L’episodio, sconosciuto ai più, è narrato con la consueta maestria dal protagonista medesimo [1] : auspico che contribuisca a farvi sorridere e che il sorriso vi accompagni anche durante le meritate ed agognate vacanze.
È il 10 febbraio 1940, la mattina di un sabato freddino, e Giovannino Guareschi convola a nozze con Ennia Pallini, (ribattezzata Margherita dallo scrittore).
La cerimonia si svolge nella parrocchia di Santa Francesca Romana, situata a Milano nell’omonima piazza a Porta Venezia.
Ecco il racconto dei fatti vergato da Guareschi.
“Ci sposammo a febbraio e il matrimonio mi costò un aquilotto’ (5 lire d’argento) … un’offerta modesta ma giusta perché il matrimonio … non valeva effettivamente più di cinque lire. Il sacro rito, se così si può chiamare, avvenne a Milano in S. Francesca Romana, immediatamente dopo un matrimonio ricco. La chiesa era ancora piena di fiori, l’altare sfavillante di ceri e uno sfarzoso tappeto rosso era disteso dall’altare alla porta.
Come entrammo, si udì un urlo e nugoli di piccoli chierichetti-guastatori si scatenarono, e mentre un gruppo faceva sparire i fiori, un altro strappava dall’altare certi grossi busti di vescovi in latta argentata e un terzo gruppo, a mano a mano che Margherita, io e i quattro testimoni procedevamo verso l’altare, arrotolava il tappeto in modo che neppure lo sfiorassimo con le nostre screanzatissime suole. Fu un matrimonio-lampo con comandi perentori: In piedi! In ginocchio! Seduti! In ginocchio! Sì! Anello! …
Ricordo che, a un certo momento, l’organista che era rimasto sul palco dell’organo attaccò la famosa marcia nuziale, ma un urlaccio del celebrante lo fece immediatamente zittire ”
L’episodio è custodito nell’archivio parrocchiale e, per puro dovere di cronaca, vale la pena di dare uno sguardo lievemente più ampio, approfittando di alcune notizie riportate dal Parroco, Don Vincenzo Cavenago, nel 1996 sull’Informatore della comunità [2] :
“Come si constaterà, la nostra parrocchia non fa una bella figura. Ma, a quei tempi, erano in vigore le “classi” e le corrispettive “tariffe” per chi domandava i servizi liturgici, tutte cose abolite di recente, nel 1972. La tariffa di 5 lire pagata da Guareschi non risulta nei registri, ma solo la qualifica di matrimonio “semplice”. Risulta invece che effettivamente Guareschi si sposò dopo un matrimonio di “prima classe” per il quale gli sposi avevano versato più di 200 lire! Notiamo poi che, a parte il sistema delle tariffe, la nostra parrocchia pativa a quei tempi le conseguenze di essere eccessivamente popolosa. Ben 40 matrimoni furono celebrati in quel solo mese di febbraio (oggi non ne avvengono così tanti nemmeno in un anno!) e ben tredici in quella sola mattina (dalle 6.30 alle 11.30), tutti officiati da Don Ugo Ghislanzoni, tranne quello di prima classe, celebrato dal prevosto Cairoli. Ora, l’intreccio tra il susseguirsi di un matrimonio ogni mezz’ora e l’alternarsi di classi diverse, poteva dare effettivamente origine a quei particolari umoristici messi bellamente in risalto da Guareschi.”
Così andavano le cose nel 1940: dopo quattro mesi esatti l’Italia entrerà in guerra, ma quella è un’altra storia.
[1] Un matrimonio da un “aquilotto” da: Vita in famiglia – Ed. Rizzoli – 1968
[2] Ringrazio l’amico Guido Fornari per avermi donato una copia dell’”Informatore della comunità” del 1996 ove l’episodio è riportato.