Il CAFE americano

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…e se copiassimo gli americani per migliorare l’ambiente?

Sembra un paradosso ma non lo è!  E possiamo anche fare di meglio. Anche il CAFE americano può aiutare l’ambiente

 

E’ opinione corrente per l’osservatore superficiale che gli statunitensi siano gratuitamente dei grandi inquinatori e che non facciano nulla per l’ambiente.

In effetti essi sono i più grandi consumatori di energia pro capite, e siccome produrre energia inquina l’ambiente, ne deriva che gli USA siano anche i maggiori inquinatori.

Questo trova conferma nei dati ufficiali, ma non è vero che gli americani stessi non siano sensibili ai problemi ambientalisti: l’americano medio ama andare a pesca o a cavallo, e piantare la tenda nei loro grandi parchi dove l’ambiente è ancora incontaminato, gli spazi sono immensi, le acque sono trasparenti e riflettono il cielo azzurro.

Gli USA sono stati i primi al mondo a studiare soluzioni per ridurre l’inquinamento cittadino prodotto dalle automobili, e lo hanno fatto sia con mezzi tecnologici (auto catalizzate con controllo a mezzo centralina a microprocessore e benzine senza piombo) che con normative che usano come mezzo coercitivo la fiscalità.

Il cittadino americano è estremamente sensibile all’uso del suo denaro ed alle tasse, e reagisce rapidamente!

I giapponesi seguirono per non perdere il ricco mercato americano dell’automobile.

Un primo approccio alla difesa dell’ambiente fu fatto introducendo il CAFE.

Cosa è il CAFE?

In USA, dopo lo shock petrolifero degli anni ’70, ci si accorse che le automobili americane inquinavano e consumavano troppo.

Non era un problema di costi: col barile di petrolio a meno di 10 dollari, e col gallone di super venduto senza alcuna tassa, la spesa per il pieno era davvero minima. Il governo americano temeva piuttosto una scarsità nella disponibilità del barile, e decise che i fabbricanti americani dovessero costruire automobili che consumassero meno.

E meno si consuma, meno si inquina.

Erano anche gli anni in cui gli USA avevano scoperto i danni da inquinamento e, avendo anche perduto l’autosufficienza petrolifera,  scandalo, dovevano importare i barili dall’estero.

Bella scoperta! – diremo noi – che da sempre abbiamo cercato di fare auto piccole e risparmiose, quindi meno inquinanti. Una vera bella scoperta invece per gli americani che di queste economie non ne avevano mai sentito bisogno.

Così nacque il CAFE, acronimo di Corporate Average Fuel Economy, o Economia Media di Carburante per Marca, ed era espresso in miglia per gallone.

Fu quindi stabilito che, per ogni anno, i fabbricanti dovevano avere un obiettivo di consumo medio per le auto prodotte, valore che veniva calcolato tenendo conto sia del consumo medio di ogni modello che del numero di auto fabbricate per modello. A fine anno, a consuntivo, si verificava la produzione fatta, si calcolava il CAFE relativo alle auto prodotte, e, se si superava il limite legale, per ogni frazione di consumo in più il fabbricante pagava una sanzione allo stato, funzione sia della differenza che del numero totale di auto prodotte. Una specie di tassa sui cattivi.

Ma non bastava. Il concetto fu allargato quando, nel ’78, venne inventata la ‘Gas Guzzler Tax’, termine pittoresco che potremmo tradurre in ‘Tassa per chi trangugia troppa benzina’, tassa che veniva applicata alle auto ‘cattive’ che consumavano di più.

 Funzionava così: le auto che facevano almeno 22,5 miglia per gallone (9,5 Km/litro) non pagavano questa tassa.

Poi la tassa, una Una Tantum pagata al momento dell’acquisto, cresceva molto rapidamente: già a 21,5 miglia per gallone (9,1 Km/litro) si pagavano 1.000 dollari al momento dell’acquisto. Macchine da 12,5 miglia al gallone (5,3 Km/litro) pagavano ben 7.700 dollari in un colpo solo. Oggi gli USA stanno discutendo la possibilità di portare il CAFE a 35 o 40 miglia per gallone (14,8 o 17 Km/litro), ma solo nel 2015, e pensano anche di includervi i SUV che oggi non ne fanno parte in quanto, essendo mezzi a quattro ruote motrici, venivano allora considerati mezzi speciali da lavoro.

Il risultato di queste due tasse combinate fece sì che le auto americane riducessero rapidamente  il consumo di carburante ed il relativo inquinamento, portandolo a valori più simili a quelli delle berline europee di simili dimensioni.

Poi alla fine degli anni ’70 comparve un altro pericolo: l’inquinamento cittadino da traffico automobilistico, che in particolare penalizzava quelle città che avevano scarsa circolazione d’aria, come Los Angeles in California, perennemente coperta da un velo grigio-giallo, stile valpadana.

Ecco allora apparire le norme specifiche per combattere solo l’emissione di inquinanti, e le prime auto catalizzate che usavano benzina senza piombo apparvero già nel 1980, quando da noi, ‘paese all’avanguardia’ apparvero solo ben 11 anni più tardi, ultimi in Europa (Grazie FIAT!).

A me pare che, per migliorare l’ambiente, specie in città, o nella valpadana, sarebbe opportuno considerare l’introduzione anche in Europa, o quantomeno in Italia, del concetto di CAFE applicato perlomeno alle sole berline, magari esentando le sole auto supersportive che comunque fanno generalmente pochi kilometri l’anno.

E questa tassa che viene pagata dai costruttori dovrebbe essere calcolata tenendo conto di quattro parametri base: il consumo di carburante, l’emissione di CO2, NOx e polveri in grammi per Km percorso, la superficie occupata al suolo (lunghezza x larghezza) ed il peso.

Contemporaneamente sarebbe opportuno limitare o, meglio, abolire l’uso del gasolio sia per il riscaldamento di abitazioni che per le auto e per i mezzi commerciali, sostituendolo col GPL o col gas metano: a Ravenna da a
lmeno 15 anni ci sono autobus a metano che non inquinano, e Modena, seppure in ritardo, li sta introducendo ora in città.

Se poi si usassero quei quattro parametri base anche per calcolare il bollo, si potrebbero ridurre le tasse sulla benzina e trasformare il bollo di circolazione da tassa sulla proprietà a permesso di circolazione, suddiviso per trimestri, e dovuto solo se l’auto occupa spazio pubblico. Cio spingerebbe la gente ad immobilizzare in garage o in un cortile privato le auto non usate e non bollate, liberando tanti marciapiedi cittadini, ed ad acquistare auto di dimensioni, pesi e consumi contenuti.

Evidentemente si dovranno affrontare reazioni feroci da parte di quei paesi, come la Germania, che producono supermegaberline che sarebbero le più penalizzate.

Se poi si decidesse finalmente di limitare ai possessori della patente ‘B’ che sono la maggioranza degli automobilisti, la possibilità di guidare solo auto con parametri combinati ridotti (potenza, velocità, dimensioni e pesi), e non come oggi che possono guidare anche una Ferrari 430 Scuderia perchè non hanno limiti, la sicurezza, il traffico, le nostre tasche e l’ambiente ne guadagnerebbero notevolmente.

Se avessimo ancora la nostra sovranità, questo potrebbe essere autonomamente deciso in parlamento. Ma temo che dovremo chiederlo, col cappello in mano, all’Europa.

E sarà dura! Perchè i parlamentari europei sono ancora molto occupati con le dimensioni delle banane e delle zucchine, argomenti coi quali si trovano più a loro agio. 

 

PS

Questa nota non è contraria al liberalismo di cui mi faccio portabandiera. Il vero liberalismo deve essere sempre temperato da paletti che lo controllano, normandolo, altrimenti diventerebbe libertinaggio, diventerebbe la legge della foresta, o del più forte.

 

 

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