la sua uscita dalla scena politica è stato deluso e dovrà attendere ancora. Il punto, è che il problema non è e non doveva essere questo. Il dramma dell’Italia negli ultimi 20 anni, così come negli ultimi sei mesi, e che credo sia alla base della preoccupante situazione di declino in cui ci troviamo, non è quello di Berlusconi, come per anni è stato detto e fatto credere, ma quello di un’intera classe politica e di governo sia di sinistra che di destra, sia pro che contro Berlusconi, che non ha saputo affermare, valorizzare e rifondare e rinnovare la propria azione politica e la propria identità di principi e di valori, al di la di Berlusconi e degli schieramenti politici e partitici a lui di volta in volta riferiti. Questo è il vero dramma: Il vuoto che la politica continua a mostrare quando non parla o non si riferisce a Berlusconi. Un vuoto di contenuti, di azione e proposte politiche e di rappresentanza che purtroppo oggiAggiungi un appuntamento per oggi nessuna delle attuali forze in campo sembra in grado di riempire e di gestire, al di la delle legge elettorale che accompagnerà le prossime elezioni.

 

 

 

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