Il Contatore, il cretino e il Pifferaio.

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Le zoccolate della nobilcultura di sinistra: seconda e ultima puntata.Ugolino ci svela, mediante visite guidate il perché di certe sue preferenze. Certamente da leggere!

Se scrivo che “preferisco di gran lunga essere un cretino” desidero che il verbo “essere” e il sostantivo “cretino” non siano alterati: ho le mie buone ragioni e, a tempo debito, spiegherò il motivo di questa mia grave menomazione mentale.

Inutile, quindi, scrivere che “faccio il cretino” o che “sono zelante”: fare il cretino non significa esserlo; quanto allo “zelante” può darsi che lo sia, ma solo nei confronti della verità: vocabolo che, di là dalle dotte spiegazioni etimologiche gentilmente fornite, non sembra essere particolarmente rispettato dalle menti della Sinistra.

La verità si svela negli articoli dei giornaloni indipendenti: La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa e Il Manifesto. Nelle edizioni dei giorni 8, 9, 10 agosto su codesti quotidiani (e su molti altri che ho volutamente ignorato), è scritto in modo inequivocabile che le truppe georgiane hanno attaccato i villaggi dell’Ossezia del Sud.

A proposito di verità e di mistificazione della stessa: tentando in modo risibile e puerile di accreditarmi le tecniche faziose in cui sono maestri, alcuni commentatori mi accusano di avere “selezionato e decontestualizzato alcune frasi da alcuni giornali” per sostenere la mia tesi. Gli articoli citati sono agevolmente leggibili da tutti per intero: basta cliccare sui collegamenti riportati nelle note del mio precedente articolo. Non soggiungo altro perché non ne vale la pena.

Passo oltre: vengo informato dall’acuto e arguto editorialista Dieffe che “Le Nouvel Observateur”, racconta ai suoi lettori di una discussione avvenuta al Cremlino fra Nicolas Sarkozy, Vladimir Putin e Dimitri Medvedev. L’articolista dice che erano soli. In realtà camuffato da vaso di alabastro era presente anche tale Jean-David Levitte; costui trascrisse il colloquio che successivamente trasmise all’articolista del Nouvel Observateur. Anche volendo trascurare queste facete asserzioni e assumendo per verosimile ciò che è scritto forse Le è sfuggita, egregio e distratto Dieffe, la data di quell’incontro. Si tratta del 12 agosto.

A questo punto si possono aggiungere solo considerazioni ovvie e banali:

la definizione dei confini d’una nazione nel Caucaso è ardua quanto lo è nei Balcani ( A Emmeci il merito di averla pensata e scritta).

Le guerre trovano quasi sempre la loro motivazione in questioni territoriali, economiche, di potere. Raramente nella follia di qualche sedicente condottiero, ma non mi sembra questo il caso.

Nessuno si assume volentieri davanti alla Storia e al Mondo la responsabilità di aver imbracciato per primo le armi.

Non essendo gli Stati enti di beneficenza dediti al perdono cristiano è abbastanza normale che una nazione, quando è aggredita, si difenda e si rivolga agli alleati perché la difendano.

Il giorno 12 agosto, la data della trionfante rivelazione del Nouvel Observateur, viene dopo il giorno 7 agosto: dunque, prima c’è stata l’invasione da parte dei Georgiani in Ossezia, poi c’è stata la ritorsione bellica russa nei confronti della Georgia. Sarkosy, opportunamente informato dalla propria intelligence delle non benevole intenzioni russe, ha cercato di dissuadere Putin e Medvedev dopo che l’invasione georgiana aveva avuto luogo.

Questo è ciò che emerge dai giornaloni e dagli articoli dei loro corrispondenti: questo mi sono limitato a leggere e a constatare, indipendentemente da ciò che ha detto o scritto Berlusconi. Se questi avesse sostenuto che la Georgia era stata aggredita e invasa dai Russi senza motivo il 7 agosto, avrei pensato e scritto le stesse cose, senza modificare una virgola di ciò che scrivo ora. Ciò che trovo invece ancora una volta infantile e assai noioso è che, pur di avversare l’odiato nemico, si neghi la realtà degli avvenimenti e la loro sequenza temporale.

La dietrologia è solo un’esercitazione mentale quasi sempre inutile, fuorviante e tendenziosa, in quanto mira a costruire un castello di assiomi e di congetture per giungere a “dimostrare” una tesi preconfezionata. Tanto famigerate quanto demenziali sono rimaste le dietrologie tese a negare la verità del proditorio attacco giapponese a Pearl Harbour, dello sbarco sulla Luna, della sfericità della Terra, della paternità islamica dell’abietto attacco bellico alle Twin Towers, della morte di Elvis Presley ed altre idiozie consimili. Prima o poi qualcuno fra i dietrologi metterà in dubbio anche lo sbarco in Normandia, così la vittoria della Seconda Guerra mondiale potrà essere accreditata in toto alla gloriosa Armata Rossa e ai partigiani italiani.

Non a caso ho citato e cito quasi sempre articoli di quelle testate: il motivo è troppo evidente e non c’è necessità che lo spieghi.

Sono lieto invece di constatare che l’acuto Dieffe condivide la mia opinione circa i mezzi di informazione in genere e la carta stampata in particolare: essi sono quasi sempre di fatto untuosamente asserviti, ondivaghi, aggiogati, maestri nella deformazione della verità, nella mistificazione, nella disinformazione.

È innegabile che ci
ò avvenga per precisa volontà e con l’evidente scopo di condizionare l’opinione pubblica ad usum delphini[1].

È altrettanto innegabile che una larga maggioranza della stampa divulgata, in termini di copie diffuse più ancora che di testate, pur proclamandosi “indipendente” (una facezia tragicomica e grottesca analoga alla dichiarazione solenne che “la Legge è uguale per tutti”) è palesemente schierata a sinistra e che, altrettanto ipocritamente, tenta di orientare i propri lettori a sinistra. Si potrebbe aprire un’interessante disamina su quella ignobile buffonata che va sotto il nome di “par condicio”, ma non è il caso di farlo ora.

Meno evidente, in questi tempi di oscurantismo tenebroso e, proprio per questo, involontaria, ma altrettanto fuorviante è la maestosa ignoranza che alberga nella scatola ossea di alcuni scribi o, se si preferisce, di alcuni pennivendoli.

Un quotidiano locale ad esempio, il 20 novembre u.s., ha annunciato su tre colonne in prima pagina: “Freddo, domani sera scatta l’inverno”. Il titolo è stato ripreso, questa volte a cinque colonne nel caso vi fossero dubbi residui fra i lettori, a pagina 3: “Arriva l’inverno, non l’influenza”.[2]

Ma una chicca veramente da incorniciare è apparsa, sempre a titolo di puro esempio, su un giornalone che si stampa a Torino. Titolo dell’articolino[3]: “Votatemi o mando i carri armati”: relegata in tredicesima pagina questa eloquente espressione di alta democrazia del signor Hugo Chávez, Presidente del Venezuela, viene spiegata con un certo imbarazzo nel trafiletto che la commenta: “Campagna elettorale in­fuocata in Venezuela. Il pre­sidente Hugo Chàvez ha chiesto agli abitanti dello Stato di Carabobo di votare per il suo Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) perché altrimenti, in caso di vittoria dell’opposizione, «magari sarò costretto a mettere in strada i carri ar­mati per difendere la rivolu­zione». Vero è che a noi assai poco importa delle elezioni in Venezuela, tuttavia nutriamo un certo interesse per la democrazia e desidereremmo sapere come si comportano, o come minacciano di comportarsi, i soggetti sinistri quando si appropriano del potere. Il fatto curioso è che la notiziola, coraggiosamente riportata dal giornalone di Torino seppure solo in un trafiletto, è stata gioiosamente ignorata dagli altri giornaloni. Chissà come mai?

Passiamo ad altro. Il dito vagola incerto sul Suo articolo, esimio Dieffe, e, dopo la faccenda della Georgia invasa, si ferma sul termine “abbronzato”.

Dico subito che la battuta, come tante altre pronunciate da Berlusconi, non mi è punto piaciuta. Non tanto per la battuta in sé (in salotto potrebbe anche strappare un sorriso), quanto per il contesto in cui è stata pronunciata. Traduco: se l’avesse evitata sarebbe stato molto meglio.

Dietrologiare[4] sulla cadenza e sulla priorità delle telefonate effettuate da Barack Obama ai vari Capi di Stato mi pare tuttavia un esercizio mentale inutile o, meglio, utile alla solita tesi precotta: “come dimostrare che Berlusconi, il nano politico, ancora una volta dimostra la sua inferiorità? Facciamo in modo che la sequenza temporale delle telefonate attesti che l’ultimo, proprio l’ultimo, è lui, il nano maledetto.” Magari si è trattato di un problema di fusi orari, o, forse, Obama, quando aveva intenzione di chiamarlo, è stato colto da una colica intestinale. Invece no. Si deve ad ogni costo immaginare e convincere il popolo che l’inetto Premier è stato trattato dal futuro Presidente USA come si merita: dietro la lavagna in castigo e potrà uscire dall’aula per la ricreazione solo da ultimo.

Allora, con la stessa matrice dietrologica, dovremmo chiederci quando si sarebbe fatta ancora viva con gli Italiani Condoleezza Rice dopo che una tale Ravera Lidia, che batte i tasti per l’Unità, con vezzosa e ricercata prosa la definì: “lider ma­xima delle donne-scimmia[5], e più avanti: “quella signora indubita­bilmente nera e senza dubbio donna, certamen­te afflitta da una vita di mestruazioni a cui, pro­babilmente, data l’età, è seguita la mai troppo rimossa menopausa”. Elegante e misurata espressione di antirazzismo viscerale, ovvero emblematica zoccolata della nobilcultura di sinistra.

Si potrebbe continuare ancora per molto, molto tempo, con altre zoccolate consimili, ma direi che per questa volta de hoc satis.

Rimane ora la questione riguardante il fatto che io preferisco di gran lunga essere un cretino.

Probabilmente qualcuno fra i miei cinque lettori avrà accomunato questa affermazione di identità con le parole scritte da un Contatore[6] accreditatosi come “logico”, che si diletta di definire “cretini” i credenti in Dio in generale ed i Cristiani in particolare. Errore grave: come si può ritenere che le parole del Contatore logico possano in qualche misura avere rilevanza?

Lei sa, acuto ed arguto Dieffe, che io, oltre che ottuso e barbogio, sotto sotto sono anche invidioso e, come tutti gli invidiosi, smisuratamente ambizioso. Vuol mettere l’importanza di un bel “cretino” elargito con sincera convinzione da un politico colto e illuminato (tutti quelli di sinistra lo sono stati e lo sono tuttora per divina certificazione, lo sappiamo, ma costui “”colto e illuminato”” lo era ai massimi livelli, tanto che fu ribattezzato, a sempiterna gloria, “il Migliore”), rispetto al volgare e rozzo “imbecille” che Lei tenta di accreditarsi, mutuandolo dallo zotico di Arcore, amabilmente definito dai sublimi avversari “nano della politica” oppure anche …[7]?

Ricorda la frase che, in quei tempi di politica alta e frequentata da personaggi politici di elevatissimo profilo e rispettosi degli avversari, il Pifferaio in questione pronunciò dopo aver perso le elezioni del 1948? No? Gliela ripropongo:

Hanno vinto i preti, le vecchie e i deficienti ”.

Un anno prima, nel 1947, il medesimo superlativo soggetto iniziò a soffiare aria nel piffero [8] e ispirò un editoriale sull’Unità, così titolato: «Quanto sono cretini!». I «cretini» erano i democristiani e i loro alleati che diffidavano della falce e martello. Va detto, a onor del vero, che in seguito una parte di costoro acquisì, grazie ad un raro fenomeno osmotico, una dose sufficiente di intelligenza dando così origine alla genìa dei catto-comunisti.

Capisce ora, Dieffe, perché sono e voglio continuare ad essere un “cretino”?



[1] Oggigiorno la frase viene usata in senso dispregiativo, per indicare tutte quelle manipolazioni di notizie o altre informazioni intese a compiacere un dato soggetto o a nascondere delle verità scomode per la parte in causa. http://it.wikipedia.org/wiki/Ad_usum_delphini

[2] Informazione ed. del 20 novembre 2008. Qualcuno li avverta che l’inverno ha inizio, ormai da un certo numero di secoli, il 21 (talvolta il 22 ) dicembre di ogni anno: si chiama solstizio d’inverno. http://it.wikipedia.org/wiki/Solstizio

[4] Orrendo neologismo di cui assumo la paternità. Significa: fare dietrologia.

[5] L’Unità ed. del 25 novembre 2004, pag. 24

[6] Tale Odifreddi Piergiorgio, esperto di numeri pari e dispari, calcoli di natura varia e di equazioni anche difficili.

[7] Ecco un elenco assai parziale delle zoccolate della nobilcultura di sinistra riferite all’odiato nemico: «Psiconano», «nano ghiacciato», «nano scongelato» (tale Grillo Giuseppe detto Beppe così ruttò); «rozzo» (Monicelli Mario); «Al Capone col panama» e «Al Tappone» (queste sono di tale Travaglio Marco). Per il re dei congiuntivi, tale Di Pietro Antonio detto Tonino, il Premier è «un magnaccia» e tante altre cose, per  tale Diliberto Oliviero invece è «un dittatorello sudamericano». Ovviamente non vale la pena di scendere nei liquami delle cloache per rispondere a coloro che vi albergano: è sufficiente aver riportato qui i loro rabbiosi squittii.

[8] Non appena il Pifferaio iniziò a suonare, i ratti e le pantegane restarono incantati dalla sua musica e si misero a seguirlo, lasciandosi condurre fino alle acque di una palude sotterranea denominata Stige.

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